«RICETTE CORSARE», PER NON NAUFRAGARE IN CUCINA – 95
Novantacinquesimo appuntamento con la rubrica di cucina del Corriere degli Etruschi «Ricette Corsare» curata con passione dal nostro esperto Emilio Guardavilla. La rubrica presenta ogni settimana alcuni aneddoti tratti dalla vita dell’autore e un menù completo tutto da gustare.
RICETTE CORSARE
Rubrica di intuizioni culinarie e percorsi introspettivi per non naufragare in cucina. A cura di Emilio Guardavilla.
Il Pestapiano dormiva rumorosamente ormai da diverse ore quando uno strattone al piede destro lo aveva riportato nel mondo dei vivi. Aveva rischiato di non farne più parte a tempo pieno due giorni prima quando aveva dato il via al suo progetto di iniziare la sua avventura per avere una nuova vita, un nuovo nome e una faccia da modificare per l’occasione. Ma il piano architettato con l’aiuto di amici e amici di amici nell’arcipelago filippino si era dimostrato efficace seppur non privo di pericoli oggettivi. Le due imbarcazioni pirata, assoldate dai risparmi di lunghi anni avevano compiuto il loro sporco dovere seguendo la prassi che, in altre occasioni avevano procacciato introiti diversi ma sempre remunerativi. Avevano incrociato la Vera Sunshine I laddove previsto, si erano disposte in modo che la nave attraversasse il segmento di mare di cui costituivano l’inizio e avevano atteso che con la prua incocciasse con il suo bulbo prominente la sagola galleggiante che le univa come un cordone ombelicale invisibile. La prua della Vera Sunshine I aveva poi fatto il resto; aveva trascinato la cima per quel lasso di tempo necessario a far avvicinare fino quasi a toccarsi gli estremi della sagola e di conseguenza le due piccole ed anonime imbarcazioni da pesca erano sfilate lentamente di poppa per essere rimorchiate senza essere viste. Le distanze erano state calcolate e collaudate già più volte e l’operazione aveva avuto raggiunto il suo buon fine ancor prima di quanto preventivato. Il Pestapiano, che all’insaputa di tutti si era tuffato dal parapetto del lato dritto della nave, aveva impiegato poche bracciate prima di poter recuperare la sagola e guadagnare l’imbarcazione che operava su quel lato. Ciò che lo aveva impaurito a morte e che gli aveva fatto pensare di non farcela era stata, oltre a quel mare da giorno del giudizio, la distanza inspiegabilmente lunga dal peschereccio e la lentezza con cui lo stesso eseguiva i movimenti pianificati. Era stato a bagno in quel mare freddo e tempestoso per circa due ore durante le quali aveva maledetto tutto e tutti a cominciare da se stesso e i suoi sporchi dollari. Il fisico non più atletico e tantomeno agile nei movimenti gli aveva permesso solo di legarsi la sagola sotto le ascelle e aspettare di farsi recuperare da qualcuno di cui non sapeva assolutamente nulla. Per questo motivo aveva maledetto la cerata e gli indumenti di lana che indossava; subito dopo li aveva benedetti e santificati.
377) Capesante Yurkbuk
Categoria: antipasto
Ingredienti: capesante – burro – panna fresca – peperone rosso – vino bianco – pepe rosa – menta fresca.
Preparazione: metti i molluschi delle capesante in un tegame in compagnia del vino, del burro, un mezzo bicchiere di acqua e cospargendo il tutto di pepe rosa. Subito dopo aggiungi i peperoni che in precedenza hai sbollentato e ridotto a dadini. Dopo pochi minuti a fuoco medio, direi tre, togli le capesante e fai rapprendere la salsina; ingloba la panna e continua la cottura lenta per altri cinque minuti. Nel frattempo prepara delle conchiglie di pasta sfoglia modellate sulle quelle vere, imburrate ed infornate per qualche minuto a 180 gradi. Quando sono pronte disponici i molluschi e impiatta ricoprendo con la salsa adorna di foglie di menta fresca spolverata di pepe rosa.
Punto esclamativo: fai ritirare la salsa fiammeggiando con del cognac.
Valore aggiunto: “flambé” è un termine che quando viene usato in cucina fa sempre un certo effetto”.
