«RICETTE CORSARE», PER NON NAUFRAGARE IN CUCINA – 84

Ottantaquattresimo appuntamento con la rubrica di cucina del Corriere degli Etruschi «Ricette Corsare» curata con passione dal nostro esperto Emilio Guardavilla. La rubrica presenta ogni settimana alcuni aneddoti tratti dalla vita dell’autore e un menù completo tutto da gustare.

RICETTE CORSARE


Rubrica di intuizioni culinarie e percorsi introspettivi per non naufragare in cucina. A cura di Emilio Guardavilla.

 

Ho lasciato quel porto dell’Asia un mattino che sembrava un pomeriggio, un tardo pomeriggio. Era settembre, appena iniziato. A dire il vero per tutto il mio periodo di permanenza in quel posto la distinzione fra mattino e pomeriggio non l’avevo mai percepita a pieno se non per i segnali impartiti dal mio organismo giovane ed esigente. Dall’alba al tramonto la luce uniformava il mondo e le sue cose in un colore opaco capace di sfumare la loro terza dimensione; esseri viventi compresi. Appoggiato alla balaustra del ponte calpestabile più alto della nave osservavo il quadro senza cornice di un porto, del centro abitato cresciutogli ai margini e dei rilievi che proteggevano entrambi dagli sgarbi stagionali del vento. Spostando lo sguardo su piani cartesiani in successione esaminavo i contorni delle colline prive di profondità, delle costruzioni ad esse sovrapposte e del mare che senza sussultare riempiva la parte inferiore della tela. L’ho fissato più volte, da est a ovest e da ovest a est, con i gomiti puntati sul capo di banda e con il mento intrappolato nella mano che mi lisciava una barba di troppe ore prima; neanche le virate della nave, lente ma di un numero efficace di gradi, sono riuscite a mostrarmi il ricordo che avrei voluto rubare alla mia prima volta nell’oceano. Ogni miglio, ogni qualche minuto dilatato dal silenzio, ho cambiato gomito, mano e guancia. Il contropelo non è mai stata una procedura agevole per me. L’oceano mi è sembrato subito un amico non troppo affidabile, ma sincero nell’estetica e nelle movenze. Ha accolto la scia della nave con un’indifferenza superiore. L’ha lasciata galleggiare il minimo indispensabile per farsi apprezzare dalla corrente e poi annullata dalle sue braccia onnipresenti.


333) Carpaccio di polpo Far East

Categoria: antipasto

Ingredienti: polpo – riso venere – pomodori maturi – aromi per la cottura e non – gelatina alimentare.

Preparazione: lessa il polpo con cipolla, carota, sedano e alloro. Contemporaneamente, stesso trattamento per il riso venere. Alla fine delle operazioni, una volta raffreddati a dovere, riponi in frigo i rispettivi contenitori in modo da poterti dedicare anima e cuore alla gelatina di pomodoro. Lo farai tritando finemente aglio, basilico, prezzemolo, salvia, rosmarino e peperoncino. Poi ammolla la gelatina in acqua fredda e quindi passa il pomodoro come sai fare solo te. Ora riscalda una parte di passato, scioglici la gelatina ben strizzata e aggiungi la restante. Mescola bene e regola di sale se necessario. Completa la situazione aromatizzando a piacere e distribuendo il materiale in pirottini adeguati al raffreddamento di almeno tre ore. Affetta il polpo nella maniera più sottile che ti sia possibile, condisci con un filo di olio e servi con il riso venere e le gelatine di pomodoro.

Punto esclamativo: meglio sarebbe lessare il riso il giorno prima dell’happening.

Valore aggiunto: “meglio sarebbe se non ti avessi amato …”. Una testo mica da ridere.

