LUCCHINI: A DUE GIORNI ANCORA NESSUN ACCORDO CON LE BANCHE
E’ancora a rischio il salvataggio dello stabilimento Lucchini. Le banche non hanno ancora firmato l’accordo di ricapitalizzazione del debito. Scade infatti venerdì 24 (anche se questa data potrebbe slittare al 29 giugno, ma poco cambia in realtà) l’ultimatum dato agli istituti bancari dal sottosegretario al ministero del lavoro Stefano Saglia, subito dopo l’incontro che si è tenuto a Roma il 14 giugno con azienda, istituzioni, sindacati e banche.
Il rischio reale è che la Lucchini vada in amministrazione controllata. Sembrerebbero tre le banche, ma la situazione è in continua evoluzione, che si sarebbero opposte al salvataggio: da una parte Mediobanca dall’altra due banche francesi, Natixis che vanta 50 milioni di credito e Bnp Paribas con 73 milioni. Il debito complessivo del gruppo Lucchini è di circa 770 milioni di euro.
E così dopo le due ore di sciopero del 20 giugno, i duemila dipendenti Lucchini ed i 1000 lavoratori dell’indotto, stanno aspettando con ansia notizie, ormai da mesi per conoscere il loro futuro, il futuro economico di un intero territorio quello di Piombino e della Val di Cornia. La città invece sembra inebetita, e non si rende conto del grave rischio che questa volta invece sta diventando sempre più reale.
Le Rsu Lucchini e delle imprese hanno convocato per il 23 mattina, dalle 9 alle 12, un consiglio di fabbrica straordinario. ”Le notizie che ci arrivano dai nostri vertici di Roma non sono rassicuranti – ha detto il segretario provinciale Fiom, Luciano Gabrielli – ci sono delle difficoltà, per questo vogliamo fare il punto prima del 24 giugno”.
La ratifica dell’accordo sbloccherebbe, entro tempi rapidi, il prestito ponte che da 80 milioni promesso all’azienda, sembra sia giunto a 140 milioni (sollecitati dalla commercialista milanese Stefania Chiaruttini incaricata di redigere il piano di ristrutturazione così come previsto dell’articolo 182 bis della legge fallimentare), fondi indispensabili per garantire liquidità al gruppo industriale. L’Accordo faciliterebbe inoltre la vendita di due stabilimenti Ascometal e Bari e quindi altra liquidità per il gruppo.
In assenza dell’accordo per Lucchini si aprirebbero invece scenari pericolosi, compreso il rischio del passaggio all’amministrazione controllata. Anche se in questo caso non necessariamente la situazione potrebbe essere favorevole alle banche. Un altro possibile scenario è quello che le banche, che per adesso si sono opposte alla firma, potrebbero decidere di accettare l’accordo, ma non la ricapitalizzazione. Soldi che dovrebbero così essere spartiti fra gli altri istituti bancari.
Sembra inoltre che a complicare la situazione ci si siano messi anche i due fondi speculativi inglesi che fin da subito si sono dichiarati indisponibili ad aderire al piano di salvataggio. Insomma una situazione complessa e comunque pericolosa, perché l’erogazione del prestito, senza un piano industriale serio, si trasformerebbe solo in una boccata d’ossigeno per uno che sta annegando. E la Lucchini sono circa due anni che “vivacchia” senza avere ancora la risposta alla domanda principale: “Quale sarà la fine del ciclo integrale a pochi mesi dal fine vita dell’altoforno”?