Da una cuccetta, angusta, scomoda e immonda del peschereccio che non batteva bandiera il Pestapiano riuscì abbastanza rapidamente a far mente locale su ciò che aveva superato, sullo stato di avanzamento del piano a cui lavorava da anni e su ciò che lo attendeva per portarlo a compimento. Al contempo si trovò a fare i conti con i postumi traumatici anche se non invalidanti delle ore che aveva trascorso nel pacifico; temperatura corporea a fondo scala e un mal di testa che lui stesso aveva definito da cavallo. Tutte le giunture erano cosparse da abrasioni leggere ma estese, insopportabili per una salsedine che non ricordava così feroce da quelle parti. Le terminazioni degli arti stavano riacquisendo la loro sensibilità in parallelo alla presa di coscienza del come, dove e soprattutto perché. La morte lo aveva accarezzato dolcemente, facendolo rabbrividire più dell’acqua salata; lo aveva sciolto in quella che aveva visto come l’agonia alla quale era destinato mentre invece si stava solo difendendo da sé medesimo con quelle forze che gradualmente lo abbandonavano. Di pari passo veniva meno anche il presente, che disinvolto si defilava a favore del passato, prepotente e pretenzioso che lo tormentava minuto dopo minuto di quelle interminabili ore. Le grida di disperazione, intervallate da pianti isterici e volutamente sonori, avevano raschiato la gola e le corde vocali in fiamme trovavano sollievo subitaneo al freddo dell’acqua ingurgitata; il successivo castigo divino glielo rendeva il mare amaro che si stava impadronendo del suo corpo. L’unico tepore di cui poteva godere era quello istantaneo delle lacrime che al loro sgorgare gli irroravano le rughe. Acqua nell’acqua, liquido nel liquido, vivo nel vivo.
378) Cannelloni fior di loto
Categoria: primo piatto
Ingredienti: farina – uova – seppia e nero di seppia – broccoletti – filetti di acciughe – burro – ricotta – aglio – sale e pepe.
Preparazione: impastare la sfoglia con tutti gli ingredienti tradizionali aggiunti del nero di seppia e lasciala riposare almeno un’ora. Nel frattempo lavora i broccoli in un soffritto impreziosito dai filetti di acciuga spezzettati. Aiutati pure con del brodo vegetale tenendo presente che a fine cottura però devono risultare piuttosto asciutti. Una volta raffreddati passali nel mixer con la ricotta e se il palato lo impone correggi di sale e pepe. Ora tira la sfoglia e riducila in quadrucci dalle dimensioni desiderate: cuocili in acqua bollente per un minuto che sia uno e poi tuffali in una scodella colma di cubetti di ghiaccio. Confeziona i cannelloni ripieni e inforna per dieci minuti a 180 gradi su una teglia imburrata e spennellati di burro fuso. In questo frattempo pulisci la seppia, spezzettala con la devozione richiesta e falla rosolare velocemente in olio, aglio e sale. In ogni piatto, cannellone, striscioline di seppia e un filo d’olio a crudo.
Punto esclamativo: un cucchiaio di salsa di soia nel ripieno.
Valore aggiunto: la salsa di soia non può non evocare la cultura del Sol Levante: come i fiori di loto del resto.
Per la presa feroce con cui aveva afferrato e mai lasciato la sagola di materiale sintetico aveva le mani solcate da profonde ferite ancora vive nei palmi chiuse. Difficile articolarle senza offendere ulteriormente le stigmate di un calvario voluto fino in fondo. Ogni movimento, anche minimo, lo riportava ad un peccato commesso, programmato o rimasto incompiuto ma comunque da scontare dopo l’ultima e sofferta decisione che aveva voluto prendere. Il dormiveglia gli aveva permesso di ricapitolare le tappe di una vita improvvisata e computare il bene ed il male, attivo e passivo, di cui si era reso protagonista. Anche rifacendosi ad una logica retributiva parziale e soggettiva la somma algebrica dei fattori opposti che avevano disseminato la sua esistenza terrena risultava in negativo. Il rosso che ne scaturiva il Pestapiano lo imputava ad una forma di egoismo non connaturato ma imposto da contingenze che non avrebbero permesso di agire altrimenti. Una giustificazione di comodo la sua, lo sapeva e se lo ripeteva, ma non per questo degna di una qualsiasi forma di comprensione o compassione di sorta. Le fitte atroci alle mani enumeravano uno per uno i debiti ancora insoluti con la giustizia degli uomini e quella di Dio, con la sua e con quella di chi, seppur per breve tempo e a cadenze piuttosto diluite, gli si era affiancato nel viaggio da compiere. Il suo mondo aveva fatto il resto, e lui da vittima predestinata era divenuto colpevole, reo confesso ed al momento ancora impunito. Una condizione emotiva con cui convivere onerosa in termini di serenità, aveva concluso. Prima di cadere di nuovo nel sonno febbricitante aveva anche rimpianto quel posto da minatore …
379) Pescatrice dell’ottava meraviglia
Categoria: secondo piatto
Ingredienti: rana pescatrice – cipolline – limone – alloro – prezzemolo – alloro – farina – vino bianco – olio d’oliva – sale e pepe.