Il mio primo oceano è cominciato con una manovra di partenza lunga e tortuosa. Macchinosa. I movimenti della nave non potevano essere sincronizzati con l’impazienza di una giovane mente la cui rotta spedita prevedeva solo su linee rette e dolci accostate; per vedere, quanto prima, quello che c’era da vedere. Difficile sopportare i tempi morti dettati dalle autorità preposte, le procedure, i riti, le formalità delle autorizzazioni. Impossibile concepire le logiche dinamiche di quarantamila tonnellate di ferro che galleggiano sotto piedi abituati a camminare altrove. Intollerabile l’atteggiamento di chi ha conformato i suoi tempi a quelli di stazze con molti zeri. L’uscita dal porto mi è sembrata un’era geologica in cui si sono evolute molte specie animali. Nel frattempo in plancia si degustava un caffè altrettanto lungo ed insapore, di certo intercalato da ordini e disposizioni in un  inglese personalizzato come un abito da sposa. Molti numeri, molte sigle, altrettanti “Yes, Sir”. A voce sommessa preghiere in lingue diverse, forse rivolte allo stesso destinatario, forse solo al mare. Qualcuno ha pregato anche se stesso; affinché non commettesse gli errori dell’ultima volta con il suo dio, con il mare o con se stesso. C’era anche il calendario con i giorni di viaggio già cerchiati di rosso, un rosso scuro, come gli occhi della maggior parte di quelli all’erta da prima del sole. Il sole di una giornata voluta e rimandata più volte da bollettini meteo, scaramanzie e forze maggiori senza nome proprio di persona. Una giornata che quando è arrivata era già sera per tutti. L’ammainabandiera è durato il tempo di una sigaretta senza filtro fumata dal vento.


334) Cannelloni Blue Kisses

Categoria: primo piatto

Ingredienti: ingredienti per la sfoglia – seppie – broccoletti – acciughe – ricotta – aglio – peperoncino – olio d’oliva.

Preparazione: impasta la sfoglia con tutto l’occorrente e lasciala riposare almeno un’ora. Un’ora sola ti vorrei. Pulisci i broccoli e tagliali a pezzettini; falli andare in padella con un filo d’olio, aglio e acciughe e alla via così finché non sono teneri al punto giusto. Falli raffreddare e frullali nel mixer con ricotta, pepe di sicuro, sale dipende da te. Tira la sfoglia e ricava dei rettangoli le cui dimensioni aggradino il tuo senso estetico e riempili con il composto appena preparato. Ora inforna per una decina di minuti a 200 gradoni. A questo punto è il caso di dedicarsi alla seppia: dopo averla pulita ossequiosamente taglierai il corpo vero e proprio a strisce longitudinali di un paio di centimetri e lo farai rosolare in padella, insieme ai ciuffi, come sappiamo noi. La disposizione nel piatto è la seguente: cannellone, seppie e un filo d’olio.

Punto esclamativo: un cucchiaio di salsa di soia nel ripieno.

Valore aggiunto: la scia di un elica ha fatto pensare tutti, almeno una volta nella vita.

La pilotina si è affiancata sul lato dritto e si è fissata senza bisogno di ormeggi al portellino aperto già da tempo. Dalla poppa la scia grande ha assorbito la scia piccola senza scomporsi in maniera sensibile. Ho continuato a scrutare il quadro in lontananza. Nella parte bassa il mare guadagnava sempre più spazio nella vista d’insieme e riduceva con prepotenza la dignità delle altre componenti. Da una barca da pesca dallo scafo vivace per forme e colori ho ricevuto il saluto di due marinai più giovani di me, bassi, magri e di sicuro senza barba. Uno in piedi e l’altro accucciato, forse su una rete da cucire. Entrambi a torso nudo e a capo scoperto. Ho ricambiato con la mano sinistra, quella libera da impegni. Anche da queste parti  in mare ci si saluta pur non conoscendosi di persona mentre a terra non se lo sogna nessuno di farlo. Qualcuno si potrebbe pure offendere o pensare a qualche secondo fine poco rassicurante. Deve essere un riflesso incondizionato per cui si prova piacere farlo e riceverlo. Una dimostrazione di vicinanza e solidarietà che prescinde i rapporti umani e rafforza la convinzione di non essere soli. Un saluto rassicurante. Compassione, ho pensato io. Un saluto come segno di riconoscimento di un certo tipo di gente che vive un certo tipo di vita, in un gergo spontaneo e diretto. Non può essere che così. La grandezza della barca su cui cammini non fa la differenza. La nave che avevo sotto i piedi era stata ridotta da un esponente negativo in tutte le sue misure appena messa in galleggiamento. Ma questo io lo sapevo già; me lo aveva già spiegato un collega dai capelli bianchi a cui davo del “voi”.


335) Pescatrice “Un’ora sola ti vorrei”.

Categoria: secondo piatto

Ingredienti: rana pescatrice – burro – cipollina – limone – alloro – prezzemolo – timo – maggiorana – vino bianco – olio d’oliva.

