I NOBILI PLEBEI DEL LIVORNO SONO TORNATI IN SERIE A

Il giornalista Marco Ceccarini ha dato alle stampe per i tipi dell’associazione Articolo 21 un racconto emotivamente toccante sul ritorno della squadra amaranto nella massima divisione dopo oltre mezzo secolo di assenza.

E’ uscito per i tipi dell’associazione Articolo 21 di Livorno un piacevole e toccante racconto, almeno per chi ha cuore le sorti della squadra di calcio del Livorno, dal suggestivo titolo “Il ritorno dei nobili plebei” col quale l’autore, il giornalista professionista Marco Ceccarini, ripercorre con tratti rapidi e davvero convincenti non solo la storia della squadra amaranto, tornata in serie A dopo oltre mezzo secolo, quanto le emozioni che questa squadra, nobile e plebea al tempo stesso, ha saputo far vivere, negli anni, ai suoi tifosi e agli abitanti di una città, Livorno, le cui caratteristiche sembrano essere l’ironia, l’irriverenza verso il potere, il senso di libertà e la dignità, ma anche il coraggio e lo slancio della passione.

I livornesi sono senza peli sulla lingua di natura, quasi per definizione, e quindi lo sono anche nei confronti dello sport moderno ed ipertecnologico fondato, più che sull’agonismo, sul busines e l’affare economico. Eppure, come ricorda Ceccarini con le parole del suo racconto e come hanno confermato con i lori successo gli atleti di questa provincia che hanno vinto complessivamente ben sei allori alle recenti olimpiadi di Atene, quella di Livorno è la decima città al mondo per numero di medaglie vinte dai propri atleti in competizioni internazionali quali appunto olimpiadi, campionati mondiali e continentali.

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Il racconto in questione si dipana agilmente lungo i tratti principali della storia della squadra, nel bene e nel male, cercando di far rivivere le emozioni e di trasmettere passione. Ecco, il suo punto di forza è proprio questo. Si tratta di un racconto emozionale. D’altronde, detto per inciso, Ceccarini già si è cimentato, vent’anni or sono, nella realizzazione di una storia della squadra del Livorno, un po’ candidamente intitolata “La favola amaranto”, che egli scrisse assieme al giornalista pubblicista Franco Chiarello, una sorta di “Bibbia del calcio amaranto” che negli anni è risultato essere il libro di gran lunga più copiato e mai menzionato dell’editoria sportiva livornese. Nel racconto “Il ritorno dei nobili plebei”, dunque, gli episodi ricordati servono proprio a descrivere le emozioni, a farle rivivere, quasi fossero pennellate di parole scritte direttamente col cuore e con l’anima.

Attraverso l’affresco dei suoi atleti simbolo, grazie ai molti gustosi aneddoti raccontati, Ceccarini ci fa scoprire in Magnozzi una sorta di Lucarelli ante litteram come ben dimostra il fatto che egli, Magnozzi, quando fu trasferito al Milan chiese ed ottenne che nel contratto venisse inserita una clausola alquanto particolare in base alla quale egli, se lo voleva, poteva esentarsi dallo scendere in campo contro il Livorno. E’ un libro che, in poche pagine, trasporta il lettore in una sorta di viaggio del tempo. Si torna al seguito della squadra amaranto che nel giugno 1920 andò ad affrontare, sul neutro di Bologna, l’Inter nella finalissima del campionato italiano. Si è poi al seguito, con viva partecipazione quasi senza neanche accorgersene, delle imprese di Magnozzi, Pitto e Vincenti, i primi tre alfieri amaranto a vestire la maglia azzurra della nazionale d’Italia, e poi ancora delle vittorie in serie A ai danni degli squadroni del nord negli anni Trenta, delle gesta eroiche del miracoloso Livorno della stagione 1942-43 che contese lo scudetto al grande Torino, e così via. Anche la guerra che sconvolse il mondo, la seconda guerra mondiale, trova spazio nelle pagine del racconto di Ceccarini.

E’ interessante sapere che i “fenicotteri” erano gli emissari del movimento antifascista che, clandestinamente, arrivavano dalla Francia in Italia sbarcando proprio sulle banchine del porto di Livorno, le stesse che avevano visto i maestri inglesi, i marinai d’Inghilterra, tirare i primi calci ad un pallone sul suolo italiano. Anche la lenta ma inesorabile discesa negli inferi calcistici avvenuta a partire dai primi anni Cinquanta, e durata fino a pochi anni fa, trasmette un’emozione triste. Ma proprio negli anni più bui, con la squadra catapultata nella steppa del calcio italiano, è sbocciato il fenomeno dello “stadio mobile”, migliaia e migliaia di tifosi capaci di seguire la squadra anche sui campi sterrati di squadre senza storia espressione di paesini (e non è retorica) che a malapena erano sulla carta geografica. Anche di questo Ceccarini dà conto. E dà conto anche di Picchi, eroe del calcio livornese e mondiale, così apparentemente schivo e riservato da non sembrare neppure livornese, secondo quel cliché superficiale che ci si fa dei livornesi spacconi ed estroversi, eppure così livornese per il suo amore viscerale per la sua città e la maglia amaranto, ma soprattutto per il suo essere fiero e determinato a non chinare la testa di fronte ai più forti, nel suo caso il mago Herrera dell’Inter campione del mondo, non chinarla mai perché, parafrasando proprio Ceccarini in apertura del suo racconto, quello che conta è mantenere la faccia, mai chinare la testa, usare il sarcasmo e l’ironia, inchiodare l’avversario senza reverenza, perché attraverso il sarcasmo e l’ironia si può combattere il potere senza necessariamente essere un altro potere. Nel corso del racconto, anche facendo riferimento a ben azzeccati paralleli con i mutamenti politici e sociali che si sono avuti nel corso del Novecento, viene tracciato anche il profilo di una città che negli anni è cambiata profondamente ma i cui abitanti hanno conservato, inalterato, l’antico spirito guascone e dissacrante dei pirati del Tirreno, dei greci e degli armeni, dei mori e degli spagnoli, degli olandesi e degli ebrei, insomma di tutti coloro che, ovviamente assieme ai toscani e agli italiani, hanno contribuito a dar vita a questa incredibile genia che sono i livornesi.

Questo racconto scritto con passione, dal linguaggio sciolto e dalla lettura veloce, si conclude con l’espressione di quello che è il sogno collettivo dei tifosi amaranto di oggi, ovvero l’aver garantito un futuro stabile e roseo in serie A, mentre in appendice, dopo il ricordo di tutte le promozioni del Livorno dalla B alla A nel corso della sua travagliata esistenza, troviamo un’accuratissima storia sintetica del club dal momento della sua fondazione avvenuta nel 1915 fino ad oggi. Il libro, edito dall’associazione Articolo 21, può essere richiesto inviando una mail all’indirizzo di posta elettronica articolo21@aruba.it. (Franco Bosetti)

Scritto da il 3.9.2004. Registrato sotto Senza categoria. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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