BENIGNI: UN BURATTINO CON POCO LEGNO
“Pinocchio” di Roberto Benigni è, parlando non da critico cinematografico, ma più umilmente da semplice spettatore, un film che non mi ha molto convinto.
Influenzato da quel capolavoro che è il “Pinocchio” RAI (per intenderci quello con Nino Manfredi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia) e dal fatto che avevo letto che la storia seguiva abbastanza fedelmente l’originale, mi aspettavo qualcosa di un pò diverso da ciò che invece ho visto.
Il film ruota completamente sulla figura di Benigni, tant’è che il ciocco di legno si vede esclusivamente nei primi 3 minuti, e il burattino scolpito da Geppetto prende da subito le sembianze del comico toscano, che però non da mai l’impressione di sentirsi completamente a suo agio nei panni di burattino.
Salta, corre e fa le bizze (troppe ed in continuazione, con il tipico stile che può avere un bimbo di cinquanta anni), con un Geppetto relegato in un ruolo di comprimario (e che si vede in pochissime scene) e con una fata turchina (Nicoletta Braschi) onnipresente sin dal primo fotogramma del film.
Si salva il personaggio di Lucignolo interpretato da Kim Rossi Stuart, l’invenzione dei lecca-lecca che mandano in visibilio Lucignolo, il suo amico Pinocchio, i secondini che glieli sequestrano e i giudici che se ne deliziano nel tribunale di Acchiappacitrulli, mentre condannano il “burattino” alla galera per essersi fatto rubare le monete d’oro da parte del Gatto e la Volpe (i simpatici “Fichi d’India”).
Non un brutto film, ma mi inizia a mancare il Benigni scoppiettante de “Il Mostro” e “Jhonny Stecchino”.
Di la tua clikkando QUI.