«RICETTE CORSARE», PER NON NAUFRAGARE IN CUCINA – 90
Novantesimo appuntamento con la rubrica di cucina del Corriere degli Etruschi «Ricette Corsare» curata con passione dal nostro esperto Emilio Guardavilla. La rubrica presenta ogni settimana alcuni aneddoti tratti dalla vita dell’autore e un menù completo tutto da gustare.
RICETTE CORSARE
Rubrica di intuizioni culinarie e percorsi introspettivi per non naufragare in cucina. A cura di Emilio Guardavilla.
La traduzione del bollettino è arrivata puntuale e fedele il giorno seguente; dettagliata ed esauriente da non lasciare adito a nessun malinteso. I numeri, le sigle e i punti cardinali stampati di nero sbiadito su bianco giallognolo sottilissimo si sono trasformate in onde grandi come palazzi sospinte da un vento soffiato dall’altro mondo che hanno sbeffeggiato e schiaffeggiato quasi centomila tonnellate di ferro come se fossero un canotto gonfiabile in un fine agosto in riviera. Cinque giorni e cinque notti in un Mare delle Filippine che per l’occasione aveva scelto il suo lato peggiore per farsi ricordare da tutti noi. Gran parte della nave, prima una poi l’altra, rimaneva a lunghi tratti sommersa dalla sua schiuma montata a neve da chissà quale frusta invisibile ed indiavolata, dura e persistente, durevole e pesante. Acqua di sopra e acqua di sotto, salate entrambe mi dicevo, non può anche piovere mi rassicuravo con un dettaglio insignificante. Forse pioveva ma era acqua salata scaraventata in cielo come nuvole basse e opprimenti. Da ogni oblò l’orizzonte seguiva forme improvvisate in un momento e modificato subito dopo. La barca volteggiava leggiadra ma non ci faceva vivere, non ci faceva respirare. Notte dopo notte io speravo che fosse l’ultima di quel supplizio meritato solo da chi l’aveva fatta troppo grossa per essere giudicato solo dagli uomini. Il giorno successivo diceva sempre di no, che ce ne era ancora uno, come minimo, lungo come gli altri e come le notti che nascondevano il mare ma non la sua rivincita, ma non lo sua voglia di essere vivo. Nessuno parlava, io compreso. Avevo paura di aver paura, mi vergognavo di aver paura e mi vergognavo di dire di cosa avevo paura. Sono riuscito a non chiedere, per cinque giorni e cinque notti in cui ho riposato con un salvagente omologato e una torcia a norma vigente. Anche quella nave era piccola.
357) Tartine Pandora
Categoria: antipasto
Ingredienti: pancarré – tonno – noci – prezzemolo – limone – scampi (dimensione piccola) – maionese.
Preparazione: in quella preziosa porzione del tuo tempo in cui gli scampi lessano in acqua salata sbriciola finemente il tonno e trita con il medesimo intento i gherigli di noce. Unisci i due ingredienti usando del succo limone come elemento catalizzatore. Spalma le tartine di questo composto a dir poco esaltante per sapore e consistenza e inizia a decorarle una per una con gli scampi. Mi preme ricordare in questa circostanza l’opzione più gettonata è quella di sgusciare soltanto il copro dei crostacei e lasciare intatta, oltre che attaccata, la testa con annessi e connessi.
Punto esclamativo: fettine di cetriolo a dir poco trasparenti come guarnizione.
Valore aggiunto: Pandora deve essere per forza da qualche parte sopra l’arcobaleno. Troppo vago come riferimento astronomico?
“E allora soffia, maledetto chi ti soffia anche quando non ti soffia, che le puttane noi le paghiamo sempre e anche di più. Maledetto tu che soffi, che debiti non ce n’abbiamo con nessuno in questo mondo e in quell’altro se c’è e dov’è. E cosa fai soffi anche in quel mondo lì? Lì puttane non ce ne sono e non ci sono nemmeno quelli che non le pagano…”. Dall’aletta di sinistra il Pestapiano, secondo nostromo dalla testa rasata e lo sguardo da serial killer, urlava con tutta l’anima la collera di troppe ore senza dormire ma la sua voce forte e rauca si perdeva in un sottovento dove non c’era nessuno che recepisse, a parte quel fortunale indifferente che senza nessuna presunzione seguiva il suo corso naturale. Non sapevo da quanto poteva durare il monologo e né udivo i contenuti del suo sfogo disarticolato nel nulla. La conseguenza era stata che la mia paura si era trasformata in terrore, la sua rabbia nella mia debolezza, la sua audacia nella mia viltà. Scesi le scale in un tempo senza termine intervallato da alcune soste per mantenere la posizione eretta. Ad ogni pausa mi voltavo a guardare quella scena da film muto in bianco e nero che altro non era visto il clima che circondava il Pestapiano intabarrato in una cerata nera e rattoppata di un altro nero, fradici lei e lui dello stesso sale. Il nord-ovest, anch’esso non più nero come una volta gli sventolava legato al collo prima in un senso e poi in un altro senza pausa, come una farfalla cieca intorno ad un fiore incolore. L’acqua di mare scompariva rapidamente sulle rughe che gli mascheravano la faccia già da qualche tempo ormai. Ho pensato che non aveva più bisogno di me e l’ho lasciato al suo comizio tragicomico.
