PIOMBINO: SAMANTA DI PERSIO CI RACCONTA «MORTI BIANCHE»
L’operaio non è uno stupido. Forse non lo è nel resto d’Europa, dove il dato degli incidenti sul lavoro è in generale decrescita, e dove comunque vengono adottate politiche più serie. Ma in Italia, repubblica fondata sul lavoro, evidentemente gli operai non devono godere di tutta questa stima. Aldous Huxley li avrebbe chiamati “epsilon”: persone programmate per lavorare in condizioni drammatiche senza avere la possibilità di domandarsi se esista qualcosa di meglio.
Samanta Di Persio ha presentato venerdì 22 maggio al Centro giovani il suo libro “Morti bianche”, all’interno del ciclo di conferenze dedicate al tema del lavoro, organizzate dall’associazione Ruggero Toffolutti in collaborazione con la Commissione pari opportunità. Sul palco anche Tommaso Politi che, col contrabbasso, ha accompagnato la lettura, da parte di Cinzia Bartalini, di alcune testimonianze tratte dal libro. Nel corso dell’iniziativa sono stati proiettati due filmati: uno di Manuela Innocenti, l’altro di Veronica Muoio e Andrea Gilardetti.
«Siamo particolarmente felici di ospitare Samanta – ha aperto Valeria Parrini, dell’associazione – perché conosciamo lei e la sua serietà. Mi sembra poi opportuno ricordare che ha scritto il suo libro prima della tragedia della Thyssen: prima, cioè, che si mettesse in moto quel tam tam mediatico che ha costretto politici e sindacati a confrontarsi col problema».
La scrittrice ha parlato della sua discesa nel mondo, costantemente in penombra, delle vittime di incidenti sul lavoro e dei loro familiari. «Mi sono resa conto – ha spiegato – che molto spesso l’informazione non va oltre il fatto di cronaca. Nessuno si preoccupa di capire come siano le vite dei familiari di un operaio morto, o di un lavoratore rimasto invalido. Il mio intento primario è stato quello di squarciare questo velo». E lo ha fatto soprattutto attraverso le molte testimonianze raccolte, che mettono in luce la solitudine delle vittime e dei loro parenti, lasciati a loro stessi, dopo lo sdegno “istituzionale”, dalla politica e dalla giustizia. Ha raccontato degli “strani” ragionamenti di Confindustria, per cui andrebbero sottratte dal numero delle morti, quelle dei lavoratori nell’edilizia, «Come se l’edilizia fosse un hobby».
Ha raccontato del silenzio colpevole dei sindacati. Ha anche esposto una sua personale visione del problema: Samanta Di Persio è aquilana, una dei migliaia di terremotati. «Si tratta chiaramente di due faccende molto diverse – ha premesso -, eppure non ho potuto fare a meno di notare certe somiglianze fra la piaga del terremoto e quella delle morti sul lavoro. Una su tutte: il fatto che gli operai tentino talvolta di denunciare le proprie condizioni di lavoro, rischiando naturalmente il licenziamento, è molto simile alla vicenda delle denunce, andate a vuoto, da parte di alcuni ragazzi, delle crepe nella Casa dello studente».
Ma quelle raccolte in “Morti bianche” sono prima di tutto storie di persone lasciate sole in vita, costantemente ricattate da un sistema economico perverso. Emerge così il problema della precarietà, che sprofonda i lavoratori in un ingranaggio da cui è difficilissimo difendersi: sei precario, devi portare uno stipendio a casa, e sai che non puoi rifiutarti di compiere certi lavori, o di pretendere determinate garanzie, perché il licenziamento è dietro l’angolo. In fin dei conti, chi muore, è proprio chi non può dire di no.
Matteo Toffolutti