LETTERE AL CORRIERE ETRUSCO DEL 24 SETTEMBRE 2010
SUVERETO: I GENITORI RISPONDONO ALL’ASSESSORE SUI COSTI DEL PULMINO SCOLASTICO
Vorremmo rispondere all’articolo dell’assessore Nocenti uscito venerdì sul Tirreno ed al comunicato sul sito del comune di Suvereto pubblicato nello stesso periodo.
Come genitori di bambini che frequentano la scuola materna, e più in generale come genitori, crediamo che il servizio di trasporto pubblico per i bambini sia un servizio essenziale che l’amministrazione comunale dove fornire ai cittadini.
L’aumento della quota mensile del 200% in un solo anno (passiamo da 120€ all’anno a 340€ all’anno) non è certamente una cosa gradita e che accettiamo a braccia aperte, ma accettiamo di pagare di tasca nostra la cifra che il comune non riesce ad erogare solamente perché l’annullamento del servizio pubblico è oltre che scomodo per chi non ha possibilità di portare i piccoli a scuola, una sorta di resa incondizionata all’annullamento costante dei servizi al cittadino ed una piccola privazione ai nostri bambini.
Senza dubbio avremmo preferito che l’amministrazione avesse cercato nel proprio portafoglio e non nei nostri i soldi necessari.
Sappiamo tutti che il governo con i continui tagli impoverisce le nostre amministrazioni e che non è facile trovare i fondi necessari per fare tutto, ma rimaniamo convinti che anche per un comune piccolo come Suvereto non sarebbe stato così difficile trovare i 7000€ necessari a garantire il servizio al prezzo dello scorso anno.
Siamo dispiaciuti che nei comunicati dell’amministrazione non venga citata la proposta fatta da parte di alcuni cittadini di cercare finanziamenti privati che permettano di aiutare i genitori a sostenere l’aumento e garantire il servizio per tutti e per tutto l’anno scolastico visto che con queste premesse in caso di rinuncia o abbandono del servizio da parte di qualche famiglia il servizio potrebbe costare al comune tanto quanto lo scorso anno o addirittura venire annullato.
Facciamo quindi noi appello a chi fosse interessato a finanziare il servizio di mettersi in contato con il comune ed aiutarci a permettere che un servizio così essenziale e socialmente utile possa avere le basi per garantire ancora molti viaggi dei nostri bambini. Speriamo che l’amministrazione riesca a garantire attivo ancora a lungo il servizio di trasporto e tutti i servizi scolastici in genere senza dover gravare ancora sulle spalle (o meglio nei portafogli) delle famiglie.
Lettera Firmata
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CAMPIGLIA: SUL PIANO REGOLATORE E LA COSTRUZIONE DI UN NUOVO CIMITERO
Sig. Sindaco
Le scrivo da cittadina dopo aver letto la sua risposta alle osservazioni delle liste civiche “Comune dei Cittadini” e “Uniti per Suvereto” sulla costruzione di un nuovo cimitero nella zona di Montioncello. Quello che mi ha indignata nella sua risposta è l’affermazione secondo la quale nessun cittadino ha contestato questo Regolamento edilizio dopo le presentazioni che voi avete fatto nelle pubbliche piazze. Quali presentazioni? In questo ultimo mese ho chiesto a molti cosa pensassero del Regolamento e i più hanno risposto di non conoscerlo.
Mi risulta che a luglio il Comune ha fatto una sola riunione con i tecnici, come se il piano non riguardasse prima di tutto la gente che vive nel nostro Comune. Mi risulta anche che ha deciso di pubblicare il Regolamento nel mese di agosto. Non si è chiesta se quello fosse davvero il periodo migliore per raccogliere le osservazioni dei suoi cittadini? Nella sua risposta ci accusa di esserci mossi contro il piano solo dopo la contestazione delle liste civiche. Ecco, penso che con questo Lei abbia offeso l’intelligenza di molti cittadini.
