«DI QUA, DI LÀ», INSTALLAZIONE DI ERALDO RIDI IN MEMORIA DEL MURO DI BERLINO
Lunedì 9 novembre, a Piombino (Li), in occasione del ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino, Eraldo Ridi propone, presso il Centro Commerciale Unicoop Tirreno di via Gori, una installazione dal titolo “Di qua, di là”, con montaggio video di Riccardo Del Fa e Stefano Fontana. L’iniziativa è promossa anche dall’Associazione per la Pace di Piombino, la Unicoop Tirreno Sezione Soci di Piombino, il Centro Interculturale Samarcanda, il Nuovo Teatro dell’Aglio, la Bottega del commercio equo e solidale “Croce del Sud”, Emergency Gruppo di Piombino, l’Ufficio Pastorale Caritas della Diocesi di Massa M.ma-Piombino, con il Patrocinio del Comune di Piombino.
Il Muro di Berlino, Berliner Mauer, costruito dal regime comunista della Germania Est, era lungo centosei chilometri e alto più di tre metri e mezzo. Questa barriera invalicabile di cemento ha diviso in due la città per ventotto anni (13 agosto 1961-9 novembre 1989). Il muro era considerato il simbolo tangibile della Guerra fredda e della divisione del mondo in due poli contrapposti, quello americano e quello sovietico.
Vent’anni fa il muro cadeva e questo non è oggi considerato solo il crollo fisico, reale, di un muro antiestetico all’interno di una città né il processo di riunificazione di una paese e del suo popolo, ma, soprattutto, il simbolo potente della vittoria della libertà contro l’oppressione, della voglia di vivere e di sentirsi parte di un tutto.
Negli intenti dell’autore c’è innanzitutto quello di sottolineare che il 9 novembre è una “giornata della memoria e della libertà”, una giornata quindi non di celebrazione ma di ricordo delle centinaia di persone che, nel tentativo di oltrepassare il confine, sono state uccise, ferite o arrestate; ma anche e soprattutto Eraldo Ridi ci vuol far riflettere e rendere responsabili di tutti i muri che esistono nel mondo per contribuire alla costruzione di un’umanità senza più barriere. È importante non continuare a ripetere gli stessi errori. Ancora oggi, in tante parti del mondo, si costruiscono muri in nome delle ideologie, per fermare i migranti, per isolare i diversi, per l’apartheid di popoli, per le differenze di credo religioso.
L’installazione consiste di un muro recintato col filo spinato. Al centro del muro è lo schermo su cui viene proiettato il video, che ha una durata di circa venti minuti. La performance inizia con alcune immagini di muri, porte chiuse, serrande abbassate, finestre sbarrate, cartelli di pericolo e divieto, simboli di chiusura all’altro che stanno riempiendo sempre di più le nostre città. Come viene dichiarato dall’autore nel manifesto dell’iniziativa “I drammi non si capiscono se non si toccano con mano, sulla pelle… Un giorno, viene alzato un muro che separa dal lavoro, dalla scuola, dagli affetti, dall’ospedale, dal mercato… che toglie la libertà di vivere”. Poi lo sguardo si allarga dal piccolo delle nostri città ad alcuni soldati che di fronte a un muro si mettono a giocare con gioia a pallone senza badare alle differenze sociali. È la stupidità umana che fa creare barriere, che mette distanze fra le persone, che crea bambini/ragazzi soldato e ci fa dimenticare che questi non sono altro che giovani uomini che vorrebbero solo giocare tutti insieme con un pallone, non ponendo attenzione alla differenza di razza o di appartenenza religiosa. Si prosegue con alcuni video e fotografie storiche che mostrano la costruzione e, infine, lo smantellamento del muro di Berlino. Si vedono persone che piangono perché divise dagli affetti più cari, persone che cercano di comunicare con altre persone al di là del muro, braccia alzate per mostrare al di là bambini appena nati. Perché il muro non è solo un muro reale, ma riesce a creare anche un muro di parole. Emozionante notare appunto che la voglia di vivere e di comunicare che hanno le persone è più forte di ogni barriera. Ed ecco finalmente le immagini della caduta del muro in un’esplosione di gioia e colore (fuochi d’artificio, persone che brindano e si abbracciano).
Ad un certo punto, su sfondo nero, vediamo una lista con tutti i paesi al mondo (Israele/Palestina, Usa/Mexico, Corea del Sud e Corea del Nord, Malaysia/Thailandia, Zimbabwe/Botswana, Marocco/Saharawi, India/Pakistan, Irlanda/Irlanda del Nord, Cipro, Padova,) in cui ancora esistono dei muri costruiti per ragioni politiche o di “protezione”, muri che, in realtà, cementano l’odio tra le persone e creano diversità.
Il video si conclude con le immagini dei bambini di alcune scuole elementari della Val di Cornia che erigono un muro di scatole di cartone. Lo riempono di simboli di pace e di scritte contro la guerra e la violenza e poi lo distruggono con quella forza liberatoria e istintiva che hanno i bambini.
Per tutta la durata del video è la musica a fare da commento alle immagini. Interessante la scelta dell’autore che varia dalla musica classica, alla famosa Another break in the wall dei Pink Floyd, a Il muratore di Jovanotti.
L’installazione è molto toccante ed evocativa. Attraverso le sole musica e immagini (raccolte negli archivi o recentemente scattate) riesce a trasmettere il messaggio che questi muri, questa stupidità e violenza umana che li fa costruire, non è così lontana nel tempo e nello spazio da noi come pensiamo e ci suggerisce di impegnarci seriamente a smantellare quelli che ci sono e a creare un’umanità, una socialità che non ne erigerà altri.