LETTERE AL CORRIERE ETRUSCO DEL 27 SETTEMBRE 2010

Nuovo appuntamento con le lettere al Corriere Etrusco. Aumenta il numero dei lettori che scrivono al nostro giornale, segno che questa nuova rubrica é stata bene accolta dai nostri lettori. Si prega però sempre di lasciare alla fine del messaggio un numero di telefono da chiamare per ulteriori approfondimenti. Le lettere anonime non vengono mai pubblicate.

COMITATO “ GIU’ LE MANI” DA BARATTI: SALVIAMO BARATTI

Valorizzazione, riqualificazione, razionalizzazione. Sono parole dietro le quali in questi anni è passata la devastazione del territorio di gran parte del nostro paese, Val di Cornia compresa. Quando si parla di “valorizzazione” l’esperienza ci porta alle narici un inconfondibile odore di cemento. La “riqualificazione” in genere consiste nel togliere di mezzo pezzi di storia e di cultura e di società: la piccola nautica di San Vincenzo divorata dai mega yacht dei ricchi nel nuovo superporto privato, il glorioso altoforno di Piombino demolito come un ferrovecchio, le case che spuntano ovunque a costi esorbitanti e scaricano intere famiglie in luoghi dove la rendita fondiaria è meno odiosa, l’agricoltura in via di espulsione da Rimigliano per fare posto alle villozze con spiaggia riservata come quella che, forse all’insaputa degli amministratori piombinesi, viene pubblicizzata sul sito del resort Poggio All’agnello. Dove sarà questa spiaggia? Se non è a Rimini è molto probabile che sia a Baratti.

Il termine “razionalizzare”, poi, è un capolavoro di ipocrisia. Non c’è niente di più razionale del paesaggio costruito nei secoli dalla laboriosa azione della natura e dell’uomo. La Toscana è un esempio meraviglioso di quanto sia razionale perfino il singolo albero in mezzo a un campo di spinaci. E Baratti è una specie di “summa” di questa storia millenaria. Perciò non lasciamoci inebriare dalla finta sorpresa di chi dice che Baratti non è in pericolo, che sarà data solo un’aggiustatina di qua e un’imbiancatina di là. E che sono mai 10 alloggi di lusso al Casone? La Torre poi si “riqualifica” mettendoci una dozzina turisti facoltosi.

E così con una ventina di agiati ospiti fissi in più e una poderosa sbarra all’ingresso eliminiamo anche il turismo mordi e fuggi, come lo chiama qualcuno con evidente disprezzo per chi magari non può permettersi più lunghe vacanze e affitti esorbitanti, dimenticando che Baratti è un punto dove si raccoglie un turismo tutt’altro che occasionale proveniente dagli alberghi e dai residence dei paesi vicini, dagli agriturismi e dalle tante residenze private affittate alla settimana. Ecco perché bisognerebbe riflettere sulle trasformazioni strutturali avvenute in questi ultimi anni nel modo di vivere la vacanza da parte di tante famiglie. Lo so che è faticoso, ma un piccolo sforzo di ragionamento e qualche occhiatina al resto del mondo aiuterebbe chi ci amministra a capire quale turismo occorre sviluppare, con quali servizi e quali strutture.

Non solo a Baratti. E allora, perché l’antico Casone e la Torre del quattrocento non potrebbero essere destinati ad usi diversi dal solito monotono uso privatistico? Perché non un ostello della gioventù? Perché non una foresteria al servizio del sito archeologico? Perché non un centro per anziani? Siamo quasi certi che qualcuno dei tanti sapienti che ci governano, sorrideranno di fronte a queste idee strampalate di un gruppo di cittadini sprovveduti che non hanno capito cosa significa razionalizzare, riqualificare e valorizzare. Allora, visto che ci siamo, vogliamo proprio sprofondare nel ridicolo introducendo un termine molto più audace. È una parola pericolosa al mondo d’oggi. Ma è la parola chiave di Baratti, quella che viene prima di ogni altra, quella che dovrebbe far riflettere chi ha a cuore la cosa pubblica prima del pur legittimo interesse privato. Sapete cos’è che fa di Baratti un luogo speciale?

