VITE PARALLELE: UN LIBRO SULLE PERSONE “MENO FORTUNATE”
“Vite parallele” è un esempio di come la passione possa contribuire a cambiare la nostra mentalità verso il mondo dell’handicap considerato sempre terra di “frontiera” adatta solo a pochi e forti individui che non hanno nulla da perdere. Denis Biondi, in questo libro dimostra, capitolo per capitolo, che la costruzione di un nuovo mondo è possibile purché ognuno si faccia umile e aperto verso l’altro che è solo diverso ma non “differente” da noi.
Siamo tutti figli dello stesso Padre o di Madre Natura come qualcuno preferisce chiamarla, e perciò con gli stessi sentimenti e le stesse aspettative di vita. Grazie ad operatori illuminati ed aperti al confronto e alle novità anche il mondo dell’handicap può aspirare alla sua “emancipazione” e ad una vita “creativa” e degna di essere vissuta . Facciamo quindi alcune domande a Denis per approfondire questo complesso argomento, invitando tutti a leggere il suo libro.
Perché un libro sull’Handicap? Quali esperienze hai appreso della vita di questi “meno fortunati”?
Il parallelismo che contraddistingue la normale crescita di una persona da un’altra “meno fortunata”, sta nel fatto che entrambe devono intraprendere un cammino di adattamento all’ambiente diverso… ma parallelo negli obiettivi e nelle strategie! È questa la grande scoperta “scientifica” che ho fatto nei miei vent’anni anni di esperienza! La persona “meno fortunata”, handicappata (per contestualizzare) si riprogramma non sono solo le azioni ma anche le relazioni, gli affetti, il lavoro, la rete delle persone che ha vicino, la famiglia, gli amici, …gli operatori, se essa è inserita in un percorso educativo e assistenziale. Essa subisce tutta una serie di soppressioni e di condizionamenti che inevitabilmente la inducono a rivedere il suo adattamento a questo mondo, sviluppando azioni e comportamenti paralleli a quelli normali quindi, come dicevo, diversi. Ed è questa diversità che allontana ancora di più la persona handicappata dalla cosiddetta normalità; paradossalmente, non siamo noi “normali” a compiere azioni di adeguamento ma sono loro che devono inventarsi nuove strategie di sopravvivenza. È importante ascoltare le famiglie, ma ascoltarle sul serio; loro e solo loro, vivono i percorsi evolutivi di adattamento del loro familiare.
Quale è quindi il ruolo della Famiglia e degli educatori?
“La prima nostra equipe deve essere proprio la famiglia”. Ciò che mi interessa specificare è che spesso, troppo spesso, la disabilità viene creata proprio da noi “ normali” e ciò non è un paradosso! Ma è verità. Un buon operatore si vede proprio se è capace di elaborare un piano educativo finalizzato a far emergere o a fornire all’utente strategie di relazione funzionali che diventano degli accettabili compromessi tra la realtà dell’operatore e quella parallela della persona che ha in carico.