PIOMBINO: «GOVERNARE CON LA PAURA», INTERVISTA A DARIO CAMBI
Incontro al Centro Giovani martedì 23 giugno alle ore 21 per la proiezione del film-documentario “Governare con la paura”, di Enrico Deaglio, Mario Portanova e Beppe Cremagnani (quest’ultimo sarà presente in sala). Il lavoro, che ha come obiettivo quello di ricostruire le drammatiche vicende delle proteste durante il G8 di Genova nel 2001, espone la tesi dei tre autori, secondo la quale il governo italiano avrebbe strumentalizzato il forte impatto dell’evento sull’opinione pubblica per superare i limiti imposti al proprio potere: strategia che sarebbe stata ripresa recentemente, attraverso la demonizzazione degli extracomunitari, in modo tale da sfruttare il sentimento di paura e di insicurezza dei cittadini per imprimere una svolta decisionista ed autoritaria alle politiche varate dall’esecutivo. Dario Cambi, coordinatore del circolo Val di Cornia di Libertà e Giustizia, che ha promosso l’incontro, fa il punto su questo ed altri temi di politica nazionale.
Il film che sarà proiettato martedì riprende un tema che pare aver caratterizzato l’intero primo decennio del XXI secolo, in Italia e non solo. Ad oggi, 2009, se la sente di tracciare un primo bilancio della situazione?
Guardando attentamente ai fatti dell’ultimo decennio, appare evidente che il filo conduttore è proprio l’uso strumentale della paura dei cittadini. Gli eventi del 2001 hanno segnato un tragico precedente ad un metodo di governo che recentemente si è motrato ancor più pericoloso, perché la paura seminata in precedenza sta dando i suoi tragici frutti. Tanto più che i mezzi di informazione sono stati accentrati nelle mani di un solo protagonista, il cui obiettivo è una dittatura della maggioranza fondata sulla demagogia e sull’informazione deviata.
Il film-documentario analizza i giorni drammatici della manifestazione del 2001 a Genova. In che modo, dunque, quell’evento sarebbe stato alla base della filosofia del “governare con la paura”?
I fatti di Genova hanno rappresentato un primo tentativo di avvicinare l’opinione pubblica a dei metodi repressivi nei confronti dei dissenzienti (al di là delle strumentalizzazioni dei black bloc, provocatori di professione). Il pretesto fu ampiamente sfruttato dai vertici politici e dalle alte autorità delle forze dell’ordine, che non hanno pagato neanche di fronte all’evidenza. E’ stato un primo passo verso l’assuefazione a metodi del genere, una situazione in cui un ruolo importante è stato giocato dai mezzi di informazione, che hanno invece “disinformato” e manipolato l’opinione pubblica.
In che modo il governo della paura è correlato con i recenti sviluppi sulla lotta all’immigrazione clandestina?
Lo scopo di Berlusconi è quello di varare in fretta delle leggi ad personam: è chiaro che trova facile sponda in una opinione pubblica disorientata, alla quale è stato fatto sentire come urgente il bisogno di più sicurezza. Una cittadinanza pronta ad accettare norme fortemente restrittive delle libertà individuali è una cittadinanza insicura, e Berlusconi può approfittarne per accontentare l’alleato leghista nelle sue pulsioni più razziste, servendosi poi dei voti padani per le leggi che gli fanno comodo.
Inutile nascondere che gli autori del film criticano aspramente il governo Berlusconi. Vede complicità o incapacità da parte dell’opposizione, sia riguardo al G8 2001 che più recentemente?
Va da sé che tutto ciò non si sarebbe potuto verificare in questi termini se non ci fosse stato un atteggiamento spesso colpevolmente remissivo da parte dell’opposizione, che in generale è stata incapace di mettere in campo una risposta altrettanto forte rispetto alla gravità della situazione, interpretando la volontà di chi, nella società come nel Parlamento, si è voluto opporre alla logica del silenzio. Per questo Libertà e Giustizia ha invitato, a partire da Febbraio, a rompere il silenzio nel paese.
Negli ultimi mesi si è discusso molto sul ruolo del parlamento nella democrazia italiana, in vista di un eventuale passaggio al presidenzialismo. Secondo lei è possibile coniugare capacità di decisione e democrazia rappresentativa? Vede rischi di spinte decisioniste?
Lo svuotamento nei fatti della funzione legislativa del Parlamento, il tentativo di superare la divisione dei poteri a vantaggio di un forte potere esecutivo e l’asservimento della Magistratura attraverso una controriforma della giustizia che in pratica la rende subordinata al governo è l’altra faccia dell’operato di questo Governo. Ecco che il rischio di una deriva anticostituzionale si fa reale: così come un presidenzialismo senza bilanciamento dei poteri, potrebbe risolversi in una tragica involuzione plebiscitaria. Di questo parlano oramai apertamente i più importanti media stranieri, e di questo cerchiamo di mettere in guardia, noi di Libertà e Giustizia, anche in questi giorni, richiamando i partiti di opposizione a svolgere unitariamente la loro funzione.
Un punto sulle attività di Libertà e Giustizia. Ad esempio: l’associazione si è schierata per il no o l’astensione, così come molti intellettuali (Zagrebelsky, Ginsborg…). E’ d’accordo? Come giustifica il non-voto?
Ora come ora il nostro obiettivo è quello di informare e coinvolgere l’opinione pubblica a difesa dei valori di legalità, dei valori costituzionali e civili, della laicità… Credo che questa funzione sia particolarmente importante a livello locale, in quanto è necessario spronare dal basso le forze politiche su temi importantissimi, e che invece sono stati offuscati dalla retorica del “governo del fare”.
Per quanto riguarda il referendum, ci siamo pronunciati per l’astensione per evitare di forzare la nazione in un bipartitismo di comodo che non le è proprio, come hanno ampiamente dimostrato le recenti consultazioni. Non possiamo permetterci una legge elettorale che rischia di stravolgere totalmente il mandato popolare. Fra l’altro, numerosi giuristi sostengono ormai che, nei referendum, l’astensione è un diritto pari a quello del voto favorevole o contrario. Riteniamo che sia il momento di valersi di tale diritto, spronando poi il parlamento a varare una legge elettorale in senso migliorativo rispetto all’attuale.
Matteo Toffolutti