Sapete perché la gente si emoziona quando si affaccia sul golfo? Lo sapete perché il Gruppo Facebook “Giù le mani da Baratti” in pochi giorni ha superato le 2000 adesioni e ci scrivono da tutta Italia pregandoci di fare qualcosa per evitare che Baratti venga snaturata? Perché Baratti è autentica. Perché Baratti ci fa sentire che in questo mondo è possibile scampare alla foga divoratrice del consumismo. Perché Baratti non è ancora valore di scambio. Non sono molti i luoghi della terra che riescono a ricordarci con tale irresistibile delicatezza e tanto inspiegabile fascino la nostra profonda ed effimera umanità il valore delle cose non monetizzabili in un volgare prezzo al metro quadrato. Noi è questa autenticità che vogliamo difendere perché sentiamo che ci appartiene e che non può e non deve essere violata in nessun modo. Baratti ha solo bisogno di essere mantenuta, preservata e a disposizione della collettività, con tutto il rispetto che merita un luogo così bello e vero. Cosa che non è affatto garantita dal Piano del Comune di Piombino con le sue numerose ambiguità, le scelte sbagliate, il tentativo nemmeno troppo velato di trasformare Baratti in un luogo per pochi, meno accessibile, e finalmente omologato e mercificato, pardon… valorizzato.

IL COMITATO “GIU’ LE MANI DA BARATTI”

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UDC: OMICIDI DI SERIE A, E OMICIDI DI SERIE B

In un carcere statunitense della Virginia Teresa Lewis è stata uccisa dal boia per una condanna a morte inflitta da un tribunale di quello Stato.

L’America, quella con la A maiuscola, quella sviluppata e ricca, ha una giustizia che ancora oggi contempla la pena capitale, al pari di paesi con sistemi che non hanno nulla a che vedere con i valori della democrazia.

Ebbene sì, nel paese a stelle e strisce, con il Presidente insignito con il premio Nobel per la Pace,  si muore per decisione di un Giudice e per la fermezza di un Governatore a non concedere la grazia, solo perché forse potrebbe perdere i voti di quei cittadini favorevoli alla pena di morte.

Noi lo diciamo ad alta voce che Bob Mcdonnell, Governatore della Virginia, si è macchiato dello stesso crimine per cui Teresa Lewis è stata condannata e tutto ciò è avvenuto nel silenzio più assoluto del mondo intero.

Nessuna protesta in merito, nessun gesto eclatante, solo 30 persone fuori dal carcere dove è stata eseguita la sentenza hanno manifestato per protestare contro l’omicidio di Stato perpetrato da un tribunale di un paese “civile” come gli Stati Uniti.

La nostra condanna a questo atroce delitto è la stessa che abbiamo espresso contro il Governo iraniano per la vicenda di Sakineh, la vita umana è inviolabile senza eccezione alcuna.

Luigi Coppola

Coordinatore provinciale UDC Livorno

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AVVIARE UNA RIFLESSIONE AMPIA SUL FUTURO DELLA SINISTRA E DEL PD

L’Italia vive una vera e propria emergenza democratica. La crisi del centro destra non è né contingente né personalistica. E’ una crisi strutturale. Il progressivo scivolare verso l’esigenza berlusconiana di una democrazia autoritaria ha aperto nel centro destra contraddizioni sollecitando una parte di essa a lavorare per una destra di tipo europeo, sostanzialmente rispettosa delle regole democratiche e della legalità, così che anche l’Italia diventi un normale Paese dell’Europa.

Al di la delle toppe che potranno provvisoriamente essere cucite, o di eventuali governi di transizione per fare poche cose in tempi stretti, la possibilità di elezioni più o meno anticipate è evidente a tutti. La posta in gioco non sarebbe solo un nuovo governo, ma un processo di ripristino politico e culturale di democrazia e legalità in quadro europeo.  Bisogna imboccare questa strada.

Perciò in questo memento si rende indispensabile soprattutto per le forze di sinistra variamente intese e per gli uomini di sinistra diversamente collocati, anche demotivati, una franca riflessione. E’ quello che vogliamo cercare di proporre noi, un gruppo di militanti ed elettori di sinistra, nella speranza che ciò possa sollevare interesse e suscitare adesioni.

Le vicende del PD, lo stillicidio dei suoi abbandoni anche da chi aveva caldamente sostenuto la sua nascita, le incertezze a perseguire una forte opposizione di governo sottraendosi a demagogia e populismo, l’insufficienza dei suoi risultati elettorali, confermano la giustezza della lunga battaglia sostenuta per impedire lo scioglimento dei DS e rilanciarne una funzione rinnovata, non inquinata da una cultura neoliberista.

