GINO STRADA. DALLA PARTE DELLE VITTIME, di M. Lancisi
Un libro che è soprattutto un punto di vista, la ricostruzione di un percorso d’impegno civile come occasione per riflettere sui temi generali dei diritti umani, della pace e della guerra, infine della politica. Questa riflessione non è preconfezionata dall’autore, che da esperto giornalista riesce a far parlare i fatti non omettendo però di sottolineare i passaggi principali, ma come stimolata e suggerita al lettore. Il percorso di Gino Strada, il chirurgo di guerra fondatore di Emergency, offre a Lancisi una materia ricca e penetrante alla quale egli dà forma con una narrazione arricchita da due interviste finali al protagonista e da altre interviste a personaggi amici di Strada (Giovanni Bianchi, Mario Capanna, Massimo Toschi), che fanno venire fuori la figura e il senso dell’impegno militante di Strada: un uomo fuori dal coro, autonomo, non incline a compromessi, sempre dalla parte delle vittime che sono il frutto inevitabile di ogni guerra, ciò che spesso i poteri di guerra chiamano burocraticamente e cinicamente “effetti collaterali”.
Il libro non è una biografia, perché quello che interessa l’autore non è soltanto il percorso biografico. Questo si snoda dalle origini operaie di Gino Strada attraverso il rapporto col padre, operaio della Breda di Sesto San Giovanni, le esperienze formative e le passioni giovanili, l’associazionismo cattolico da cui si stacca nel 1968 quando comincia il suo impegno politico nel movimento studentesco; l’impegno universitario, la laurea in medicina, il fondamentale rapporto con le donne della sua vita (la moglie Teresa e la figlia Cecilia) e nel 1988, a quarant’anni, la decisione di lasciare Milano per andare a fare il chirurgo nelle zone martoriate dalla guerra: prima in Pakistan al seguito della Croce Rossa, poi in varie altre regioni sfortunate del Sud del mondo. Da queste esperienze e da una concezione democratica della medicina, nel 1994 nasce Emergency, che vedrà il pieno coinvolgimento di Teresa Sarti nel lavoro del marito e sanzionerà le coerenze e le idealità che avevano mosso Gino Strada fin da giovane. Quello con la moglie e la figlia è un forte legame a distanza, che l’esperienza di Emergency rafforza ancora.
Ma non prevale – come si diceva – il racconto biografico. Sullo sfondo sta un altro percorso che, sulla linea dei precedenti volumi dedicati a don Lorenzo Milani, padre Alex Zanotelli e Adriano Sofri , Lancisi richiama continuamente: quello da Gerusalemme a Gerico, ovvero la metafora – che è anche una rilettura – della parabola del buon samaritano, cioè un viaggio al fianco delle vittime che implica una morale della prossimità e una centralità dell’uomo. Gino Strada è un combattente del pacifismo, un profeta laico che non si piega alle logiche della guerra e delle politiche globali mosse da interessi economici. Così diventa un personaggio scomodo e nella sua rivendicata autonomia dalla politica riesce a diventare uno straordinario attore politico del nostro tempo. Specialmente dopo l’11 settembre e con la guerra in Afghanistan si ha un vero e proprio spartiacque nella storia di Emergency, che fino ad allora aveva goduto di un consenso generalizzato e bipartisan, trovando un sostegno anche negli ambienti alto borghesi dei salotti e della finanza. Con la partenza di Strada per Kabul e con il suo schierarsi apertamente contro la soluzione bellica decisa dagli USA e assecondata dai maggiori paesi occidentali si interrompe la condivisone trasversale e cominciano a piovere critiche dal mondo politico italiano, da Berlusconi a Fassino che sprezzante dirà: “non sono un pacifista alla Strada”. Alla guerra Gino Strada ed Emergency rispondono con una sorta di terza via: quella che conduce a Gerico, scrive Lancisi, cioè quella di stare dalla parte delle vittime. La cura come diritto, dalla carità alla politica. Gino Strada diventa così protagonista delle grandi manifestazioni pacifiste che si svolgono tra il 2002 e il 2003 per scongiurare la guerra in Iraq, di un incontro “politico” con i sindacati e il papa Giovanni Paolo II, fino al prefigurarsi di un partito della pace che metterà ulteriormente a nudo la crisi dei partiti tradizionali, della rappresentanza e della politica democratica. Il pacifismo di Strada evidenzia il divario tra il pacifismo e il ceto politico italiano, non solo con la destra berlusconiana, ma anche con le principali forze del centrosinistra; un ceto che ha finito per separare l’etica dalla politica, come avrebbe detto di lì a poco padre Zanotelli a Massimo D’Alema; un ceto che ha inventato l’ossimoro della “guerra umanitaria” che Strada considera sostanzialmente una bestemmia e un atto anticostituzionale. Fresco e quasi spontaneo è qui il riferimento al don Milani de L’obbedienza non è più una virtù.
Tutto questa risuona nella nascita, negli obiettivi e nei risultati di Emergency, come dimostra il riassunto che Lancisi fa di Pappagalli verdi. Cronache di un chirurgo di guerra, il libro più letto di Gino Strada che si ritrova a sperimentare sul campo e in condizioni difficilissime l’applicazione di una sanità gratuita, come diritto per tutti, al posto di una sanità classista. Motivi che ritrovano nel denso intervento che il fondatore di Emergency fa al congresso della FIOM che si svolge a Livorno nel 2004, in cui Strada collega la lotta contro la guerra al tema della democrazia in crisi. La cosiddetta guerra umanitaria copre un potere economico e finanziario sempre più ramificato, la sconfitta del pacifismo e le vicende militari di questi ultimi anni, che si svolgono essenzialmente nel vicino Oriente, sembrano annunciare come nel nostro Occidente stia prendendo piede una postdemocrazia dai tratti poco rassicuranti, nella quale la politica, le istituzioni, la giustizia sociale, le regole democratiche sono piegate sempre più agli interessi dell’economia. In fondo è la fotografia di un mondo ingiusto, da cambiare in nome dei diritti umani.
Rossano Pazzagli