SPECIALE PRIMARIE PD: LA MOZIONE FRANCESCHINI
Nel nostro speciale sulle elezioni primarie che domenica 25 ottobre eleggeranno il nuovo segretario del Partito Democratico, abbiamo intervistato Umberto Canovaro, promotore della mozione di Dario Franceschini sul nostro territorio. Di seguito gli spunti emersi dalla nostra chiacchierata.
Perché sostenere la mozione Franceschini? Quali sono i punti forti di questo programma?
Innanzitutto è necessaria une premessa. Fortunatamente in questa competizione elettorale i temi della politica interna ed estera non sono in discussione, a dimostrazione dell’unità del partito. Anche nelle tre mozioni presentate ci sono molti punti di contatto. Quello che più divide è la visione interna del Partito, seguito dall’idea della militanza e delle future alleanze per i governi nazionali e locali.
Cosa differenzia Franceschini dagli altri candidati?
Franceschini si differenzia da Marino per l’ampiezza della sua proposta sui temi della laicità e della libertà di coscienza. Nonostante Marino punti molto su questa problematica penso che la visione dell’attuale segretario sia più comprendente e più diversificata. Le diversità con Bersani riguardano invece la concezione di struttura di partito e la composizione delle alleanze. Innanzitutto è opportuno sfatare il luogo comune del “partito liquido”. Franceschini rifugge, nella sua mozione, questo concetto ed anzi rivendica il ruolo della militanza, dell’importanza dei circoli sul territorio e delle occasioni di ritrovo promosse dal PD. È necessario coinvolgere i cittadini nelle varie attività del partito, creare momenti di condivisione e di cultura a vari livelli e soprattutto restituire importanza al concetto di militanza attiva. Bersani non è di questo avviso e crede in una forza politica in cui l’elemento cardine siano gli iscritti ed in maniera residua gli elettori.
Per quel che riguarda le alleanze, Franceschini intende seguire una linea fatta propria anche da molti leader della sinistra europea. L’idea è quella di essere una forza necessaria e sufficiente per governare, con la possibilità di alleanze basate sulla condivisione dei programmi. Sicuramente saranno da rifuggire esperienze del passato con accordi con schieramenti che svariano da Dini e Mastella fino ai Comunisti Italiani.
Come cambierà il PD se il nuovo segretario sarà Franceschini?
Credo che ci sarà una ventata di forte rinnovamento se vincesse. Con questo non intendo soltanto la novità a livello anagrafico ma una crescita graduale che possa far evolvere i giovani e far loro maturare quelle esperienze necessarie ad occupare i ruoli di maggiore responsabilità. Inoltre sono convinto che molto più con Franceschini che con Bersani e Marino sarà garantita la pluralità delle voci all’interno del Partito. Noi siamo per creare una forza dove possano coesistere esperienze che vanno dall’ambientalismo fino alle posizioni espresse dalla Binetti e da Grillini.
Come giudica l’esperienza del PD dalla nascita ad oggi? Cosa si è sbagliato nella gestione del partito e agli occhi del Paese?
Il PD è un partito che si è dovuto confrontare fin dalla nascita con le elezioni e che ha avuto, per forza di cose, poco tempo per crescere e per radicarsi. Un altro grave problema è stata la nascita delle correnti, forse prima del partito stesso!
Dopo le dimissioni di Veltroni, di cui, come emerge dalla stampa, fu proprio Bersani ad essere definito come uno dei responsabili, Franceschini si è ritrovato a gestire una situazione difficile. Io sono d’accordo con Fassino quando sostiene che non si può mandare a casa un segretario dopo appena 5 mesi di lavoro. Inoltre sostengo come sia sbagliato addossare tutte le responsabilità degli errori commessi alla coppia Veltroni-Franceschini. La stessa direzione ha ammesso come gli sbagli non siano soltanto stati a livello individuale. Tuttavia appena si è riaperta la campagna elettorale non sono mancati i forti attacchi alla gestione precedente.
Quali sono i problemi più gravi della situazione odierna dell’Italia? Che fare, a grandi linee, per risolverli?
Innanzitutto credo che i problemi dell’Italia non derivino dalla gestione dell’ordine pubblico e dalle problematiche relative all’immigrazione, dal momento che la situazione è la medesima per la maggior parte dei Paesi Europei. La questione più importante riguarda il lavoro: finalmente anche il nostro ministro dell’economia si è accorto di quello che il centro sinistra sostiene ormai da dieci anni, cioè l’importanza dell’occupazione fissa. L’altro problema più stringente è quello di una scuola che non insegna. Abbiamo bisogno di tornare ad un’istruzione che dia dei contenuti, dei valori e dei mezzi culturali per governare il cambiamento. In alternativa ci prepariamo ad avere delle classi dirigenti di persone superficiali che non saranno in grado di gestire le stesse “macchine” inventate dall’uomo.
Ultimamente il Partito è stato criticato per le votazioni parlamentari sullo scudo fiscale e sul reato di omofobia. Come giudica queste vicende?
Nella storia parlamentare, purtroppo, infortuni di questo tipo ci sono sempre stati. Oggi la gente è più attenta ed ha una maggiore sensibilità per questi fatti. Di conseguenza tutto è reso più eclatante ed amplificato. I gruppi parlamentari dovranno organizzarsi perché questi episodi non accadano più. Nonostante sia irriducibile la libertà di coscienza del singolo parlamentare è opportuna una maggiore disciplina e maggiore accortezza.
Qual è secondo lei il modo più efficace di dimostrare alla gente comune che il PD è uno schieramento credibile e alternativo all’attuale maggioranza?
Non credo che dobbiamo creare stravolgimenti a livello di organizzazione territoriale. La cosa più importante sarà stare vicino agli elettori per la maggior parte del tempo, intercettarne gli umori e capire i loro problemi quotidiani. Non penso, inoltre, che sia sufficiente fare una festa di carattere commerciale all’anno per riavvicinare la gente al partito. È necessario aumentare le occasioni di partecipazione e condivisione culturale per riappropriarci di quei valori dei Padri della Repubblica che hanno reso grande il nostro Paese.
Andrea Fabbri