LUCCHINI: SITUAZIONE SEMPRE PIU’ COMPLESSA. A RISCHIO LO STABILIMENTO?

La grande manifestazione del 15 Novembre 2011 (nel video che Vi proponiamo prodotto dalla CGIL Toscana)  nata per difendere l’economia di un territorio, ha dimostrato la grande coesione fra tutte le categorie dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, dei negozianti e dei cittadini ma sembra non bastare per risollevare le sorti dello stabilimento piombinese.

A seguito della comunicazione interna Lucchini sulla fermata dell’Altoforno dal 24 dicembre al 18 gennaio 2012 si è tenuta la riunione del Consiglio di Fabbrica lunedì 21 novembre che ha visto la partecipazione dei segretari provinciali di Fim- Fiom e Uilm. Le RSU hanno dichiarato la mobilitazione permanente per difendere il ciclo integrale (Altoforno) e l’integrità dello stabilimento Lucchini, il sito siderurgico piombinese (Lucchini – Magona – Dalmine e imprese), l’occupazione partendo dai contratti a termine, le imprese che devono vedere saldati i loro crediti.

Le RSU ritengono la lunga fermata dell’altoforno, annunciata dall’Azienda, pericolosa per lo stato in cui esso si trova e inoltre mette a rischio il futuro dello stabilimento e hanno la convinzione che si debba fare ogni tipo di sforzo per tenerlo costantemente in marcia.

Martedì 22 e mercoledì 23 novembre ci saranno due incontri con la Regione Toscana (assessore Simoncini martedì e Presidente Rossi mercoledì) per non fermare l’altoforno (che potrebbe seriamente non ripartire più) e per chiarire sia un percorso per aprire un tavolo di trattativa al Ministero, cosa che oggi sembra sempre più vicina, sia la risposta per il mantenimento dell’occupazione attraverso la conferma dei contratti a termine.

Giovedì, la RSU, si riunirà nuovamente per verificare gli esiti degli incontri in Regione e per decidere le forme di lotta e di mobilitazione necessarie, ma questa riunione si svolgerà sul bus che porterà la delegazione di Piombino a Roma, per essere presente alla trasmissione “Servizio Pubblico” di Michele Santoro.

Le Rsu utilizzeranno tutte le forme di mobilitazione per difendere il lavoro ed i lavoratori e hanno invitato il Vescovo della Diocesi a celebrare una Santa Messa presso la portineria dello stabilimento Lucchini, possibilmente con i suoi impegni entro il 20 dicembre.

Purtroppo ad oggi non vi è ancora l’asseveramento del piano delle banche allo Studio Notarile Chiarottini, quindi i tempi dello sblocco dei soldi derivanti dalla vendita di Ascometal si allungano nuovamente, con rischio concreto di commissariamento per lo stabilimento piombinese. Alcune ditte dell’indotto poi sono quasi al collasso, e se la situazione non si sblocca in fretta, molte famiglie rischiano di non vedere stipendi e tredicesime.

 Intanto i sacerdoti del Vicariato di Piombino sono intervenuti sulla difficile situazione Lucchini. «In una crisi generale che colpisce un sempre maggior numero di famiglie si auspica che prevalga il buon senso e la disponibilità. È sempre necessario porre al primo posto il bene comune, la dignità delle persone,il diritto al lavoro di ogni uomo. La partecipazione numerosa e responsabile allo sciopero del 15 novembre delle tante rappresentanze del mondo del lavoro, della scuola, dell’intera società e dei nostri amici immigrati, ci dice della comune determinazione e del fraterno impegno a trovare possibili soluzioni ai gravi problemi che caratterizzano questo delicato momento».

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Repubblica –  21 Novembre 2011

ECONOMIA ITALIANA

Siderurgia, l’acciaio italiano vola sulla domanda tedesca

GIORGIO LONARDI

Le aziende italiane ce la stanno mettendo tutta per uscire dalla crisi. E, a volte, riescono a sorprendere anche gli osservatori più attenti. Pensate all’acciaio: chi lo direbbe che un prodotto di questo tipo, che evoca immagini di ciminiere, colate di metallo fuso, grandi impianti e operai in tuta blu, sia in piena ripresa? E invece si. Ma la cosa più incredibile è che in questo momento siamo i migliori d’Europa, quelli che corrono di più, mostrando la rapidità e la flessibilità necessarie per cogliere l’attimo propizio nel mondo degli affari. Certo, la concorrenza asiatica è molto dura e i margini tendono a ridursi rendendo necessarie fusioni e accorpamenti di aziende per reggere competizione.
Csa stia accadendo lo spiega Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai, l’associazione confindustriale di settore: «Nei primi 9 mesi del 2011 l’acciaio made in Italy è cresciuto dell’11%. E’ una percentuale molto alta, molto superiore alla media europea, cresciuta del 4,5%. Noi, invece, stiamo correndo ad un ritmo più che doppio».

