MAGONA: DANNI ALL’IMPIANTO E SCAMPATO PERICOLO PER LA CITTA’
Solo nelle prime ore della mattinata i vigili del fuoco sono riusciti a domare l’incendio che si era sviluppato all’interno dello stabilimento siderurgico Magona di Piombino. Le fiamme si sono sprigionate dall’olio combusto dei trasformatori industriali, forse una scintilla ha innescato il rogo. I danni sono ingenti. La fabbrica oggi è rimasta chiusa. I fumi non erano tossici dice l’Arpat, ma se lo fossero stati non esiste un piano d’evacuazione.
L’esterno del laminatoio distrutto dalle fiamme.
Le quattro gabbie di laminazione poste sotto sequestro.
Tredici ore, tanto è stato necessario per domare l’incendio, il reparto laminatoio è andato completamente in fumo, distrutto il cuore dello stabilimento Magona. Con dignità e voglia di conoscere il futuro gli operai questa mattina, malgrado l’azienda fosse chiusa, erano tutti lì, davanti la portineria. Qualcuno entrava per vedere più da vicino lo scenario devastante del reparto completamente distrutto. Altri si sono fermati a fare quattro chiacchere, a cercare di avere qualche informazione in più, chiedevano ai sindacalisti e anche ai giornalisti se dall’azienda arrivavano notizie.
«Vorremmo conoscere il nostro futuro». Era la fase più ricorrente. «Forse i giovani non si rendono conto di cosa è accaduto – racconta un ex magonista – forse loro avranno la forza di reagire, ma i tanti operai che hanno da mantenere una famiglia sono molto preoccupati. Si respira un’aria di forte insicurezza».
«Ho visto alcuni colleghi piangere – ci racconta un operaio del reparto andato a fuoco – siamo stati tutta la notte a vedere andare in fumo il nostro lavoro, abbiamo tentato di aiutare i vigili del fuoco, a loro va un nostro grazie».
Dalle fiamme si sono salvati i comandi del laminatoio, i quadri elettrici si trovano esternamento al reparto.
Il capo distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino Franco Miliani ha parlato di gravissimi danni, e del fatto che una sala adiacente, dove si trovano i motori, ha avuto danni ai quadri di controllo, ma l’opera dei vigili ne ha limitato l’entità. La loro relazione potrà dare un contributo alla dinamica dei fatti attraverso un’analisi degli interventi. Intanto il magistrato Giuseppe Rizzo, informato nella tarda mattinata di ieri dell’incendio sta effettuando i consueti accertamenti per verificare eventuali responsabilità.
Sembra intanto confermata la dinamica. Il ciclo di lavorazione si era interrotto perché il nastro di lamiera si era inceppato e occorreva tagliare la parte danneggiata. Come consuetudine, la squadra ha provveduto a tagliare il nastro con la fiamma ossidrica. Durante il taglio una goccia di acciaio fusa è caduta nel cunicolo sotto il laminatoio raggiungendo l’emulsione di acqua e olio idraulico utilizzato durante la laminazione. In pochi secondi è stato l’inferno. Gli operai sono intervenuti con una macchinetta antincendio, ma le fiamme hanno continuato ad alimentarsi velocemente. L’impianto antincendio non è partito né automaticamente né manualmente.
Intanto dall’Arpat arriva la conferma, fortunatamente, che il fumo acre proveniente dall’incendio del laminatoio, che in molti, martedì notte, hanno respirato, visto che ha invaso la città a causa del vento, non era assolutamente tossico.
Ma se lo fosse stato? Intervistando alcuni operatori della Protezione Civile, abbiamo scoperto che a Piombino non esiste alcun piano concreto di intervento d’emergenza a favore della popolazione nella terribile ipotesi che avvenga un grave incidente all’interno degli stabilimenti che circondano, e in alcuni casi invadono il centro cittadino.
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Se ieri si fosse verificata la necessità di evacuare urgentemente alcuni quartieri della città, e nel caso ancor più grave l’intera popolazione cittadina e quartieri limitrofi come :- Poggetto Cotone, Gagno, Asca ecc.. non esisterebbe nessun piano operativo concreto per affrontare un’emergenza tale di evacuazione di massa della popolazione, e sua eventuale sistemazione ed assistenza.
Se ad esempio le esalazioni tossiche sprigionate dall’impianto andato a fuoco fossero state altamente nocive, ci sarebbero state poche o forse nessuna possibilità di interventi efficaci con mezzi idonei e strategie comuni, al fine di coordinare alla perfezione mezzi e risorse umane. Ad esclusione della buona volontà singola o di gruppo degli operatori addetti alla sicurezza pubblica, abbandonati però soltanto all’iniziativa personale ed a quel buon senso che ogni operatore d’emergenza ha radicato in se.
Non esistono attualmente strategie efficienti per la gestione di emergenze così terribilmente concrete in città , non esistono sistemi di monitoraggio, dispositivi per allertare la popolazione, informazione sui punti di raduno della cittadinanza da soccorrere, la determinazione delle vie di fuga e dove poi questa massa di persone si deve raccogliere, non ci sono sistemi di preallarme e la cittadinanza è all’oscuro di qualsiasi modalità su come affrontare un’emergenza, ma soprattutto manca la figura di chi dovrebbe coordinare tale emergenza, ed ancora manca completamente la collaborazione tra stabilimenti e organi di Protezione Civile.
Si evidenzia altresì che esistono nel comprensorio piani ben dettagliati di evacuazione e assistenza in caso di alluvione, dissesti idrogeologici, e incendi boschivi. Perché non fare tesoro di questi piani e preparare una strategia efficace di protezione civile per affrontare un’emergenza dovuta a gravi incidenti nell’area industriale e portuale di Piombino? Magari preparare alla coordinazione tutte le varie risorse di pubblica sicurezza le quali facciano capo ad una persona fisica che si occupi di tale gestione, ed inserire come priorità d’emergenza la possibilità di un grave guasto nell’area industriale.