MISERIA DELLA SVILUPPO di P. Bevilacqua
Quello di Bevilacqua è un libro di analisi, ma anche di proposta; un libro di storia e di impegno civile. Esso mette sul banco degli imputati un modello di sviluppo – e l’idea stessa di sviluppo – che ha certamente radici storiche ormai plurisecolari, ma che è pervenuto alla sua età estrema in coincidenza con un ciclo politico mondiale che si è aperto con i governi della Tatcher e di Reagan intorno al 1980 e sta segnando ora il suo epilogo: la crescita economica e il benessere si vanno divaricando e l’economia dello sviluppo tende a diventare economia della miseria.
La parte analitica del volume affonda lo sguardo nel lungo processo di affermazione del capitalismo, dai mutamenti agricoli a quelli industriali, che ha finito per ridurre l’uomo a mezzo e le merci a fine. Ne deriva una forte critica al neoliberismo, definito “l’ultima pestilenza ideologica del XX secolo” (p. 107), e un quadro di dissolvimento sociale nel quale viene meno anche la democrazia, con la riduzione della partecipazione e degli spazi pubblici di decisione. In questa età estrema dello sviluppo, caratterizzata da una perenne e crescente insicurezza, stanno cadendo le principali illusioni del ‘900, tra cui il rapporto positivo tra sviluppo economico e diritti sociali: il welfare non può essere salvato dalla crescita, conclude l’autore. La scala dell’indagine è planetaria e locale, attenta al processo storico del mondo occidentale, ma allargata ai nuovi attori sulla scena dello sviluppo (Cina, India…), riferita al quadro internazionale, ma con riflessioni specifiche sulla situazione italiana e un invito a riconsiderare il mondo mediterraneo.
Sullo sfondo sta il tema delle risorse e la grave questione ambientale che affligge il pianeta, un aspetto che lo stesso autore aveva affrontato nel suo precedente libro (La terra è finita. Breve storia dell’ambiente, Laterza, 2006). Sul piano politico, alla fine della leggenda storica del capitalismo sembra corrispondere una sconfitta sociale e culturale della sinistra, un ripiegamento da cui può rinascere però una “cultura delle possibilità” che rimetta al centro l’uomo, il lavoro, il potere del consumatore, l’ambiente e il territorio, una concezione del mercato che non sia solo scambio di merci e una critica della competizione, che si configura sempre più come inganno e costruzione ideologica. Solo un’etica della responsabilità,una nuova fede laica, una politica che riannodi i fili dispersi dell’interesse generale, che prenda le sembianze di “una prospettiva socialista in forme nuove” (p. 201), potrebbero nel loro insieme segnare un’inversione di rotta e un orizzonte di speranza.
Attraverso una serie di proposte comprensibili e stimolanti, si affaccia una nuova idea di economia, considerata non più come freccia verso la crescita infinita della produzione e del consumo, ma come circolo attento alle vere fonti della ricchezza e del benessere umano. In conclusione, si tratta di un lavoro molto utile per stimolare la discussione e dare un supporto storico a tutti quelli che, anche in ambito locale, hanno compreso la impellente necessità di correggere le politiche economiche, urbanistiche, sociali e ambientali per puntare all’equilibrio (uomo/risorse) più che allo sviluppo così come è stato inteso fino ad oggi.
P. Bevilacqua, Miseria dello sviluppo, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 262, euro 15.