358) Gnocchetti ora non più
Categoria: primo piatto
Ingredienti: scaloppa di salmone – cipolla – passata di pomodoro – olio – vino bianco.
Preparazione: riduci il salmone a piccole listarelle e fallo rosolare in olio di quello dei migliori e cipolla bianca. Prima che si indurisca in maniera eccessiva aggiungi il pomodoro e lascia cuocere per una decina di minuti come minimo. Ora innaffia con vino bianco dando agio a far sobbollire il tutto fino che non si addensi come prefisso. Aggiungo a fuoco lento solo per amor di discussione. Poi, nel mentre che gli gnocchetti raggiungono la loro cottura, frulla il sugo e procedi al condimento secondo la procedura che più ti aggrada.
Punto esclamativo: eh sì, una spolverata di noci tritate e basilico prima di servire.
Valore aggiunto: è vero, a volte è troppo tardi per tornare indietro. Quindi conviene andare oltre.
Dopo cinque giorni e cinque notti il Mare delle Filippine aveva poi deciso di tornare a fare i suoi mestieri complementari di semplice via di comunicazione, tratto paesaggistico suggestivo e ispirazione o torpore per le anime sensibili delle coste limitrofe. Una giornata e una nottata appena di onda lunga e poi calma piatta. Interminabile la prima per mal di testa mai provati, quasi in bianco la seconda per il movimento regolarmente cadenzato della cuccetta e di tutto ciò che gli faceva da contorno. Il Marga aveva detto che quel mare non era sempre stato amico e ospitale, specialmente in quel periodo dell’anno, al contrario delle terre che lo guardavano e la gente che ci trovava di cui vivere. Ma chissà quali erano i termini di paragone che aveva nella memoria il Marga, mi ero chiesto e mi ero anche risposto che io non li potevo conoscere allora. Quando il mare era tornato a fare il mare allo stesso modo l’equipaggio era tornato a fare l’equipaggio, con altro spirito e con altre priorità, prima fra tutte quella di leccare le ferite inferte dagli elementi. Un lavoro lungo e da seguire con scrupolosa attenzione dagli incaricati, vale a dire tutti. Ognuno aveva avuto il suo compito nella rimessa a punto di una nave abbandonata da qualche dio e da tutti gli uomini per lunghi giorni; gli interventi necessari alla ripresa ordinaria della conduzione riguardavano tutti i ponti, tutte le sezioni e i compartimenti, alberi e formaggette, coperta e sottocoperta. A qualcuno era capitato anche di dover lavorare fuori bordo, su un ponte fatto di tavole e cime, legato in vita e con salvagente anulare che lo seguiva da lontano sulla scia in caso di un’eventuale caduta. La qualifica, l’età e la prestanza fisica mi avevano fatto vincere la lotteria per quelle ore di straordinario. Ora avevo paura anche del mare calmo. Però non mi sono rifiutato.
359) Orata Poggio Mirteto
Categoria: secondo piatto
Ingredienti: orata – scalogno – burro – aglio – prezzemolo – porro – cipolla – carota – vino borgogna – zucchero – erbe aromatiche.
Preparazione: pulisci l’orata secondo i dettami assunti nei tempi d’oro e lasciala riposare laddove nessuno osi attentare alla sua dignità. Prepara un trito di aglio, scalogno e prezzemolo adeguatamente arricchito di sale e pepe e usalo come ripieno per il pesce. Una volta pillotta a dovere adagiala in una pirofila imburrata bagnandola con vino bianco e cospargendola con fiocchi di burro. Ora può essere infornata. Trita i porri, la cipolla e le carote e fai bollire tutto insieme nel vino borgogna per un quarto d’ora. Solo ora unirai le erbe aromatiche, un cucchiaino di zucchero e aglio. Filtra la salsa e versala sul pesce una volta cotto. Servi a testa alta.