La nostra opposizione nasce da valutazioni sulla bellezza del luogo. Il cimitero avrà bisogno di parcheggi, depositi, magazzini, camera mortuaria, servizi igienici, uffici per il personale, recinzioni. Sarà inevitabile deturpare una delle zone più caratteristiche ai piedi delle colline tra Venturina e Suvereto. Inoltre sarà costruito vicino alle abitazioni della zona e a una distanza da Venturina che non sarà certo risolta dalla pista ciclabile di cui parla. Gli anziani avranno ancora bisogno di mezzi pubblici o di qualcuno che li accompagni. Per risolvere questi problemi ci sono sicuramente soluzioni migliori.
Colpisce poi il fatto che Lei dia per certa la costruzione del nuovo cimitero. Ma allora che senso ha invitare i cittadini a fare osservazioni quando tutto è già deciso?
Vorrei ricordarle che nelle ultime elezioni amministrative quasi il 50% dei cittadini non hanno condiviso il suo programma e che nel suo programma il cimitero a Montioncello non lo aveva previsto. Può anche essere che qualcuno di quelli che l’hanno votata non condivida quella scelta e che la maggioranza dei cittadini la pensi diversamente.
Lei, e la sua maggioranza, ha senz’altro il diritto di governare, ma dovrebbe anche avere una qualità che non emerge dalle sue parole: la capacità di ascoltare.
Manola Boscaglia
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PIOMBINO: UN CONTRIBUTO PER MIGLIORARE BARATTI
Il mio ruolo di Consigliere comunale m’impone di analizzare i problemi della città, cercando di non farmi condizionare da posizioni ideologiche o da interessi particolari. In questa circostanza vorrei offrire un contributo su un tema d’estrema attualità, e cioè il piano particolareggiato di Baratti.
Nel sito di Baratti è contenuta la storia di ognuno di noi, e perciò è naturale e forte il legame, anche sentimentale, che ci lega a questo luogo, del quale ci portiamo dentro qualche frammento di ricordo. Tale vincolo affettivo è forse la ragione che ci consiglierebbe di lasciarlo intatto così com’è. Ma questo non è praticabile, e forse neppure giusto; dunque è necessario cercare un percorso che migliori l’arredo e i servizi esistenti, che regolamenti e riordini le concessioni ai privati, pur mantenendo intatto l’aspetto paesaggistico e, soprattutto, ne garantisca una fruizione da parte di tutti.
Iniziamo col dire che non è Baratti il luogo più idoneo per incrementare il turismo del Promontorio. Esiste infatti un’attività naturale legata alla balneazione, che deve riuscire equilibrata dalle capacità di ricezione del sito e che non può sopportare una maggiore concentrazione di bagnanti. Baratti è luogo naturale per il Turismo Archeologico e a tal fine è già stato attrezzato con adeguati investimenti, in modo tale che ne possano venire valorizzati al massimo livello i contenuti storici ed ambientali.
Il rischio maggiore oggi presente, collegato ad indirizzi di sfruttamento a scopo balneare, è legato alla recente ristrutturazione del complesso di Poggio all’Agnello, che per la vicinanza e le possibili transazioni concessorie di tratti di costa con l’Amministrazione Comunale, aumenta in modo massiccio, con i suoi 900 posti letto, lo sfruttamento antropico, che oltretutto andrebbe ad aggiungersi a quello già esistente. Il problema può essere contenuto con l’adeguamento agli standard dimensionali delle due attuali concessioni balneari, indirizzando la società di Poggio all’Agnello a stipulare convenzioni con gli attuali titolari.
Un errore grossolano sarebbe poi la conferma delle attività del Centro Velico, attualmente autorizzate, ma estranee alla pianificazione urbanistica e che, oltre a comportare un’ulteriore cementificazione dell’area pineta, porterebbe di fatto ad un uso esclusivo di buona parte della spiaggia.
La pineta deve restare del tutto libera e la risposta al Centro Velico può essere utilmente ricercata nella costa est, in località la Sterpaia, attraverso eventuali convenzioni con gli ambiti di servizio esistenti o con limitate correzioni delle attuali previsioni. Il motivo di questa proposta non è solo di conservazione del paesaggio ma anche di natura tecnica, dal momento che il Golfo di Baratti è del tutto inadatto alle piccole imbarcazioni, come gli optimist, che sono invece necessarie per l’apprendimento della vela,.
La ricezione a scopo alberghiero prevede tre ambiti: il Casone, l’ex Croce Rossa e la Torre di Baratti. In questo caso è d’obbligo una riflessione che sia sgombra da preconcetti e da semplificazioni populiste.
