PIOMBINO: NON C’E’ PACE NELLA SIDERURGIA
Crisi nella Magona. Accordo con le banche ancora a rischio in Lucchini.
Sembra proprio che l’estate 2011, tra rischi di commissariamento, ipotesi di licenziamenti, tonfi delle borse, rischi default, eccetera non dia proprio pace alle industrie piombinesi.
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MAGONA: I SINDACATI HANNO INCONTRATO I POLITICI LOCALI
I segretari Fausto Fagioli (Fim-Cisl), Luciano Gabrielli (Fiom-Cgil) e Vincenzo Renda (Uilm-Uil) stanno incontrando le forze politiche per spiegare la delicata e difficile situazione Magona.
«Stiamo facendo questi incontri per fare il punto della situazione in Magona. Siamo molto preoccupati per il futuro dello stabilimento ArcelorMittal Piombino, per le prospettive – hanno dichiarato i sindacati – ecco perché abbiamo voluto mettere al centro questa situazione. Nella consapevolezza che la squadra unica nel tandem e decapaggio non risolve il problema, ma è un modo per prendere tempo, in attesa degli investimenti che sono fondamentali. Stiamo facendo questi incontri per accendere i riflettori su Magona, consapevoli che è necessario difendere la siderurgia nel suo complesso».
PROBLEMI NELLA VENDITA ASCOMETAL. LUCCHINI ANCORA A RISCHIO?
Sono seriamente preoccupati Fim, Fiom e Uilm, per le notizie del blocco da parte del governo francese, della vendita delle centrali idroelettriche di Ascometal, apparse su Il Messaggero. L’azienda per adesso non ha ricevuto nessuna conferma.
Lo stop del governo francese (la scorsa settimana non è stata depositata in Tribunale la domanda), rischia di far saltare l’accordo di rimodulazione del debito, ufficializzato pochi giorni fa.
Secondo il Messaggero – lo stop sarebbe stato motivato da Parigi «perchè le quattro centrali idroelettriche rappresentano una pertinenza dello stabilimento Ascometal che a sua volta è oggetto di un contratto di cessione al fondo Apollo (mentre svizzero era l’acquirente delle centrali), per circa 310 milioni di euro».
Questo stop blocca anche la cessione di Ascometal, lo stabilimento francese del Gruppo Lucchini, vendita che anche questa era stata annunciata e data per scontata, e all’appello del piano di ristrutturazione in questo caso vengono a mancare i 70 milioni che dovevano arrivare dal compratore svizzero, oltre ai soldi che dovevano arrivare anche dalla vendita di Ascometal.
Se tutto viene nuovamente rimesso in gioco, torna di nuovo la preoccupazione e si riaprono pure scenari inquietanti per l’occupazione del territorio.