E’ GIUSTO CIO’ CHE STA AVVENENDO?
E’ degenerata, sapevo che sarebbe avvenuto; tutta questa storia è finita nelle mani della giustizia.
Ma i protagonisti di questa vicenda, nessuno escluso, si rendono conto di quello che hanno fatto?
Non voglio dire che questi ragazzi si meritino la medaglia, è stato molto grave il loro comportamento, ma in altri tempi sarebbe andata diversamente…
Ora ha tutto in mano la magistratura, il fatto è finito in pasto alle cronache (che ci sguazzano nelle storie che hanno come tema “il branco”), e un giorno di gioia come il carnevale è stato offeso da una grave macchia!
Ragazzini trattati come mafiosi… presi dalla volante alle 8 del mattino, ci manca che gli abbiano detto: la dichiariamo in arresto, ci segua in centrale! Pura follia!!!
Articoli sul pestaggio da tutte le parti, giusti, ma quanto motivati dalla ragione e quanto dalla voglia di scoop?
Ma ci rendiamo conto di quale danno al tessuto sociale della città hanno causato il susseguirsi degli eventi?
Possibile che 10 ragazzini si siano scagliati contro una sola bimba? Non sono un pò troppi per un pestaggio? In quanti erano li solo a guardare? Queste sono tutte domande a cui ora dara risposta solo la magistratura.
Ma cosa rimane a noi di tutta questa storia?
Il colpo di grazia all’ormai comatoso carnevale, che spero adesso muoia definitivamente, per risorgere nel 2003 con i carri e le maschere a terra, come era quando a carnevale ci si divertiva davvero!
Quando ero piccolo io, ancora c’erano le sfilate, e il mio impegno era occupato dai costumi, dalle coreografie e dalla carta pesta. Forse i ragazzini di oggi si annoiano, e la noia è brutta consigliera, questo nessuno lo ha mai detto!!! E questo è colpa degli adulti. A Piombino c’è poco da fare per un adolescente, che viene poco coinvolto dal tessuto civile della città.
Ci mancava giusto l’immagine, sgradevole, di Piombino città violenta, che tra parentesi non è neanche vera. E nessuno che si è accorto invece che a quella età le ragazzate non si puniscono con la magistratura, ma con un grosso spavento, magari del maresciallo dei Carabinieri, con un giorno in guardina e tanti sonori scappellotti del babbo!
Adesso spero solo che il processo non si trascini per 10 anni, e che quella che era solo una ragazzata non li marchi come “quelli del pestaggio” per tutta la vita.
Allego un articolo tratto dal “TIRRENO” che molto mi ha colpito e che in gran parte condivido.
lunedì 4 marzo 2002
IL CRONISTA PIOMBINESE
HANNO FATTO UN GRAVE ERRORE
MA NON UCCIDETE IL LORO FUTURO
di Stefano Tamburini
Li hanno presi all’ora del caffellatte evitando un blitz fra i banchi di scuola. Sono – secondo l’accusa – i cosiddetti bulli del pestaggio del martedì grasso. Ora sono lontani, ognuno solo con se stesso a riflettere in una comunità lontana da casa e dalle “brutte compagnie”.
So già, anche se sono lontano, che molti a Piombino tireranno un sospiro di sollievo. Questa storia del pestaggio davanti a decine e decine di persone che non hanno fatto niente per evitarlo pesava un po’ sulle coscienze di tutti e – ovviamente – ancor di più sul fisico e sul morale della ragazzina costretta a girare con le stampelle per le corsie d’ospedale e a ripetere ai genitori che lei no, in quella scuola dove ci sono ancora alcuni fra i suoi “carnefici” non ci voleva più tornare.
C’è insomma un’aria da “incubo finito” o, perlomeno, c’è il rischio che con il passare dei giorni si faccia finta che non sia successo niente. Questo, ovviamente, non vale per la vittima e per le persone che le sono vicine e, su un altro piano ma non meno drammatico, per i ragazzini finiti agli arresti e per quelli che a loro vogliono bene e temono che la vendetta prenda il posto della punizione e del recupero.