Si tratta di tre ambiti già privati, ma in stato di evidente abbandono e di difficile recupero per le loro notevoli dimensioni e per il gravoso onere degli interventi, destinati peraltro ad usi e servizi di carattere privato, dove l’intervento pubblico è impensabile sotto tutti i profili e principalmente sotto quello economico. Espropri e destinazioni d’uso di natura pubblica che ricordo pagheremo sempre tutti noi .
Si può invece prevedere il recupero di alcuni ambiti pubblici da parte di privati, attraverso l’istituto della stipula delle convezioni, in occasione del rilascio delle autorizzazioni per gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente (ad esempio una terrazza sul mare ad uso comune nella spiaggia sassosa posta nella parte terminale del golfo, attualmente in uso al ristorante “Canessa” per il parcheggio dei propri clienti, oppure il concorso alla realizzazione di fognature, tuttora mancanti nell’ambito, ed altro ancora).
Per tutti e tre i casi si tratta di un basso numero di camere, e quindi di presenze che nulla tolgono alla fruizione pubblica, anche se devono restare ferme le garanzie di mantenimento delle volumetrie e non deve essere approvata nessuna aggiuntiva concessione. Ricordo poi che l’obbiettivo non è solo il turismo balneare, ma soprattutto il recupero ambientale e funzionale dell’intero ambito di Baratti e Populonia, attraverso il miglioramento dei servizi esistenti.
Sarebbe invece interessante la creazione di un’adeguata foresteria, o l’ampliamento di quel poco che già esiste, da realizzarsi con materiali coerenti con l’ambiente e con i principi della bioarchitettura, legata alla fruizione del turismo archeologico e quindi concepita e gestita dall’ente Parchi, con costi d’accesso più sociali e punto d’accoglienza per eventuali campagne di ricerca e di scavo.
Infine mi preoccupa la porta d’accesso, in quanto deve essere un sito che, per le sue dimensioni, prevede attività tutto l’anno. Dunque è necessaria estrema attenzione verso una progettazione che non crei grandi aspettative se non quella di ottenere una zona filtro. Quello che invece si deve assolutamente evitare è la chiusura della strada d’accesso, dal momento che renderebbe Baratti un sito di fruizione esclusiva. Questo, ripeto, non può accadere: il percorso che condurrà alla definitiva approvazione del Piano Particolareggiato del Parco Archeologico di Baratti e Populonia deve essere fatto con la piena partecipazione dei piombinesi e, se necessario, anche attraverso una serie numerosa di incontri. Pare superfluo, ma mi sento di ricordare a quest’Amministrazione che Baratti siamo noi.
Riccardo Gelichi Consigliere Comunale PD
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SUVERETO: LA LISTA CIVICA E IL MEZZO INVASO DELLA GERA
I dubbi e le perplessita’ che avevamo espresso in sede di Commissione riguardo al progetto (un investimento di circa un milione d’euro di soldi pubblici) di completamento dell’invaso della Gera, si stanno trasformando in realta’.
Nei giorni scorsi abbiamo effettuato vari sopralluoghi per monitorare lo stato di avanzamento dei lavori e abbiamo constato il completamento dell’impermeabilizzazione dell’invaso e l’inizio della costruzione dello strappo dal fosso delle Gore per l’adduzione diretta.
Non essendoci grande dislivello tra il fosso e l’invaso, situazione oggetto di nostra osservazione al consorzio di bonifica oltre 9 mesi fa, la prima cosa che salta agli occhi e’ l’abbassamento del margine superiore.
In questo modo a lavori finiti l’invaso avra’ una capienza effettiva diminuita di oltre il 30% rispetto alla capacita’originale, e stiamo parlando di molti metri cubi d’acqua. Inoltre abbiamo rilevato che per molti giorni nell’invaso veniva pompata acqua da un pozzo artesiano all’interno del recinto dell’acquedotto comunale (vedi foto), e che attualmente continua il pompaggio sempre da pozzi artesiani di privati cittadini. Tutto cio’, indipendentemente dalle finalita’, ci ha lasciati molto perplessi, infatti abbiamo provveduto a fare un interrogazione al Sindaco a riguardo nel prossimo consiglio comunale. Pompare acqua di falda per riempire l’invaso crediamo sia nettamente in contrasto con la finalita’ iniziale -oltre che uno spreco di un bene prezioso- dell’invaso che doveva servire per raccogliere l’acqua di superficie allo scopo di rimpinguare, attraverso infiltrazioni, le falde stesse, visti i pericolosi fenomeni di subsidenza presenti nella zona.