D’altra parte il tentativo compiuto per costruire un soggetto di sinistra a due cifre, capace di interloquire e condizionare positivamente il PD e un nuovo centro sinistra è chiaramente fallito. Le ripetute prove avute a disposizione, hanno tutte dato risultati gravemente insufficienti. Con la massima sincerità affermiamo di non nutrire alcuna fiducia nella nascita di un ennesimo partitino di sinistra. Ci appare come la  reiterazione di un errore antico quanto la sinistra stessa. Un avvitamento su se stesso del fallimento.  Almeno così è stato fin’ora. Anche l’autosufficienza del PD è stata un fallimento che ha aperto una battaglia interna ed una correzione di rotta.

Cosa fare? Se si escludono l’opzione del ritiro a vita privata o dell’esaltarci della totale libertà di pensiero magari dentro liste civiche locali che non incidono minimamente nella situazione nazionale, potremmo avventurarci nella riflessione più difficile e sofferta: esistono le condizioni minime per aderire al Pd, oggi, non ieri,  principale partito di opposizione, contenitore di tanta parte della storia, della cultura, della gente che hanno innervato a lungo la nostra esistenza, contribuendo alla discussione e alla sua vita interna?

E’ una domanda che poniamo a noi stessi ma anche al PD ai suoi vari livelli organizzativi e decisionali mentre si appresta alla fase congressuale di questo autunno, e che, in estrema sintesi, si può riassumere in quattro questioni fondamentali:

1) La rinuncia esplicita all’autosufficienza e la decisione convinta che è essenziale rilanciare un centro sinistra rinnovato, omogeneo, di governo, intenzionato, cioè, a sopportare il peso del rilancio del Paese sulle spalle parlando chiaro alla gente per indicare la prospettiva di cambiamento e le scelte programmatiche immediate e di medio periodo per raggiungerla. La lettera di Bersani a Repubblica sulla necessità di un nuovo ulivo è di sicuro interesse.

2) La critica senza se e senza ma verso le suggestioni liberiste, per affermare una funzione dello Stato non subalterna alla spontaneità del mercato e delle lobby finanziarie, per combattere la depredazione del lavoro e delle risorse naturali, per affermare la priorità di un lavoro fatto di diritti, qualità, retribuzioni adeguate, e di scelte per una progressiva riconversione ecologica dell’economia.

3) La convinzione esplicita di non considerarsi un partito compiuto, ma un cantiere aperto volto a perseguire i processi possibili di ricomposizione degli individui e delle forze di sinistra e progressiste, laiche e cattoliche, diffuse, spesso marginalizzate o disperse; un cantiere aperto come strumento di ulteriore rinnovamento e adeguamento di se stesso ai compiti che ci sono posti dal Paese.

4) Il rifiuto di un partito inteso come gruppi elettorali dormienti che si scuotono quando ci sono elezioni primarie, o politiche o amministrative, e la riconferma di una idea di partito -per quanto complesso ciò possa essere nell’Italia contemporanea- che sprona a fare il possibile e l’impossibile per cercare di radicarsi sempre più, o nuovamente, nei territori e nei luoghi di lavoro e di formazione della conoscenza.

Un gruppo di militanti ed elettori di Sinistra

Piombino – Val di Cornia – Isola d’Elba

6 settembre 2010

Firmato: Nivio Barsotti, Gabriele Campinoti, Franco Carmignani, Giorgio Cascione, Daria Cazzuola, Leonardo Cherchi, Walter Cipollini, Danilo Corbo, Livia De Montis, Sergio Fantin, Ernesto Fedi, Walter Gemelli, Andrea Gianfaldoni, Luciano Giannini,  Mario Giannullo, Gianfranco Gilardetti (Ringo),  Salvatore Insalaco,  Raffaele Mezzacapo,  Stelio Montomoli, Gianpaolo Nesi,  Giovanni Piazza, Franco Ragnini, Romolo Ricci, Enzo Scalabrini, Piero Tagliani.

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E’ BENE CORRERE AI RIPARI SULLA CRIMINALITA’

Ancora episodi spiacevoli di cui la nostra città è protagonista, in particolar modo la rapina al Call Center in Corso Italia ci preoccupa profondamente,perché colpisce il centro città, ossia un’area che dovrebbe essere più sotto controllo in quanto le sedi delle forze dell’ordine sono limitrofi

La gravità di quello che è successo alla Botteghina di Riotorto è senza dubbio estremamente rilevante, soprattutto per i colpi esplosi e per il ferimento del proprietario del locale, situazioni di questo tipo non sono all’ordine del giorno nel nostro territorio, ma per ovvi motivi di ubicazione le zone periferiche vicine ad arterie stradali sono meno controllabili.