Insomma, sembra proprio che questa volta a tirare la volata all’Europa sia stata l’Italia. Per rendersene conto basta osservare cosa accade negli altri paesi produttori. La Germania aumenta la produzione solo del +3,2% mentre un calo si verifica sia in Spagna (2,8%), sia in Gran Bretagna (2,3%). Secondo Pasini, quindi «ci sono tutte le condizioni per chiudere l’anno con circa 28,5 milioni di tonnellate non troppo lontano dall’annata record del 2008 quando vennero prodotte circa 30,5 milioni di tonnellate».

Indubbiamente è più difficile stimare come questi numeri si traducano in termini di fatturato. Dopo il crollo produttivo del 2009 contrassegnato da un calo di oltre il 35% sotto i 20 milioni di tonnellate già nel 2010 c’è stato un forte rimbalzo. Un cambio di rotta che ha determinato un salto del fatturato a quota 30,3 miliardi (+31,4%). Già l’anno scorso e più ancora nel 2011 il boom dei ricavi è stato determinato sia dagli incrementi produttivi sia dal forte aumento della materia prima con rialzi dei prezzi tanto per il minerale quanto per il rottame. Ecco perché, come osserva Pasini, quest’anno ci si può aspettare un balzo dei ricavi “compreso fra il 20% e il 30%”.

Il boom dell’acciaio made in Italy non è però distribuito in modo uniforme. Il comparto che tira di più, infatti, è quello dei prodotti piani. A trainare la domanda è soprattutto l’industria automobilistica tedesca che continua a chiedere acciaio italiano di buona qualità. Ma è un po’ tutta l’industria della Germania, soprattutto la meccanica, ad essere in caccia di acciai speciali. In questo quadro buona parte della crescita produttiva va attribuita allo stabilimento di Taranto: il mega impianto del gruppo Riva che in primavera ha rimesso in funzione il IV altoforno. E visto che Taranto, da solo, pesa per un terzo su tutta la produzione nazionale questa notizie spiega buona parte dei risultati che si profilano per il 2011.

Se puntiamo la lente sul comparto dei prodotti lunghi, quelli destinati soprattutto all’edilizia ci accorgiamo che la crescita è più lenta. Tuttavia anche l’elettrosiderurgia del Nord sta fornendo un suo contributo alla ripresa del settore. Anche se in misura minore. Lo conferma il calo del ricorso alla cassa integrazione e la riduzione dell’applicazione dei contratti di solidarietà.

In questo scenario fa un po’ parte a sé il caso Lucchini, unica vera eccezione negativa: un’azienda con 3 mila lavoratori che rischiano di perdere il posto, tanto che la settimana scorsa a Piombino gli operai della Lucchini hanno manifestato assieme a quelli di Magona (ArcelorMittal) e Dalmine (Tenaris). I problemi sarebbero qui essenzialmente di natura finanziaria, effetto della gestione del magnate russo Mordashaw, che ora tenta invano di vendere il gruppo.

In ogni caso il contesto competitivo in cui opera il settore siderurgico rimane difficile. Come spiega Pasini «a trainare la ripresa non è certo il mercato interno. Il blocco dell’edilizia si ripercuote anche sui consumi di acciaio. Al contrario, però, l’export continua ad andare bene». Quindi aggiunge: «Il vero problema è la riduzione dei margini, compressi dal costo crescente delle materie prima e dalla dura concorrenza dei paesi emergenti. Emblematica la situazione in Africa dove non ci confrontiamo solo con i francesi ma anche con i turchi».
E allora? Una delle risposte potrebbe essere l’aggregazione fra aziende per razionalizzare i processi produttivi e diventare più competitivi. E’ dunque in questa ottica che lo stesso Pasini sta lavorando da un anno a questa parte a un piano di aggregazione che oltre alla sua azienda (Feralpi di Lonato) dovrebbe coinvolgere altre due imprese bresciane (Alfa Acciai di San Polo e Ferriera di Valsabbia) e il Gruppo Pittini di Udine. Dice lo stesso Pasini: «Si tratta di un progetto ambizioso. Non dobbiamo farci scappare di mano il fatto che il Fondo Strategico della Cassa Depositi e Prestiti abbia come finalità la crescita delle aziende. Anche partecipando come azionista ai processi di aggregazione».

 

Scritto da il 22.11.2011. Registrato sotto Economia, Foto, ultime_notizie, video. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

1 Commento per “LUCCHINI: SITUAZIONE SEMPRE PIU’ COMPLESSA. A RISCHIO LO STABILIMENTO?”

  1. Roberto Saliti

    Vedete a che cosa hanno portato le privatizzazioni e la globalizzazione, nonchè il governo dell’europa e dell’italia da parte delle Banche e delle grandi multinazionali.
    La bicicletta che ci hanno regalato è senza cambio e anche mezza rotta e noi popolo “sovrano”, solo noi , bisogna pedalare per chissà quanto tempo.
    Bravi !!!! complimenti a tutti i governanti d’europa e d’italia degli ultimi 25 anni. A governare così era bona anche la mi nonna.

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    Nonostante l'addendum all'accordo di programma, senza il quale Rebrab sarebbe diventato Padrone a tutti gli effetti dello stabilimento, tale data viene comunque considerata dalla nostra testata come quella di inizio della crisi economica reale di Piombino. Da allora sono passati solo
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