Chiunque sia passato da quel capitolo della vita pieno di fascino e di rischi che si chiama adolescenza sa che la possibilità di fare cazzate è enorme. C’è sempre l’amico che va a rubare al supermercato per gioco, quello che gira con gli spinelli e li fa provare agli altri il sabato sera, quello che con le ragazze va un po’ oltre il normale corteggiamento, quello che studia poco e cerca di convincere gli altri a fare altrettanto, finendo nel migliore dei casi a vagabondare e a sperperar soldi nelle sale gioco.
Se penso a quello che ho visto – a Piombino, mica sulla Luna – non molti anni fa, quando avevo 14, 15, 16, 17 e 18 anni, ma anche dopo, mi vengono in mente tanti ragazzi e ragazze che di cazzate ne hanno fatte parecchie, in alcuni casi rischiando anche grosso. Ad alcuni è andata male, decisamente male: sono stati deboli e sono finiti prigionieri della droga e subito dopo del malaffare, del carcere e del degrado personale e oggi, nella migliore delle ipotesi, sono ai margini della società, rifiutati da tutti o quasi. Colpa loro, certo. Ma è possibile che fossero tutti parte integrante della “feccia della società”? Di quelli non se n’è salvato uno. E viene da chiedersi dove sarebbero oggi se quel giorno in cui furono colti in fallo per la prima volta fosse andata diversamente.
Così come viene da chiedersi se alcuni fra quelli che oggi sono stimati e rispettati come cittadini modello, in qualche caso passati anche attraverso incarichi di prestigio, fossero stati colti sul fatto – che so – a scambiarsi lo spinello con un amico. C’è stata anche un’epoca – quella della mia adolescenza – in cui la lotta alla droga era fatta arrestando i consumatori o i piccoli spacciatori di cortile. Una strategia demenziale, della quale ogni tanto qualcuno ha nostalgia, ma che avrebbe potuto fare danni ancor più seri di quelli che causò allora. Perché la droga ha continuato a circolare più di prima e a pagare prezzi salatissimi sono stati soltanto i più deboli.
Il rischio oggi esiste ancora, sotto un’altra forma. Assicurati alla giustizia, in attesa di un processo che per il bene di tutti c’è solo da augurarsi che sia il più rapido possibile, questi ragazzi non possono veder uccidere il loro futuro per un errore, per quanto grave possa essere, commesso in un’età in cui la ragione spesso è solo un’illusione.
Per di più quando nessuno si era mai accorto del rischio, o almeno così ha fatto sembrare. Nelle famiglie dove maturava questo malessere che ha portato al massacro di una ragazzina per motivi definiti futili (e mi piacerebbe tanto sapere quali sarebbero stati i motivi “validi” per un’azione di tale ferocia…) l’allarme era mai scattato? Cosa dovremo pensare di un genitore che sapeva che tipo di compagnie frequentava il figlio (di 14 anni!), che lo vedeva riempire di sabbia un manganello e non faceva niente per portarlo su una strada diversa? O, peggio ancora, si disinteressava completamente di cosa facesse fuori da casa? E degli insegnanti, del preside di quella scuola dove è maturata questa sorta di faida giovanile? Tutti ciechi, tutti sordi? Permettetemi di non crederci.
Dieci ragazzi stanno pagando ed è giusto che sia così. Il rischio più grave è che, trovato un capro espiatorio, sia tutto come prima. Facendo finta di non sapere che se è accaduto può di nuovo accadere, che la giustizia esemplare non basta e rischia di far solo danni. Chiedersi perché un martedì grasso si è trasformato in un pestaggio è il minimo. Se è vero che può bastare l’invidia per un telefonino più elegante e per un tenore di vita più alto a scatenare un vero e proprio regolamento di conti da far-west è un dovere verso tutti: verso chi ha pagato con l’umiliazione e le ferite del pestaggio e chi ora rischia di avere di fronte – oltre a una giusta punizione – una vita tutta in salita.