PIOMBINO: NUOVA EDIZIONE DI “INTERSEZIONI CULTURALI”
Squadra che vince non si cambia e così anche quest’anno prende vita l’iniziativa del Liceo Statale “G. Carducci”, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Piombino, “Intersezioni culturali” dal titolo “VisivaMente – Cinema e pensiero tra filosofia e cultura classica”.
I prossimi incontri, che si svolgeranno nell’Auditorium del Centro Giovani sono i seguenti:
mercoledì 29 aprile alle 16 la conferenza “I ciechi e l’elefante” del prof. Umberto Curi dell’Università di Padova, curata dalla prof. Ebe Serni; martedì 12 maggio alle 21, “Satyricon” di Federico Fellini con Canessa ed infine giovedì 14 maggio alle 16 l’ultima conferenza, “Il Satyricon di Petronio”, della prof. Longobardi dell’Università di Ferrara, coordinata dalla prof. Boninu.
Mercoledì 22 aprile è avvenuta la proiezione del film “Medea” di Lars Von Trier a cura del critico cinematografico Fabio Canessa. Approfondiamo in questo articolo la storia di Medea, che dopo la tragedia di Eschilo, è uno dei miti greci che è stato, in assoluto, più riscritto da parte dagli autori più disparati, a partire dall’antichità con Sofocle, Pindaro ma anche Euripide, Ennio, Seneca, Ovidio ed altri. Fino ad arrivare a giorni a noi più vicini dove la vicenda è diventata oggetto di trasposizioni cinematografiche grazie a registi del calibro di Lars Von Trier, Pier Paolo Pasolini, fino a giungere ad una riscrittura attualizzata nella Mexico City dei giorni nostri del film “Asì es la vida” (2000) di Arturo Ripstein. Sono stati questi ultimi tre diversi film l’oggetto della conferenza del professor Roberto Danese di giovedì 23 aprile.
Danese, docente di filologia classica, ma anche di letteratura e cinema, all’Università di Urbino, ha presentato una precisa lezioni di analisi cinematografica evidenziando tratti comuni e differenze fra le opere di tre registi molto diversi tra di loro. Il mito di Medea, come detto da Danese, è anche e soprattutto uno dei più importanti per la contemporaneità in luogo di due aspetti fondamentali: disagio etnico e condizione femminile.
La diffidenza verso la straniero è sempre stata, ed ancora è, una piaga del nostro e di molti altri paesi nel mondo. In “Medea” questo aspetto è reso particolarmente evidente quando la barbara Medea, che ha aiutato e seguito Giasone, dopo la conquista del Vello d’oro, fino a Corinto, viene emarginata dall’intero contesto sociale nel quale si trova adesso a vivere, in seguito anche al tradimento del suo amato che le ha preferito un’altra donna, la figlia del re di Corinto, Glauce (o Creusa nelle tragedie latine). Questa completa diversità etnica e sociale è bene evidente nel film di Pasolini dove, fin dall’ambientazione, vediamo una forte contrapposizione, per quanto riguarda i paesaggi selvaggi della Colchide (ambientati in Cappadocia), terra natale della maga Medea, e le forme classiche e rigorose della Grecia di Corinto, che rivive nella Piazza dei Miracoli a Pisa, dove le forme rinascimentali e precise del Duomo o del Battistero creano un profondo contrasto fra i due mondi. Scopo dello stesso Pasolini era anche quello di rendere evidente la contraddizione che, negli anni settanta, esisteva fra mondo borghese e mondo sottoproletario.
Fondamentale è anche la trattazione della condizione sociale della donna, condizione che non si è ancora pienamente risolta negli anni duemila dopo Cristo. Medea ci offre l’esempio di una donna forte, padrona delle proprie passioni, passioni così forti che l’hanno portata a lasciare la terra natia per seguire l’uomo che ama in un mondo a lei completamente estraneo.
Una donna che proprio in luogo della sua intelligenza è profondamente temuta dagli altri uomini, come dallo stesso Giasone od ancor più dal re di Corinto Creonte, anche a causa delle sua padronanza delle arti magiche derivategli dall’essere nipote della maga Circe di omerica memoria. Se adesso le donne fanno di tutto per accaparrarsi, dopo il divorzio, più soldi possibile o cercare di essere comunque mantenute dall’ex marito, Medea si presenta come una figura indipendente che, in virtù di riacquistare la sua libertà e la sua condizione più vera di donna, compie il più tremendo ed il più doloroso dei delitti: uccidere i suoi figli per tagliare quell’ultimo legame di sangue che la teneva unita al greco Giasone.
Serena Scateni