Circa 300 mila i volontari attivi e oltre 3200 le associazioni. É questa la situazione fotograta dal Cesvot secondo una ricerca realizzata dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa e presentata stamattina presso la sede del Centro in via Ricasoli a Firenze.
Alla presentazione sono intervenuti il responsabile del settore associazionismo e impegno sociale della Regione Giovanni Pasqualetti, il presidente di Cesvot Patrizio Petrucci, la presidente di Coge Toscana Fiorenza Anatrini ed il professor Andrea Salvini dell’Università di Pisa, il curatore della ricerca che rientra all’interno dell’accordo che Regione e Cesvot hanno firmato poche settimane fa.
“L’attenzione allo sviluppo delle attività per il volontariato – ha detto Giovanni Pasqualetti – trova nella rete creata da Regione, Cesvot e associazionismo un terreno fertile. Così come è fertile la Toscana tutta, laboratorio di ricerca e confronto. In questo ambito abbiamo una grandissima tradizione ma non dobbiamo r estare ancorati al passato ma essere in grado di innovare. Soprattutto le piccole associazioni devono aprirsi a tutte le novità”.
Secondo la ricerca in Toscana dedicano parte del loro tempo circa 300 mila persone. 3209 sono invece le associazioni: il 35% si occupano di sociale, il 29% di sanità, il 10% di cultura ed il restante 26% sono impegnate in attività di protezione civile, difesa e tutela dell’ambiente, socio-sanitario, tutela e promozione dei diritti e volontariato internazionale. In aumento quelle che si occupano di sociale e quelle che operano nel settore cosiddetto del ‘no-welfare’, ovvero tutela dei beni pubblici anche come risposta alla crisi della gestione del patrimonio ambientale e culturale.
Sul sito del Cesvot il quadro completo dei dati
VEDIAMO IN DETTAGLIO:
In Toscana sono circa 300.000 i volontari attivi, un esercito di donne e di uomini, distribuiti su 3209 associazioni così articolate:
1142, pari al 35% del totale, lavorano in ambito sociale e si occupano di adozione, affido, immigrati, profughi, attività ricreative, detenuti, handicap, minori, giovani, anziani, assistenza alle famiglie, attività sportive di carattere sociale, donne, e senza fissa dimora.
931, pari al 29%, sono impegnate nel settore sanitario, organizzano cioè ambulatori medici, si occupano di informazione e prevenzione sanitaria, di assistenza ospedaliera, di donazione di sangue, di organi, di pronto soccorso.
325 associazioni, circa il 10%, si occupano di cultura e, nello specifico, di archeologia, musei, monumenti, biblioteche, archivi, arte, musica, teatro e cinema, tradizioni e flolklore.
Altre 167 lavorano con la protezione civile, 161 sulla difesa e tutela dell’ambiente, 384 sul socio-sanitario, 35 sulla tutela e promozione dei diritti, 64 sul volontariato internazionale.
Ma come sta cambiando questo mondo? Secondo il prof. Salvini dell’Università di Pisa e curatore della ricerca, “è soprattutto nelle associazioni di più recente costituzione,quelle nate negli ultimi 10 anni ed in particolare dopo il 2005, che noi possiamo cogliere la tendenza al nuovo del volontariato toscano”.
Aumentano le associazioni che si occupano di sociale ed avviene un fenomeno di ri-orientamento delle associazioni dal sanitario al sociale anche in risposta agli effetti della crisi economica e della riduzione delle risorse disponibili per il welfare.
Si nota una nuova tendenza delle associazioni del sociale verso i temi della tutela e dell’advocacy, in particolare rispetto a beni ambientali, territoriali, culturali, di protezione civile e di volontariato internazionale.
E’ questo l’ambito che viene chiamato “no-Welfare”, il settore per la tutela dei beni pubblici in crescita anche in conseguenza della crisi della gestione del patrimonio ambientale e culturale che sta vivendo il nostro Paese.
Dal 2005 ogni 10 nuove associazioni, 7,5 scelgono di lavorare in ambito sociale e culturale. Il volontariato, inoltre, sceglie sempre più di concentrare la sua attenzione sui soggetti deboli e vulnerabili della società: minori, anziani, malati, immigrati, famiglie.
In questo quadro i volontari toscani sono sempre più disponibili a collaborare con le istituzioni pubbliche locali e regionali ma cambia la qualità di questa presenza. L’intesa fra associazioni ed enti pubblici non è più pensata come meramente funzionale. Il volontariato è portatore di una propria vision, è alla ricerca di complementarietà, di compartecipazione, di una “sfera pubblica allargata”, della messa in pratica del principio di sussidiarietà. I due terzi delle associazioni hanno convenzioni e/o collaborazioni con l’ente pubblico: il 57% con i Comuni, il 20% con le Province e con la Regione. L’83% delle associazioni del settore socio-sanitario con le Ausl.
Secondo Fiorenza Anatrini presidente del Comitato di Gestione dei fondi e componente della Deputazione generale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena “dai dati della ricerca sembra emergere un nuovo civismo nell’impegno del volontariato toscano, fatto di grande attenzione ai temi del sociale, della tutela ambientale e del territorio, della cultura e del volontariato internazionale. Emerge anche un volontariato con una visione propria capace di avere proposte e dialogare in modo operativo e funzionale con le istituzioni locali. Da donna mi piace anche sottolineare l’aumento della partecipazione femminile che caratterizza alcune associazioni”.
Vi è, infatti, nel volontariato come nella società, una trasformazione di genere. Pur sussistendo una maggiore prevalenza di uomini, il 53% del totale, aumentano le associazioni dove è prevalente la presenza delle donne. In queste realtà troviamo sorprendenti diversità nelle caratteristiche delle associazioni: più dinamismo organizzativo ed innovazione; maggior livello di tensione” etico-politica”, maggiore disponibilità alla collaborazione istituzionale. Dunque queste associazioni mostrano una migliore combinazione dei caratteri tipici della modernità.
Secondo Patrizio Petrucci, presidente Cesvot, da questo studio emerge che “il volontariato toscano tende sempre più verso una maggiore specializzazione e differenziazione delle attività; ciò per fronteggiare i nuovi bisogni e per utilizzzare nel modo più razionale possibile le diminuite risorse umane ed economiche. Cala la richiesta di formazione generalista a vantaggio di quella specialista ed il volontariato è sempre più portatore di un’idea di sviluppo fondato sul concetto di utilità sociale. Cresce la predisposizione alla soluzione dei problemi”.
“Diminuiscono però”, conclude Petrucci “l’attenzione e l’interesse per la dimensione etico-politica. Questo è secondo me il nodo centrale sul quale chiamare ad una riflessione le associazioni toscane, perchè si rischia di lasciare il volontariato senza una cornice di pensiero e di orientamento, senza cioè obiettivi condivisi, si rischia di perdere per strada il volontariato come soggetto collettivo e di cambiamento”.