DUE O PIU’ LE CENTRALI A BIOMASSE IN VAL DI CORNIA?

Il Comitato per Campiglia denuncia la preoccupazione dei suoi soci per la realizzazione di una seconda centrale a biomasse nella piana della Val di Cornia e per la realizzazione del cementificio a Campiglia e lo vede come un vero e proprio attacco al territorio rurale.

Infatti queste centrali, che utilizzano generalmente olio di palma proveniente dall’altro capo del mondo raccolto chissà come, hanno la loro convenienza economica nel fatto che producono, oltre alla poca corrente elettrica, i così detti “Certificati verdi” per le energie provenienti da fonti pulite o rinnovabili, che poi vengono rivendute alle aziende che producono inquinando. Il risultato è che siamo di fronte al rischio concreto di un inquinamento doppio: il primo da parte dell’azienda che produce i certificati verdi (nel sud del mondo), il secondo da parte dell’azienda che li acquista (nell’occidente industrializzato).

Già una prima centrale a biomasse è stata realizzata in Val di Cornia, senza che le forze politiche facessero opposizione, adesso una seconda, e poi…

«Una ditta piemontese vorrebbe realizzare nella piana tra Cafaggio e Casalappi una grande centrale elettrica, alimentata con olio vegetale proveniente da lontano – commenta il Comitato per Campiglia. I comuni di Suvereto e di Campiglia hanno dichiarato di essere contrari; lo stesso hanno fatto le associazioni degli agricoltori, preoccupate di un’altra ferita inferta al territorio rurale. Ma ora il sindaco di Campiglia e l’assessore provinciale all’ambiente hanno detto che non sarà facile fermare il progetto, chiamando in causa la legge.

Preoccupa questa rinuncia di un sindaco a difendere gli interessi del proprio territorio – continua il comunicato – e preoccupa la titubanza della Provincia, che dovrà pronunciarsi sul progetto.

Per parte nostra crediamo che sia necessaria una estesa mobilitazione, poiché una centrale come quella prospettata sarebbe un danno ambientale ed economico, sia per la zona che a livello generale, prevedendo di utilizzare combustibili cosiddetti a filiera lunga. Si tratterebbe di un grave errore, dopo quello compiuto a Montegemoli nel Comune di Piombino, dove è in costruzione un impianto simile.

C’è un altro aspetto, collegato al progetto della centrale a biomasse, che sconcerta: la centrale servirebbe in primo luogo ad alimentare quasi 10 ettari di serre per la produzione di fiori; serre che il Comune di Campiglia avrebbe già autorizzato. Quasi 10 ettari di serre a fiori, cioè permanenti come quelle di Pescia, un progetto a forte impatto ambientale per il paesaggio, per le risorse idriche e per le infrastrutture, in una delle aree più produttive per l’orticoltura e più belle per quanto concerne il paesaggio della pianura.

Cosa c’entrano i fiori con l’agricoltura della Val di Cornia? Se fosse vero che il Comune di Campiglia ha già autorizzato la cosa, senza far sapere niente a nessuno, ciò rappresenterebbe una ferita per il paesaggio e un’offesa alla programmazione dell’agricoltura, che dovrebbe privilegiare i settori e le vocazioni locali, piuttosto che affidarsi agli interessi e al business di imprese esogene. Chiediamo quindi ai Comuni, al Circondario e alla Provincia di bloccare non solo il progetto della centrale a biomasse, ma anche la costruzione di serre fisse.

Ormai è chiaro che c’è un attacco continuo al paesaggio e al territorio rurale. Questa vicenda della centrale a biomasse fa il paio con quella del cementificio in località Trafossi, vicino alle Lavoriere, in una zona di coltivazioni orticole e prossima a Poggio all’Agnello e a Baratti, che il Comune di Campiglia ha inspiegabilmente trasformato in una lottizzazione privata a scopi industriali.
Il progetto della centrale, come l’ipotesi del cementificio contrasta chiaramente con le linee della Regione Toscana per il territorio rurale, nel quale sono ammessi esclusivamente interventi per la produzione agricola, disattende il Codice dei beni culturali e del paesaggio, laddove invita Regioni e Comuni a salvaguardare il paesaggio rurale, considerato come un bene da salvaguardare e contraddice lo stesso piano strutturale recentemente approvato dai Comuni, che riconosce al territorio rurale un valore strategico per la produzione agricola e per la tutela paesaggistica.

Chi si oppone giustamente alla centrale dovrà opporsi anche al cementificio. In entrambi i casi queste scelte devono essere riviste – conclude il Comitato per Campiglia – avendo anche il coraggio di tornare indietro se esse contrastano con gli interessi collettivi e con gli obiettivi del mondo rurale. Senza tentennamenti e senza trincerarsi dietro al fatto che “ormai non ci si può fare niente”, una frase rinunciataria che troppo spesso viene pronunciata dagli amministratori locali per giustificare interventi negativi e rispondenti agli interessi di pochi.


Comitato per Campiglia

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Scritto da il 25.7.2008. Registrato sotto cronaca. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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