Contestiamo questo progetto che muta di forma e destinazione all’invaso che, a detta del presidente del Consorzio di Bonifica, non servira’ piu’ per l’agricoltura ma sara’ un bacino polifunzionale. Anche su questo avremmo forti dubbi vista la presenza di varie linee ad alta tensione che sovrastano l’invaso e che renderanno molto difficoltose le manovre di elicotteri della Protezione Civile per lo spengimenti incendi.
La nostra domanda non si rivolge al Consorzio di Bonifico, che e’ mero esecutore delle opere, ma alla Provincia e alle scelte politiche che hanno autorizzato un progetto fallato e discutibile, senza un confronto pubblico cosa che avevamo richiesto in ottemperanza anche al capo II articolo 7 della legge regionale 69 del 27/12/2007 sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali del progetto approvato, coinvolgendo in modo particolare gli agricoltori delle zone interessate, mozione che e’ stata bocciata dall’Amministrazione.
In conclusione senza una seria programmazione ed uso dell’invaso il nuovo progetto sara’ soltanto l’ennesimo spreco di denaro pubblico.
Giuliano Parodi
Capogruppo Uniti per Suvereto
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VAL DI CORNIA: L’UNIONE DEI COMUNI E LE DIFFICOLTA’ DEI SINDACI SULLE POLITICHE DI AREA
La Val di Cornia ha urgente bisogno di un rilancio della sovracomunalità.
Conosciamo le vicende che recentemente hanno portato alla chiusura del Circondario e le aspettative di un nuovo assetto istituzionale con l’Unione dei Comuni annunciata dai sindaci e dal partito di maggioranza. Era stato indicato giugno come termine per la nascita dell’Unione e che nel frattempo le varie funzioni, prima associate, sarebbero state svolte attraverso convenzioni tra i comuni.
Purtroppo dell’Unione per ora non si intravede neanche la forma, mentre le funzioni amministrative prima svolte in forma associata sono tornate ai singoli comuni e si è persa la gestione di materie importanti come la formazione, il lavoro, l’ambiente e l’agricoltura, che sono ritornate alla Provincia. Così è arretrato anche il confronto e il dibattito intorno a queste problematiche sia con le altre istituzioni, come la Provincia e la Regione, che con la società civile.
Questo ritardo è preoccupante perché il riordino istituzionale a livello locale è non solo necessario ma ormai inderogabile e indispensabile per una gestione unitaria dell’area, concepita non solo come risparmio di risorse e razionalizzazione degli interventi, ma soprattutto come qualità delle politiche e come visione complessiva del governo del territorio.
Il Decreto 78/2010, convertito nella legge 122/2010 (manovra estiva Tremonti) ha ulteriormente complicato il quadro, obbligando i comuni al di sotto dei 5000 abitanti ad associare le funzioni fondamentali, tra cui quelle di gestione e controllo, di polizia locale, di istruzione pubblica, asili nido, assistenza, refezione e edilizia scolastica, di viabilità e trasporti, e soprattutto per le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente. Purtroppo siamo di fronte ad un sostanziale immobilismo: il Ministero avrebbe dovuto con decreto fissare i limiti demografici per associare le funzioni, cosa che non ha fatto; la Regione, con propria legge, previa concertazione con i comuni interessati dovrà individuare la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica ai fini dell’associazione dei comuni. A nostro avviso questo processo deve essere portato avanti in modo condiviso, decidendo le forme e i modi per coniugare il necessario governo di area con un più elevato grado di democrazia locale e di rappresentanza politica e sociale.
Che cosa intendono fare i comuni della Val di Cornia? Intanto la legge pone alcuni di loro (Suvereto e Sassetta) di fronte all’obbligo di associarsi e ciò chiama in causa anche gli altri, vista la lunga storia di coordinamento sovracomunale. Pur rappresentando un arretramento rispetto al Circondario in quanto esso gestiva anche materie di competenza provinciale, è necessario elaborare da subito una impostazione comune per gestire meglio questa nostra zona.