Preparazione: pulisci il pesce con la perizia che compete ad un vero amatore e adagialo in una terrina. Cospargilo poi con la cipollina sminuzzata, foglioline di prezzemolo, fettine di limone, qualche foglia di alloro, timo e maggiorana; infine olio e dai il via ad una marinatura di circa un’ora. Poi fallo rosolare in padella a fuoco vivo su ambo i lati, bagna con vino bianco e trasferisci il tutto in forno a 190°. Una ventina di minuti dovrebbero essere sufficienti, ancorché irrorati di volta in volta con il sugo di cottura aggiunto di burro fuso, succo di limone e prezzemolo tritato. A scanso di equivoci conservane un po’ per quando metterai in tavola, non si sa mai.

Punto esclamativo: passa leggermente il pesce nella farina prima di mettere in padella. Ma solo leggermente.

Valore aggiunto: un barista cantava sempre: “Un’Oransoda ti darei …”.

Me lo sono trovato a fianco quando il mio pensiero era già arrivato nel Mediterraneo accompagnato da pizze, espressi, ragazze slanciate e prosperose, partite di Serie A e lingua italiana scritta e orale. Mi ha salutato con un sorriso incompleto e si è appoggiato anche lui al parapetto a guardare nella stessa direzione. In silenzio si è lasciato scompigliare i capelli grigio chiaro e la tensione accumulata nelle ultime ore. Dietro un paio di occhiali da telegiornale in bianco e nero le palpebre balbettavano timide alla luce del giorno, reazione incontrollata all’aria aperta dopo lungo tempo a contatto di quella artificiale. Dopo aver riabilitato l’occhio alla luce naturale ha inchiodato lo sguardo su un soggetto solo suo, scelto senza criterio tra le migliaia possibili e non l’ha abbandonato per tutto il tempo. Non si è distolto neanche quando una lieve accostata ci ha girato in faccia il fumo di un carburante non raffinato come si deve. Poteva essere mio padre per l’età anagrafica, nonno o forse più per gli anni di elica registrati sulla sua matricola. La sua pelle fresca, scolpita di rughe fitte e profonde raccontava di giorni al sole, al mare e al vento che lo avevano cresciuto ed invecchiato nello stesso periodo della sua vita. Anni non lontani ma veloci e scomodi, avari sulla terra, generosi e grati per mare. Gli occhi piccoli e lucidi non cercavano niente da raccontare né da ricordare; alla fine ho pensato che neanche guardassero qualcosa nonostante aperti e immobili. Ho pensato che specchiassero altre partenze, da altri porti, con altre navi. Quando poi la poppa non offriva altra visuale che una scia sempre più prepotente si è sgranchito il busto e ha messo le mani in tasca. Prima di allontanarsi, nell’ italiano di un paesino mai visto sui miei libri di scuola, mi ha parlato senza guardarmi: “Che ci vuoi fare? Niente ci puoi fare”.


336) Budino Agatar

Categoria: dessert

Ingredienti: riso – uova – burro – zucchero – latte – vaniglia in polvere.

Preparazione: cuoci il riso ed immergilo nel latte profumato alla vaniglia. Copri il tegame e inforna senza mai mescolare. Venti minuti basteranno a far prosciugare il latte. Nel frattempo puoi lavorare le uova con lo zucchero che andranno amalgamate al riso in modo omogeneo. Versa il composto nello stampo, o negli stampi, e fai cuocere a bagnomaria per altri venti minuti. Puoi servire indifferentemente caldo o freddo.

Punto esclamativo: frutta candita a discrezione.

Valore aggiunto: prova a chiedere quali e quanti leganti per budino conoscono i tuoi commensali. Ne viene fuori delle belle.


Dai retta, ché io ai fornelli gli do del “tu”.

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Emilio Guardavilla risiede e vive a Piombino insieme ad altre
trentaquattromila persone circa.
Come tutti gli altri ci lavora e ci coltiva le proprie inclinazioni, nel suo
caso la lettura e la cucina.
E come gli altri respira quell’aria di mare che ha la stessa valenza chimica
per l’organismo dell’ossigeno o dell’azoto. Sognatore instancabile,
concepisce costantemente progetti di ogni genere a breve, media e lunga
scadenza senza abbandonarne neanche uno.

http://www.emilioguardavilla.it

Scritto da il 3.2.2011. Registrato sotto cucina, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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