GLI AUGURI DI PASQUA DEL VESCOVO CARLO CIATTINI
«Di nullaltro mai ci glorieremo, se non della croce di Gesù Cristo, nostro Signore: Egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione. Per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati». Con queste parole inizia la prima lettera di augurio per la Pasqua 2011 del Vescovo della diocesi di Massa Marittima-Piombino Carlo Ciattini.
Carissimi,
il mio più cordiale augurio di una Santa Pasqua nella pace e nella luce di Cristo, il Crocifisso Risorto.
Parlare di croce ai nostri giorni produce il ghigno ombroso di alcuni, lo sghignazzare di altri. Uno sghignazzare di chi, con aria di sufficienza, ci dice e ci ripete che nel mondo ci vuol godere!
Poveri loro, che credono di poter tramutare la terra in una sorta di paradiso terrestre o addirittura nel paese dei balocchi; retaggio antico, primordiale, di unumanità ingannata, facile preda di qualche illusionista del momento. Dannoso fantasticare che conduce luomo su strade impervie e verso mète tragiche! Luomo, infatti, si realizza amando e chi ama veramente non può fuggire, scansare la fatica di vivere lesperienza dolorosa, ma liberante e vivificante, della passione, morte e resurrezione del Cristo, unica fonte da cui sgorga la vera gioia, la vera vita, leterna felicità.
Alla primitiva comunità di Gerusalemme, illuminata dal Mistero divino del Cristo, vissuto dentro le proprie mura, subito le furono cari i luoghi santificati dalla sua presenza, e soprattutto quello che era stato vissuto sulla roccia del Calvario bagnata dal suo sangue, e quel sepolcro che lì vicino lo aveva accolto morto, ma che ben presto lo aveva visto vivo, risorto dai morti. Perciò i luoghi della sua passione e della sua sepoltura non potevano che essere racchiusi in un unico tempio che fu chiamato ANASTASIS (=RESURREZIONE).
La stessa festa dellEsaltazione della Santa Croce, come attesta nel suo diario la pellegrina Egeria, era paragonabile, quanto a solennità e concorso di popolo, a quella di Pasqua e dellEpifania.
La croce, infatti, segno del più terribile dei supplizi, è per il cristiano lalbero della vita, il talamo, il trono, laltare della nuova alleanza. Dal Cristo, nuovo Adamo addormentato sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. La croce è il segno della signoria di Cristo su coloro che nel battesimo sono configurati a lui nella morte e nella gloria (cfr. Rm 6,5). Nella tradizione dei Padri la croce è il segno del Figlio delluomo che comparirà nella gloria (cfr. Mt 24,30).
Avevano ben capito che la via della croce è la via dellamore vero, la via, dunque, tracciata da Cristo e che ci conduce alla resurrezione. Su questa via egli ci ha preceduto. È il chicco di grano che caduto in terra non muore, ma porta molto frutto, è la santissimaEucaristia nella quale continuamente si rende presente in mezzo a noi il frutto della morte e della resurrezione di Gesù. In essa egli cammina con noi, come quella volta con i discepoli di Emmaus, facendosi sempre di nuovo nostro contemporaneo.
È questa la via maestra che dobbiamo percorrere per giungere alla mèta, questo il cammino del nostro pellegrinaggio sulla terra. Non uomini senza mèta, vaganti verso il nulla, o peggio, cercatori di se stessi, idolatri, adoratori di sé, sprezzanti dellaltro, del diverso, dellumile, inquieti e sospettosi, di fronte a ogni gesto di gratuità, ad ogni dono, incapaci di credere che cè ancora amore, cè ancora vita, anzi, la vita è risorta vittoriosa sulla morte.
«Signore, ti sei lasciato deridere e oltraggiare. Aiutaci a non unirci a coloro che deridono chi soffre e chi è debole. Aiutaci a riconoscere in coloro che sono umiliati ed emarginati il tuo volto. Aiutaci a non scoraggiarci davanti alle beffe del mondo […]. Aiutaci ad accettare la croce, a non sfuggirla, a non lamentarci e a non lasciare che i nostri cuori si abbattano di fronte alle fatiche della vita. Aiutaci a percorrere la via dellamore e, obbedendo alle sue esigenze, a raggiungere la vera gioia» (Benedetto XVI, Venerdì Santo 2005).
Per far questo il cristiano deve ritrovare la semplicità di una fede genuina e antica, la schiettezza di un rapporto con Cristo attraverso la preghiera quotidiana e un convinto ritorno alla celebrazione dei sacramenti: soprattutto la Santa Messa domenicale, la Confessione, specialmente in occasione delle prossime feste pasquali, i gesti di carità, che realizzano, celebrano, rendono credibile il nostro essere cristiani.
Giunga a tutti voi il mio più cordiale augurio di una santa e felice Pasqua: il Signore è veramente risorto, alleluia!
+ Carlo, vescovo