PIOMBINO, DECENNALE DELLA MORTE DI MARIBRUNA TONI
Riportiamo una memoria di Andrea Panerini nel decennale della morte di Maribruna Toni, pittrice e poetessa.
Non è facile scrivere un ricordo su Maribruna Toni. Se ne è andata, sommessamente, in una afosa serata d’estate di dieci anni fa, quando non avevo che quindici anni. L’anno precedente l’avevo conosciuta alla sua mostra “L’occhio incantato” e ai miei occhi di adolescente erano sembrate incomprensibili e, proprio per questo, affascinanti, quelle non-forme di puro colore. Poche parole, molti silenzi con Maribruna, che tuttavia non sembrava mostrare alcun disagio nello spiegare la propria arte a un ragazzino tanto più giovane di lei, forse anche po’ impudente. Sembrava quieta eppure scontenta della vita, seppur con un leggero sorriso di rassegnazione, vuoto come una caramella nella quale la breve sensazione di dolcezza lascia subito il passo ad un amaro insopportabile. La notizia della sua morte, quasi un anno più tardi e ben poche altre occasioni di incontro, mi lasciò in una sensazione di inquietudine e sconforto, un’oppressione al petto acuita dal gran caldo di quella estate, che molti ancora oggi ricordano a Piombino, e che senz’altro ha, purtroppo, facilitato il decorso della malattia di Maribruna.
Pur essendo entrato in contatto con la pittura della Toni, non avevo letto ancora niente della sua poesia, pur avendo già pubblicato in vita una silloge, “Le vele, i voli , i veli”. Maribruna, in vita, sembrava quasi vergognarsi di questa sua “eruzione poetica”, come la chiamava lei, che pure mi interessava enormemente di più rispetto alla pittura, di cui mi sono sempre dichiarato competente quanto un dilettante di buona volontà. E’ arrivata tardi alla pubblicazione della sua arte poetica, ma aveva un gran numero di liriche inedite, trascritte in quaderni quasi trasandati, nella sua calligrafia nervosa, quasi rabbiosa che il padre ci aveva mostrato nel suo appartamento, mantenuto dalla famiglia intatto quale era nel giorno della sua scomparsa. Come direttore della poesia della Edizioni Il Foglio dal 2000 al 2005 è stato per me un grande onore, uno dei maggiori della mia vita, far pubblicare quasi tutte le poesie inedite di questa straordinaria poetessa, ora racchiuse in questa esaustiva raccolta che viene data alle stampe.
Maribruna Toni è stata una delle voci poetiche più significative del panorama italiano degli ultimi due decenni del novecento. Questo lo dico senza presunzione e senza volontà celebrative ma con la profonda consapevolezza di quanto questa artista abbia saputo dare alla poesia italiana, seppur, ancora oggi, questo contributo non sia, nella maggior parte dei casi, riconosciuto e studiato come meriterebbe, in primo luogo nella sua terra natia. Era un’autrice incostante, emozionale, che poteva sconvolgere gli scrittori della vecchia scuola sebbene l’amicizia e la stima che ebbe per un vecchio (eppur giovane) professore quale Elvio Natali, rigoroso crociano, forse ci dovrebbe far riflettere su quella che si può chiamare l’autoconservazione di alcuni cenacoli letterari, a dispetto dei notevoli contributi culturali che esistono al loro esterno e che potrebbero rinnovare profondamente la nostra letteratura.
Maribruna ha portato, in un certo senso, agli estremi quel prosciugamento della forma poetica iniziato da Giuseppe Ungaretti all’inizio del novecento, riproponendo nei suoi versicoli, e in chiave soprattutto marina, quella stessa inquietudine del vivere presente e futuro presente in tanta letteratura europea del secolo appena passato e andando (dopo tanti tormenti esistenziali che avevano caratterizzato la sua biografia) verso una forma di spiritualità immanente, un Dio che è nelle cose, che vive in esse e le accompagna.
Tutto è sovrastato dal mare, questo compagno infedele eppure sempre presente nella sua produzione poetica, un mare che non è solo un luogo esistenziale dell’inquietudine – quindi anche topos di sottile seduzione malinconica – ma è un luogo geografico ben definito, è il mare di Piombino e dell’arcipelago toscano, è un mare sovrastato da ciminiere “dove un gabbiano / che non trova il mare / s’appiglia, s’impiglia / ad un pino, /strozzato / da una forcella / di due rami / in croce” come recita una delle più belle, conosciute e significative liriche di Maribruna (cfr. Maurizio Maggioni “Per conoscere Maribruna Toni”, Edizioni Il Foglio, 2004) E’ questa, forse, un po’ la metafora della sua vita. Un gabbiano che non trova il mare ovvero i suoi sogni, i suoi desideri, le sue aspirazioni e s’appiglia, anche s’impiglia nelle irte difficoltà della vita rappresentate da un pino, così familiare nel nostro panorama eppure così poeticamente anche spaventoso. Una persona libera e anticonvenzionale che, tuttavia, non fece mai né una moda né alcuna sorta di snobismo di questa sua diversità dalla maggior parte delle persone che la circondavano.
Ecco, Maribruna, spero che tu, a dieci anni della tua partenza, possa essere giunta a destinazione, in un abbraccio che, finalmente, possa averti dato quella pace e quel rifugio dalle tue inquietudini che ti sono state lungamente negate su questa infelice terra.
Andrea Panerini