PIOMBINO: “NOI NON SIAMO UNA SCUOLA DI DROGATI”!
Riportiamo in modo integrale, lasciando ogni commento al lettore, due lettere, la prima di una studentessa e la seconda di una docente, entrambe del liceo Carducci di Piombino.
Questa mattina (17 novembre ndr.) ho partecipato al convegno “Conoscere e farsi conoscere” tenuto dal professor Henry Margaron, e dato che l’argomento principale erano i problemi giovanili mi sono sentita obbligata a sollevare nuovamente la questione sulla droga nell’ambito scolastico del liceo,sollevato,se vi ricordate bene, precedentemente, da una persona che ha voluto mantenere l’anonimato (chissà perchè??!!) e pubblicato quindi dal tirreno. Non credo sia giusto aver detto che la nostra scuola è un ambito dove può circolare liberamente della droga detta “leggera”,e soprattutto, aver lanciato così pesantemente accuse dirette al nostro preside, che io mi sento vivamente di difendere, e ai nostri professori che, a sentire l’autore dell’articolo, sono a conoscenza di questo grave problema ma non fanno niente per risolverlo.
Credo che la nostra persona misteriosa avrebbe fatto meglio a parlarne con il nostro preside, e magari ,si, a sollevare l’argomento ma facendolo pur sempre rimanere all’interno della nostra scuola; non credo che il preside,essendo a conoscenza di ciò, sarebbe stato a guardare con le mani in mano, non l’ha mai fatto; è sempre stato comprensivo con noi, e ha sempre cercato di difendere la nostra immagine. Ma non sono qui per criticare questa persona, o per infangare la sua immagine… anche perchè sarebbe improbabile dal momento che non si sa chi sia!
Credo che questo articolo sia uscito nel periodo dell’autogestione per boicottare la nostra forma di protesta, e in parte questa persona c’è riuscita, poichè il preside ha ritenuto opportuno, anche se solo in un primo momento, di non appoggiarla. Questa è una mia opinione che però è condivisa da molti dei mie compagni.
Non sono forse in grado di dare un giudizio su questa “calda” mattinata ma sono assolutamente sicura del fatto che il nostro psicologo in questione non è stato in grado di rispondermi, poichè non aveva letto nemmeno una riga di quell’ articolo, quindi non è stata una vera e propria discussione, ma più che altro un monologo da parte mia, ma sono molto soddisfatta di me stessa poichè sono stata in grado di far sentire la mia voce rappresentando il liceo, la mia scuola, attraverso una conversazione che credo molto civile!
Anche se non ho avuto una risposta da Margaron ho risollevato l’argomento e una giornalista del tirreno, la solita che si era occupata dell’articolo precedente, la Sig. Maria Schiavina, mi ha chiamato per essere intervistata e per rendere visibile a tutti ciò che avevo da manifestare…. adesso si spera solo che le mie parole siano ben interpretate e che vengano riportate come sono uscite dalla mia bocca.
Veronica, 1° liceo classico Carducci, Piombino
Leggi tutto… l’articolo (in versione integrale) della Professoressa
Cari amici del “T****o”,
con voluto ritardo intervengo direttamente nella polemica scatenata dalla pubblicazione della lettera dell’anonimo studente sullo “spinello in aula”. Ritardo voluto perche’, sinceramente, non mi andava di mescolare la mia alle numerosi voci che hanno commentato la questione, secondo un copione scontato: dopo la provocazione (in questo caso pesantuccia, ammettiamolo), la redazione gongolante attende la catena delle reazioni pro e contro, anch’esse ampiamente scontate e altrettanto prevedibili. Si sa, ognuno fa il suo lavoro, e voi fate il vostro.
Permettetemi tuttavia di muovervi qualche appunto, se non altro giustificato dal fatto che sulle vostre pagine, in questi giorni, la categoria dei prof. , alla quale appartengo, e’ stata messa abbondantemente in croce: se mi prendo la liberta’ di muovere qualche critica al vostro modo di intendere la cronaca, spero che non me ne vorrete. Si fa per discutere e per tener desta la polemica.
Mi chiamo Lorenza Boninu e insegno nel locale liceo da sedici anni; molti di voi, amici del T****o, mi conoscono personalmente ed e’ presumibile che mi conosca anche il misterioso L8I. Bene, vorrei che mi si dicesse sul muso, citando fatti concreti e verificabili, non pregiudiziali e generiche illazioni, in quali occasioni specifiche io avrei esercitato la mia professione in modo distratto e superficiale, menefreghista e abulico, come si lascia intendere che i professori generalmente facciano. Mica per nulla: magari miglioro. Attaccatemi pure, ma provate la veridicita’ dei vostri attacchi. E rivolgetevi a me, proprio a me, non al gruppo non meglio precisato dei professori che, come le tre scimmiette, non vedono, non sentono, non parlano. Non sono una scimmietta. E non ne conosco.