Preparazione: metti i filetti di pesce in una terrina e ricoprilo di cipollina a fette, prezzemolo, limone affettato, qualche foglia di alloro e una copiosa spruzzata d’olio. Lascia marinare per un’oretta. A quel punto lo sgocciolerai ma neanche poi tanto e lo infarinerai leggermente da ambo i lati per una rispettiva passata in padella di pochi minuti. Fatto questo inforna per una ventina di minuti a 190 gradi irrorando ripetutamente con vino bianco. Adagia sul piatto da portata e servi con il sughetto di cottura.
Punto esclamativo: burro nella salsina prima di servire. Organizzati di conseguenza.
Valore aggiunto: come sarebbe stato il mondo se nessuno avesse scritto, diretto ed interpretato la canzone “What a wonderful world!”?
Dopo, forse era il tramonto o forse era l’alba a giudicare dalla luce che arrivava di rinterzo sottocoperta, un uomo con la faccia e il corpo da adolescente gli portò da bere e da mangiare. Gli porse una scodella di riso in cui qualcosa di vegetale faceva da condimento austero e nutriente, mentre la bevanda, l’apparenza era quella del tè, era contenuta in una lattina di Pepsi tagliata a metà. Nestor, il vecchio giovane in bermuda verde oliva sdruciti e scarpe ricavate da copertoni di pneumatici efficacemente adattate al piede lungo e sottile, gli sorrise augurando qualcosa di positivo, magari un buon appetito. Il Pestapiano non ricambiò il sorriso ma ringraziò con la mano e accettò di buon grado il pasto. Non sapeva ancora a chi aveva affidato la sua vita e tantomeno se potevano ripagare la fiducia che lui aveva profumatamente pagato. Non sapeva neanche chi ci fosse a bordo oltre a Nestor e ad un altro marinaio con la mano destra da un solo dito che lo aveva salpato come fosse una mazzera il giorno dell’avventuroso trasbordo. Il tempo trascorso sul peschereccio lo rese ottimista al riguardo; eventuali voltafaccia o ritorsioni, se erano nel loro intento, si sarebbero già realizzate e non avrebbe avuto la possibilità di godere di quel momento di ristoro. L’idea dell’ultimo desiderio del condannato lo sfiorò ma non fece presa nella sua coscienza ormai lucida e vigile sui dintorni. Rimasto solo a consumare il pasto che di frugale non gli parve avere alcunché, prima di iniziare la degustazione, tese l’orecchio per captare qualcosa che gli facesse intuire il suo immediato futuro. Voci confuse e sovrapposte a risate fragorose lo sollevarono provvisoriamente dalle angosce legittime che non poteva ancora fugare con una semplice ciotola di riso.
380) Aspic sotto le stelle
Categoria: dessert
Ingredienti: pesche – vino rosso – colla di pesce – acqua e zucchero – cannella – zenzero in polvere – limone.
Preparazione: fai ammorbidire la colla di pesce in acqua fredda con tutta la serenità possibile. Avrai così il tempo di portare ad ebollizione, in una casseruola idonea è pacifico, il vino con lo zucchero, la scorza di limone, la cannella e lo zenzero. Lascia andare per un quarto d’ora e poi filtra con un colino; aggiungi la colla di pesce ben strizzata e mescola fino a quando non si è inglobata completamente. Per ultimo aggiungi il succo di limone e un po’ d’acqua. Sbuccia le pesche e tagliale a fette e sistemale in uno stampo antiaderente: versaci il vino aromatizzato e riponi in frigo per un periodo non inferiore alle sei ore.
Punto esclamativo: chiodi di garofano e pepe nero in grani nell’infuso.
Valore aggiunto: il garofano nei paesi anglofoni è chiamato “carnation”. E la conversazione si alza di livello.
Dai retta, ché io ai fornelli gli do del “tu”.
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Emilio Guardavilla risiede e vive a Piombino insieme ad altre
trentaquattromila persone circa.
Come tutti gli altri ci lavora e ci coltiva le proprie inclinazioni, nel suo
caso la lettura e la cucina.
E come gli altri respira quell’aria di mare che ha la stessa valenza chimica
per l’organismo dell’ossigeno o dell’azoto. Sognatore instancabile,
concepisce costantemente progetti di ogni genere a breve, media e lunga
scadenza senza abbandonarne neanche uno.