In un’ ottica di razionalizzazione della spesa pubblica ma soprattutto in quella di gestione di un territorio che faccia sistema, dal turismo all’economia, dalla pianificazione territoriale alla vita sociale, i nostri Comuni, che hanno sperimentato nel tempo significative forme di coordinamento, non possono restare fermi.
La capacità e la volontà dei Comuni più grandi, che dispongono di maggiori risorse e strumenti, di essere capofila di nuove esperienze amministrative richiede una riflessione ulteriore sul ruolo e sulle finalità che si vogliono conseguire. Su questi temi proponiamo l’apertura di un confronto tra istituzioni, forze politiche e società civile.
Essere parte di un territorio significa anche contribuire a scegliere.
Democrazia e Territorio
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PER L’AMBIENTE NON C’E’ BISOGNO DI UN OBAMA BIANCO
Tra le vittime -diciamo così- del gran sfarfallio polemico di dichiarazioni, interviste, documenti, in cui si sbadiglia tra rottamazioni a autocandidature
metterei l’ambiente che tra inquinamenti spaventosi del mare come dell’aria, alluvioni e disastri vari che consumano e distruggono territorio e paesaggio non se l’è mai vista così brutta.
L’ambiente, insomma, che Obama -quello vero e ‘abbronzato’ e non quello bianco che qualcuno aspetta- sta cercando di fronteggiare ingranando nuove marce politico-culturali come con fatica sta cercando di fare almeno parte dell’Europa.
Noi no. E’ vero, abbiamo avuto anche i nostri ministri ombra, abbiamo ancora (così sembra) gli ecodem, ma tutto si può dire tranne che questo sia il tema che appassiona e impegna seriamente i nostri protagonisti litigiosi e sempre pronti ad autocandidarsi..
E’ vero che abbiamo anche qualche addetto alla ‘greeneconomy’ e anche qualche responsabile magari regionale che ogni tanto si fa vivo con qualche dichiarazione che si poteva tranquillamente risparmiare, ma il tutto finora è parso e pare poco più d’una mera etichetta che non può nascondere un dato di fondo e cioè che quello che ancora non appare per niente chiaro è che economia e ambiente ormai costituiscono non due aspetti e terreni separati o separabili. Così come non si può parlare di nuova politica ambientale a ‘prescindere’ dal ‘governo del territorio’ ossia da una vera riforma dello stato secondo il dettato costituzionale ( il nuovo titolo V del 2001) e non secondo il verbo leghista e i tanti documenti in circolazione che di chiaro hanno solo un ulteriore accentramento dei poteri a danno di regioni, comuni e province. Qualche articolo di Claudio Martini su l’Unità ha toccato questa questione ma siamo lontani da una posizione ‘nazionale’ chiara e forte che aiuti i soggetti istituzionali regionali e locali oggi con l’acqua alla gola a giocare una partita in cui le carte le stanno ancora dando e male gli altri.
Prendiamo una questione che rientra alla grande in quella greeneconomy a cui abbiamo fatto riferimento e che è particolarmente impegnata sul fronte delle energie rinnovabili. L’eolico nel giro di poco tempo ha interessato e sta interessando 7000 comuni ossia una percentuale altissima dal nord al sud. Comuni contigui prevedono però pale diverse e così via. Il tutto andrebbe pianificato anche perché le pale non possono essere disseminate come i funghi per ragioni di paesaggio e non solo. Tremonti ha detto che l’eolico è veicolo solo di malaffare (aveva evidentemente presente la Sardegna) ed è illusorio, insomma ‘mulini a vento’. E se altri paesi lo fanno e bene chi se ne frega. Ma per pianificare e evitare insediamenti sbagliati e magari controllati dalla mafia o dalla camorra occorrono piani sovracomunali e regionali che però -come ha detto la Corte costituzionale- richiedono una legge nazionale che non c’è.