Perche’ il punto e’ questo: si spara nel mucchio una bella mitragliata di accuse retoriche, ma il mucchio e’ composto da persone e non e’ detto che tutti siano egualmente e acriticamente catalogabili sotto una bella etichetta preconfezionata. Vogliamo la controprova? Allora: gli insegnanti sono tutti fannulloni e demotivati; i commercianti, gli artigiani e i professionisti sono tutti evasori fiscali, i medici sono tutti incompetenti e potenzialmente pericolosi; i magistrati sono tutti politicizzati; i politici sono tutti ladri e corrotti; i giovani sono tutti vuoti e privi di interessi, a parte, naturalmente, lo spinello; i giornalisti, infine (ma l’elenco potrebbe continuare), sono tutti parziali, strumentalizzati e poco obiettivi. Evidentemente nessuno afferma che la crisi della scuola pubblica, l’evasione fiscale, la malasanita’, l’uso politico della giustizia, la corruzione nella vita pubblica, il disagio delle giovani generazioni e le difficolta’ nel realizzare un’informazione corretta e obiettiva non siano problemi, e magari problemi gravi. Ma generalizzare sempre e comunque, sguazzando nel mare magnum dei luoghi comuni, aiuta a risolverli? O, piuttosto, il gridare “tutti colpevoli!” non si risolve alla fine in una forzata assoluzione di massa che si nasconde dietro l’alibi di un’ipocrita indignazione di facciata? Tutti a scagliar pietre verso bersagli talmente vaghi da essere evanescenti. Pero’, nel frattempo, ci si autoassolve dalle proprie responsabilita’. Ma non facciamo della filosofia, che poi alla fine qualcuno non capisce.
Torniamo sul concreto. All’arrivo dell’ormai famosa lettera, forse sarebbe stato piu’ corretto verificarne l’attendibilita’ e attuare immediatamente, con contestuale pubblicazione, un confronto con coloro che erano coinvolti nei fatti che venivano denunciati (altri studenti, professori, e soprattutto professori tutor, preside, operatori sociali, magari le forze dell’ordine…). Invece si e’ preferito, come dicevo all’inizio, dare ampio rilievo ad una serie di affermazioni molto, ma molto soggettive, condite da una serie di statistiche piu’ o meno cervellotiche. A pubblicazione avvenuta, si e’ afferrata la cornetta del telefono, si sono chiamati a casa un paio di professori, fra i quali la sottoscritta, per chiedere che cosa ne pensassero. Naturalmente (lo spazio e’ tiranno) le opinioni dei suddetti sono state abbondantemente tagliate e condensate. E poi, fregandosi la mani, si sono attese ulteriori reazioni. Cosi’ il pluralismo e’salvo, si sara’ pensato, tutti hanno parlato e straparlato e se alla fine un problema da trattare con le pinze, come quello delle dipendenze, e’ stato ridotto al rango di chiacchiera di paese e argomento da bar, pazienza.
Ma si sa, la questione tira, in quest’epoca di “tolleranza-zero”. E allora visto che tutta la faccenda e’ partita dalle affermazioni rilasciate dal mio Preside (affermazioni che condivido, pubblicate il 18 ottobre se non erro) sul fatto che sia preferibile scegliere, quando si abbia a che fare con adolescenti, non una logica di repressione poliziesca ma una strategia di prevenzione, recupero, educazione e dialogo, io, che sono persona di fervida fantasia, provo a immaginarmi una scena: una bella mattina, diciamo verso la seconda ora, irrompe nella scuola un bel nugolo di poliziotti con relativi cani che procede ad una sistematica perquisizione di massa e all’ammanettamento e all’arresto in classe, sotto gli occhi allibiti di compagni e professori, dei ragazzini, magari minorenni, e sempre ammesso che ci siano, sorpresi con qualche grammo di “fumo” nello zaino.
Meraviglioso. Una cosa davvero edificante. Allarga il cuore pensare che prima o poi, nella scuola, nella tua scuola, possa verificarsi un fatto del genere, vista l’aria che tira. I reietti trascinati via in ceppi e tutti i benpensanti che tirano un bel sospiro di sollievo: la malapianta e’ stata estirpata. Perche’, casomai non lo si fosse capito, e’ di un’evenienza del genere che stiamo parlando, e’ una prospettiva di questo tipo che L8I ha evocato, e con molta precisione.
Tutto il resto, i professori indifferenti, il preside complice, gli adulti distratti e menefreghisti, gli adolescenti conformisti e mentalmente pigri, persino il buon vecchio Platone evocato all’uopo in uno degli interventi di domenica scorsa, sono tutte chiacchiere accessorie e, tutto sommato, abbastanza insignificanti.
A me la scena che ho tratteggiato non piace per niente, e non perche’ io sia una che se ne frega, anzi: non vorrei mai abbandonare al loro destino le mie “pecorelle smarrite”, se ce ne sono. E a voi?
Lorenza Boninu