Non dobbiamo creare inutili allarmismi, allo stesso tempo non dobbiamo far finta di niente, la situazione non è così preoccupante come in altre realtà italiane, ma abbiamo il dovere di mantenere alta la guardia, non possiamo archiviare tutto facendo finta che siano solo fenomeni sporadici.

Dobbiamo capire se la metamorfosi che la città ha subito negli anni, sia sotto il profilo demografico che economico, possa aver influito negativamente creando sacche di potenziale microcriminalità.

E’ opportuno sgombrare il campo da strumentalizzazioni inutili e prive di fondamento in riferimento all’aumento della presenza di stranieri, poiché questi fenomeni sono trasversali e riguardano tutti, i buoni ed i cattivi sono ovunque, ma abbiamo il dovere di prendere atto di quello che sta succedendo.

A nostro avviso serve un’ analisi attenta ed interventi mirati, l’istituzione di un osservatorio comprensoriale, sotto l’egida della conferenza dei Sindaci, potrebbe essere uno strumento utile da affiancare agli organi di Pubblica Sicurezza in Val di Cornia.

Già in altre realtà hanno fatto tentativi simili, fra l’altro con il decreto n. 92 del 23 maggio 2008 sono stati affidati poteri specifici ai Sindaci, anche se non sono stati stanziati finanziamenti adeguati, che hanno avuto un esito positivo.

E’ opportuno capire cosa stia succedendo nella nostra società e tentare di prevenire fenomeni che ad oggi sono sporadici, ma proprio per evitare che la situazioni si modifichi è bene correre ai ripari al più presto.

Luigi Coppola

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TRE SEMPLICI IDEE CHE POSSONO CAMBIARE IL VOLTO DI VENTURINA

Ancora case e capannoni sparsi a Venturina, più di quelli che servono, e senza idee per  una nuova identità di un paese che più è cresciuto, più è diventato un dormitorio senza luoghi di aggregazione sociale. Questo il giudizio di CdC che, con le osservazioni, ha proposto un modo alternativo di concepire il Regolamento Urbanistico, ponendo al primo posto proprio il tema di come dare una nuova identità a Venturina.

Tre le proposte portanti.

1. La riconversione delle strade, su cui storicamente è cresciuta Venturina, in viali urbani alberati, dove devono trovare collocazione servizi pubblici, commercio di qualità, spazi di relazione sociale, piste ciclabili. Le vie da riconvertire sono tutta la via Aurelia (dalle terme di Caldana fino a Pantalla), via D. Alighieri, Via Cerrini e il nuovo asse di Viale del Popolo e Viale dell’aeroporto.

2. L’individuazione di quartieri lungo i viali urbani, tra quelli più vecchi e degradati, in cui consentire ristrutturazioni e incrementi volumetrici per favorire la sostituzione di edilizia di bassa qualità con nuova edilizia, liberando spazi ai piano terra da destinare alle relazioni sociali.

3. La creazione di un “parco verde continuo” intorno all’abitato di Venturina, ricongiungendo tra di loro le aree verdi del parco termale di Caldana con quelle dei laghetti di Tufaia, dell’ex campo d’aviazione, delle Coltie, di Pantalla, della Monaca, delle scuole Altobelli,  fino alla zona sportiva e al Calidario: un sistema di aree verdi attrezzato con piste ciclabili, pubblici esercizi, servizi per il tempo libero, lo sport non agonistico e lo svago, capace di dare un volto e un’identità al paese.

Il Regolamento adottato dal Comune, invece, fa un ragionamento opposto. Dissemina   case intorno ai laghetti di Tufaia e nelle aree verdi sotto il centro commerciale Coop,  satura le residue aree libere di Pantalla con palazzi di sei piani, e così via. Non contiene nessuna idea per la riconversione delle strade in viali e nessuna seria proposta per il rinnovo edilizio dei vecchi quartieri.  Se non sarà corretto, con questo regolamento per Venturina avremo ancora espansione edilizia senza qualità urbana.

Comune dei Cittadini

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A PROPOSITO DEL CONVEGNO DEL 25 SETTEMBRE ALLA PRESENZA DELL’ASSESSORE MARSON

Pensano ai convegni mentre la barca affonda. Evidentemente per i nostri amministratori conta più l’immagine del contenuto. Il Comune di Piombino ha organizzato per il 25 settembre un convegno sul governo del territorio tra bisogni e partecipazione, una parata di interventi per dire come sono stati bravi.