Il discorso non cambia molto con le biomasse che potrebbero risultare sconvolgenti per l’agricoltura, i trasporti etc se non gestite secondo progetti dimensionati su scale accettabili. Idem con il fotovoltaico che può a sua volta e pesantemente danneggiare l’agricoltura se non gestito nell’ambito di politiche che oggi debbono misurarsi non solo con la dimensione nazionale ma anche europea. Qui il legame economia-ambiente è di tutta evidenza. E lo ancor più nella sua drammaticità se passiamo alla tutela del suolo, ai disastri quasi sempre annunciati sebbene il tutto sia regolatato da una legge molto importante come la 183 in parte però lesionata qualche anno fa nel silenzio pressoché generale e soprattutto non finanziata e lasciata nelle mani della protezione civile che però interviene appunto -come il soccorso di Pisa- dopo, a disastro avvenuto. La messa in sicurezza dei nostri territori contro le alluvioni che richiedono piani come ci ha ricordato anche recentemente un provvedimento comunitario, che siano in grado di fronteggiare con competenza e conoscenza scientifica esondazioni, gestione dei territori boscati, tutela della fauna e della flora richiedono lavori, spesa pubblica ossia l’esatto contrario di quella cementificazione che piace tanto e che sta mettendo in crisi la gestione dei parchi come del paesaggio.
Qualcuno ha fatto il conto di quanto è costato e non soltanto in vite umane il mancato finanziamento di certi interventi in più d’un caso regolarmente progettati? Eppure c’è chi si accanisce sul costo di un gettone per un consigliere magari di un parco.
E qui si tocca una questione di fondo che finora -va detto senza tanti giri di parole- non è emersa con la chiarezza necessaria e cioè che non solo ambiente ed economia sono due facce della stessa medaglia, ma che come tali richiedono una gestione -appunto quel governo del territorio restato finora lettera morta- integrata nelle materie e nei livelli istituzionali a partire da quello nazionale oggi più importante di ieri per le sue connessioni comunitarie. Governo del territorio che implica e richiede -bisogna non stancarsi di ripeterlo- un impegno concorrente tra stato, regioni e autonomie locali e non una architettura di tipo leghista dove ognuno opera separato e magari in competizione con l’altro; il nord contro il sud etc. Se in passato l’accento riguardo al tipo di federalismo italiano è stato posto sulla ripartizione delle competenze e materie che raramente poi ha trovato in sede nazionale le sedi e gli strumenti adeguati dove per le intese –come è stato detto dalla Corte- non deve valere il ‘principio di prevalenza’ della stato ma quello ‘concorrente’ con tutti gli altri soggetti, oggi . questo principio significa ‘leale collaborazione istituzionale’ che è anche la condizione essenziale per sedere da pari a pari al tavolo europeo. Oggi questa prospettiva che ha poco a che fare la spartizione dei pani e dei pesci leghista è pregiudicata anche dalle incertezze che gravano praticamente su tutti ruoli istituzionali. I comuni che dovrebbero essere un punto di riferimento essenziale sono con l’acqua alla gola e la sempre richiesta maggiore capacità di collaborazione specie per i più piccoli è resa problematica vuoi dalla sorte delle comunità montane, vuoi dal ruolo traballante e sempre a ‘rischio’ delle province che le induce anche a sortite poco autonomiste, a cui si aggiunge –e non è poco- che la crisi dei bacini ( distretti) idrografici e dei parchi riduce la loro possibilità di accedere al governo di politiche ambientali dalle quali altrimenti sarebbero di fatto tagliate fuori; si pensi ai piani di bacino e dei parchi. Da queste necessariamente sommarie considerazioni si può cogliere un altro aspetto che anche in Toscana non è stato ben gestito in questi anni ossia che la filiera istituzionale, quella che dovrebbe gestire da noi il PIT che aspetta di essere seriamente rivisto non può articolarsi efficacemente se considera soggetti di programmazione solo gli enti elettivi. Una filiera che in Europa non segue più nessuno perché la globalizzazione tra le tante altre cose ha cambiato la scala dimensionale dei problemi non più riconducibili -specie quelli ambientali- ai confini amministrativi. Se c’è qualcosa insomma da rottamare e non soltanto in Toscana sono vecchie impostazioni che fanno acqua da tutte le parti come si è potuto vedere anche negli ultimi anni.
Renzo Moschini