LA DIOCESI AL CONVEGNO SULLA CHIESA E IL WEB 2.0

Lunedì e martedì scorso, 19 e 20 gennaio 2009 si è tenuto a Roma, nella nuova sala congressi sull’Aurelia nord a due passi dalla sede televisiva di SAT2000 il convegno “Chiesa e web 2.0”, al quale hanno partecipato importanti esperti del web e rappresentanti di tute le diocesi d’talia, compresa la diocesi di Massa Mrittima-Piombino. Tra i più interessanti interventi riportiamo quelli di Don Domenico Pompili, direttore dell’ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, e del Professor Andrea de Fabris, docente di filosofia morale dell’Università di Pisa.

“Noi non siamo dei «digital native», come tutti i bambini che sono nati dopo la diffusione di Internet, in pratica i nostri teenagers. Noi siamo probabilmente le ultime generazioni dell’era Gutemberg – appunto degli «immigrati digitali» – perché non siamo nati in una società multischermo e non siamo cresciuti, alimentandoci a questa nuova modalità di «fare esperienza», che plasma l’intelligenza e orienta la stessa dinamica affettivo-relazionale”. Con questo invito a “fare il punto” sulle nuove frontiere della comunicazione digitale si è aperto il convegno “Chiesa in rete 2.0”. A sottolineare il dovere della consapevolezza è stato don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, promotore dell’incontro insieme al Servizio informatico della Cei.

È giusto continuare a contrapporre il virtuale al reale? E, d’altra parte, in che modo le due esperienze, obiettivamente diverse, possono integrarsi? “Non vi è dubbio – ha risposto don Pompili – che ci siano in giro difensori entusiasti del virtuale che tendono a minimizzare il suo impatto, così come vi sono ostinati detrattori del virtuale che vorrebbero descriverlo necessariamente come antitesi all’umano”. Un secondo interrogativo riguarda il nuovo individualismo che cresce: “In che modo questo individualismo interconnesso ridisegna il territorio umano e, dunque, la dinamica relazionale?”. Infine, una domanda che si muove tra identità e linguaggi: “In che modo è possibile avere in Rete una fisionomia riconoscibile senza per questo assumere linguaggi scontati o peggio indecifrabili? Non vi è dubbio – ha spiegato Pompili – che è cresciuto il rapporto con la Rete, ma la domanda resta: come dobbiamo essere noi stessi, fino in fondo, senza per questo assumere uno stile linguistico desueto, quando non tautologico, cioè ripetitivo?”.

Per Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’Università di Pisa, “trasformare il semplice contatto in una forma di vera partecipazione e promuovere per questa via una partecipazione buona” è la sfida che la Chiesa in Rete oggi deve far propria. In che modo, dunque, “la partecipazione dev’essere concepita e praticata, al fine di sostenere e incrementare la presenza della nostra Chiesa sul Web?”. Innanzitutto, ha risposto il docente, occorre promuovere “un uso consapevole delle nuove tecnologie. Non basta che una tecnologia ci offra ulteriori possibilità di esperienza per far sì che essa possa davvero essere detta buona. Buono non è sinonimo di più sviluppato, o di più progredito”.

In secondo luogo, ha aggiunto Fabris, “è necessario rispettare le regole dell’etica in Internet. Con il Web 2.0 si delinea rispetto a ciò un’occasione del tutto inedita, che non va persa: non solo nella prospettiva dell’annuncio, ma proprio nella dimensione del fare comunità” con la “la possibilità, davvero, di fare rete, cioè d’interagire tra parrocchie, tra diocesi, tra singole comunità”. In terzo luogo, ha proseguito Fabris, occorre “tenere sempre ben distinti, nell’esperienza religiosa in Rete delle nostre comunità, ciò che è virtuale e ciò che è reale. La relazione faccia a faccia, tanto più in ambito religioso, non può essere surrogata”. Ancora una volta, ha concluso Fabris, “la Rete accresce le nostre opportunità, ma non le sostituisce. Le affianca, piuttosto. E ciò accade anche nel caso di quella partecipazione che ora il Web 2.0 ci offre”.

Dopo gli interventi del Professor Mazza sulla “questione antropologica e nuove tecnologie e delle analisi del Professor Stefano Martinelli sui cambiamenti che la “rete sociale” apporta al rappoto tra singolo e comunità il convegno nel pomeriggio è sceso su argomenti più “pratici”, iniziando ad analizzare la situazione attuale della Rete e dei siti della Chiesa cattolica, con particolare attenzione hai siti delle diocesi italiane.

Secondo l’elenco presente su www.siticattolici.it, il numero di siti cattolici nel marzo 2008 ha comunque raggiunto la ragguardevole cifra di 12.000. Il 24,2% di questi siti fanno riferimento a comunità parrocchiali, il 20% circa ad associazioni e movimenti, mentre il 7% è legato a siti personali, a riprova che la chiesa è viva anche in rete.


Giuseppe Trinchini

Scritto da il 19.1.2009. Registrato sotto scienza_tecnologia. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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