Intanto il piano regolatore iniziato nel 2004 non è stato ancora approvato, non riuscendo nemmeno ad adottare il regolamento urbanistico come hanno fatto i comuni di Campiglia e Suvereto. Per farlo i tre comuni hanno speso finora – secondo i dati dichiarati dall’ex presidente del circondario Pioli – più di un milione e mezzo di euro in incarichi e consulenze.

Intanto su Baratti è nato un movimento al quale non si può rispondere solo con i convegni. Intanto è miseramente fallita l’operazione dei fanghi di Bagnoli, così come quella di Città antica; di Città futura non si sente più parlare, dopo che si è fatta una variante inutile;  la strada 398 fino al porto non parte.

Intanto si scopre dai giornali che nel bilancio del comune di Piombino mancano tre milioni di euro. Intanto non è partito alcun progetto per difendere la costa dall’erosione. La situazione industriale è tragica ed il polo siderurgico piombinese rischia la chiusura a cominciare dalla ex Magona.

E qui si fanno i convegni per dire quanto siamo bravi, spendendo altri soldi pubblici per curare l’immagine di un sindaco. Appena due anni fa hanno negato un referendum richiesto da 5000 cittadini e hanno il coraggio di parlare di partecipazione. Si approvi alla svelta il Regolamento urbanistico, invece di fare operazioni di facciata che nascondono la sostanziale inconcludenza politica di questa amministrazione comunale.

Circolo PRC V. Corallini Piombino

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ALTRO CHE FEDERALISMO…

Mentre il discorso sul federalismo arranca sul  mistero dei costi c’è un dietro le quinte che sconcerta ancor più e che non può essere assolutamente passato sotto silenzio. In questi giorni il parlamento sta discutendo con scadenza prossima il nuovo testo approvato dal Consiglio dei ministri sul sostegno ai piccoli comuni sotto i 5000 abitanti e alla loro aggregazione. Un tema antico e sempreverde di cui si è tornati a parlare -per restare in Toscana- anche all’Elba e in Val d’Orcia.  La  nuova proposta riguardante la Carta delle autonomie di cui  gli interessati non  sono stati coinvolti  dà bene l’idea della confusione esistente.

Ma veniamo al merito che riserva sconcertanti sorprese. All’art 4 viene detto che ‘Sato, Regioni, Province, unioni di comuni, comunità montane e enti parco assicurano ai comuni  l’efficienza e la qualità dei servizi essenziali con particolare riferimento all’ambiente, alla protezione civile, all’istruzione, alla sanità etc etc ‘. L’elenco come si vede comprende le comunità montane che lo stato ha già liquidato passando la palla alle regioni; in che modo potranno aiutare i piccoli comuni? Ma il bello riguarda gli enti parco quindi anche quelli regionali che Calderoli alla chetichella -come si ricorderà- aveva pensato di abrogare e poi altrettanto velocemente rinunciarvi anche se, ad esempio, l’ultimo documento della regione Toscana su tagli e funzioni non lo ha ancora registrato. Dunque i parchi nazionali a cui sono stati dimezzati i fondi e quelli regionali che specie in molte regioni non se la passano meglio dovrebbero farsi carico di una filza di attività e servizi che con quelle del parco c’entrano quanto il cavolo a merenda. Singolare no? Prima dicono che i parchi vanno abrogati  o appena tollerati e se vogliono tirare a campare devono cercarsi i soldi  e poi gli scaricano sul groppone tutto questo ben di Dio. Ma chi siede nella sala macchine del governo? Chi scrive queste stupidaggini che poi il consiglio dei ministri approva tranquillamente?

Possibile che dopo tanti anni non si sia ancora capito che i parchi dove funzionano e possono funzionare sono il soggetto che fornisce il massimo aiuto a quella collaborazione tra comuni specie piccoli che questa nuova e assurda proposta di certo non aiuterà. Ma davvero si pensa che dopo le mazzolate date a regioni, province, comunità montane e parchi queste possano farsi carico di queste sballate proposte? Anche per questo sarebbe bene almeno in Toscana riprendere  il discorso sul ruolo dei parchi in rapporto proprio a quelle politiche di programmazione regionale che vanno rapidamente riviste e aggiornate.

Renzo Moschini

Scritto da il 27.9.2010. Registrato sotto Lettere, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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