Punto esclamativo: frammenti di lardo nel ripieno.
Valore aggiunto: chi l’avrebbe mai detto che gli abitanti di Poggio Mirteto si chiamano …
Il primo giorno di acque calme il Pestapiano non l’ha visto nessuno. Il Pestapiano veniva da un paese dell’entroterra dove, diceva lui, le galline avevano il freno a mano tanto era arroccato sulla montagna su cui si era abituato a crescere da secoli e secoli. Ho saputo dal Marga che apparteneva all’ennesima generazione di minatori della sua famiglia e che come ultimogenito di una prole a due cifre aveva deciso di disertare la vita sottoterra per sposare quella sopra al mare. Considerato come un eretico da tutta la discendenza, dopo un grave incidente minerario di cui aveva soltanto sentito parlare per radio, aveva fatto fagotto ed aveva cercato il mare più vicino. Una volta trovato si era rivolto a chi di competenza per ottenere gli incartamenti minimi per cercare un imbarco. Per la Regia Marina risultò con le carte in regola già alla prima richiesta eccezion fatta per i requisiti di nuoto e voga che fu costretto ad ottenerli solo aggirando una burocrazia altrimenti insopportabile. Si diceva infatti che non aveva mai saputo nuotare ma che sapesse vogare come un litoraneo. A bordo lo chiamavano il Pestapiano per la sua andatura rallentata da passi che si susseguivano come ponderati a lungo uno dopo l’altro e nei quali il tallone anticipava di gran lunga tutto il resto del movimento del rispettivo arto inferiore. Pestava piano, quando la nave stava ferma, un po’ meno da forza sei in su. Calvo e sovrappeso per scelta il Pestapiano attirava le simpatie di pochi nonostante un’età più che avanzata e uno stato di servizio come minimo sopra alla media. Lo sguardo di due occhi neri catrame, troppo vicini ad un naso dilatato nelle narici oltremodo pelose era tanto rassicurante quanto l’Opinel di media misura che gli pendeva dalla cinta dei pantaloni. I pantaloni come tutto il resto del suo abbigliamento da lavoro poteva senza dubbio appartenere ad un personaggio de “I ragazzi della Via Pal”. Vestito da franchigia invece non si era mai presentato. Anche il secondo giorno di acque calme il Pestapiano non l’ha visto nessuno.
360) Dessert Dolce Vita
Categoria: dessert
Ingredienti: farina – zucchero – uova – lievito – burro – zucchero a velo – colorante per alimenti.
Preparazione: mescola tutti gli ingredienti, eccetto zucchero a velo e il colorante ovviamente, e impasta con energia fino a quando non sarà diventato soffice ed omogeneo. Ungi uno stampo e foderalo con carta da forno e versaci il composto. Stampo a forma di cuore? Non sbagli mai. Inforna per tre quarti d’ora a 160 gradi. In questo lasso di tempo puoi preparare la glassa con tutta la calma necessaria. Sbatti piano gli albumi con metà dello zucchero; quando iniziano ad amalgamarsi bene, inizia a sbattere più forte aggiungendo lo zucchero rimasto. Su metà di essa versaci il colorante, poco alla volta fino ad ottenere il colore desiderato. Dopodiché sforna il dolce, coprilo con la glassa appena preparata e, con una tasca da pasticciere, forma lungo tutto il dolce un cordone con la glassa lasciata bianca.
Punto esclamativo: gocce di limone nella glassa. Ne guadagnerà in lucentezza.
Valore aggiunto: “Dolce Vita” l’ha cantata Gazebo dal 1983 in poi. Ma la può cantare chiunque. O almeno fischiare.
Dai retta, ché io ai fornelli gli do del “tu”.
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Emilio Guardavilla risiede e vive a Piombino insieme ad altre
trentaquattromila persone circa.
Come tutti gli altri ci lavora e ci coltiva le proprie inclinazioni, nel suo
caso la lettura e la cucina.
E come gli altri respira quell’aria di mare che ha la stessa valenza chimica
per l’organismo dell’ossigeno o dell’azoto. Sognatore instancabile,
concepisce costantemente progetti di ogni genere a breve, media e lunga
scadenza senza abbandonarne neanche uno.