PIOMBINO: GIORGIO GALLO AL LICEO PER «SEMI DI PACE»

Ultimo degli incontri per il progetto “Semi di pace” è stato quello che si è tenuto nell’auditorium del Liceo Carducci venerdì 20 Febbraio scorso, cui relatore è stato il professor Giorgio Gallo della facoltà di Scienze della Pace dell’università di Pisa.

La conferenza aveva lo scopo, per quanto possibile, di mettere chiarezza sull’intricata questione israelo-palestinese ed è stata costruita sulla base delle domande che, di volta in volta, venivano poste dagli studenti. Fondamentale, ha iniziato a dire il prof. Gallo, è la comprensione reciproca che dovrebbe istaurarsi fra i due popoli a partire dalla visione della storia che appare distorta da parte dell’uno ed anche dell’altro stato. Un ottimo manuale scolastico per cercare di risolvere tale problema è “La storia dell’altro”, scritto da un gruppo di insegnanti israeliani e palestinesi che mettono a confronto i due diversi punti di vista di uno stesso avvenimento.

Rispondendo alla domanda su come può una società così cosmopolita, come quella israeliana, essere fondamentalista, il prof Gallo ha delineato i principali motivi che hanno indotto il movimento sionista a dar vita allo stato d’Israele come, per esempio, l’antisemitismo, che aleggiava in gran parte del mondo anche dopo la Seconda guerra mondiale, od il rischio di un’assimilazione con altri popoli con conseguente perdita della propria cultura, fattori entrambi che portarono ad un acuirsi del sentimento nazionalista.

Fulcro della questione è il sempre più ricercato dialogo con Hamas, associazione che nasce negli anni ’80 all’interno dei cosiddetti territori occupati come linea separatista de “I fratelli musulmani”. A mano a mano che Hamas si sviluppa, grazie anche ad agevolazioni derivanti dallo stesso Israele, impegnato, in quegli anni, con l’OLP, comincia ad acquisire anche una dimensione politica e religiosa di tipo assistenziale acquisendo sempre maggiori consensi da parte della popolazione per arrivare, nel 2006, alla sua elezione al governo. A sua volta Israele ha acuito la propria chiusura nei confronti della Palestina istituendo molteplici checkpoints sul territorio, regolando la circolazione dell’acqua ed occupando territori che dovrebbero spettare ai palestinesi.

Ricercare un dialogo, per Israele, significherebbe che la Palestina riconoscesse l’esistenza del loro stato ma ciò risulta impensabile prima di raggiungere un qualsivoglia accordo di pace. Infatti i palestinesi sarebbero sì disposti ad accettare lo stato israeliano, anche se non la sua legittimità, in cambio quantomeno della liberazione dei territori ritirandosi fino alle linee del 1967 (come prevederebbe, fra l’altro, l’Accordo di Ginevra od anche il piano della Lega araba lanciato nel 2002).

Gallo ha poi affrontato il problema delle nuove generazioni nate negli anni della guerra che per loro rappresenta la normalità. Di conseguenza una società in cui la violenza è ormai un fatto quotidiano è una società che diviene indifferente anche sul piano etico. Molti dei soldati, uomini o donne, che sono costretti ad arruolarsi non hanno tempo di fermarsi a riflettere su quello che stanno commettendo perché da soldati devono esclusivamente rispondere agli ordini del proprio superiore e finiscono per considerare la guerra come un fatto normale.

Importante, su questo frangente, è l’esistenza di un movimento “Rompete il silenzio” (Break the silence) formato da soldati che, invece, si sono presi il tempo di riflettere ed hanno deciso di denunciare il vero andamento dei fatti.

Altro problema presente è quello relativo alla scarsa, e oltretutto erronea, informazione che circola nei due stati, perché se essa è scadente nei giornali d’elite, lo è ancor di più nelle testate popolari. Un esempio di malainformazione è stato quando a giugno si era raggiunto un accordo con Hamas in seguito al quale i lanci dei razzi diminuirono notevolmente. Il 4 novembre Israele compie comunque un’incursione militare in Palestina. La tregua non fu perciò rispettata da Hamas ed Israele ebbe il diritto di difendersi. Ciò che un giornalista israeliano ebbe il merito di scrivere fu che il primo attacco da parte d’Israele fu di scelta dal momento che una possibilità di trattativa con Hamas era presente e che quindi poteva esserci un’alternativa.

In chiusura dell’incontro si è parlato delle possibilità di influenza che possa avere la nuova amministrazione americana del neopresidente Barack Obama nella risoluzione del conflitto di cui significativa è la presentazione di George Mitchell come inviato speciale per la pace in Medio Oriente. In sintesi, “gli Stati Uniti e l’Europa (se esistesse come unità politica) sono gli unici che potrebbero essere in grado di mediare tra le due opposte parti”, ha concluso Gallo.


Serena Scateni

Scritto da il 23.2.2009. Registrato sotto cultura. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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