SAN VINCENZO: LA MEMORIA PROTAGONISTA DI UN CICLO DI CONFERENZE
Prenderà il via lunedì 16 luglio alle ore 21.15, nella sala consiliare della Torre, il ciclo di conferenze dal titolo “Costruire e decostruire la memoria” ideato, coordinato e presentato dal professor Giovanni Manetti dell’Università di Siena.
Memoria e oblio sono i due poli entro il cui spazio si costruisce l’identità individuale e sociale ed è interessante osservare come la memoria, così come la tradizione, sia un fenomeno che ha tratti di autenticità e allo stesso tempo di artificialità. La memoria si basa cioè su dati che normalmente hanno manifestato una presenza in un contesto socio-culturale con determinate coordinate storiche, ma è anche frutto di selezione di determinati aspetti, che talvolta sono stati anche creati ad arte e che si vuole vengano a fare parte di una identità in cui riconoscersi.
Le conferenze estive di quest’anno vogliono far riflettere su queste tematiche, fornendo anche spunti per un dibattito sulla tradizione nella quale la comunità di San Vincenzo si vuole e si può attualmente riconoscere: un’identità fatta anche dall’incontro con i molti turisti che la scelgono come luogo in cui trascorrere un periodo di vacanza.
Nel primo incontro previsto per lunedì 16 luglio il professor Maurizio Bettini dell’Università di Siena parlerà di “Identità, tradizione e memoria. Gli uomini non sono piante: e scegliere la propria tradizione culturale è un diritto.”
Si può appartenere a una tradizione senza esserne prigionieri? E si può immaginare la propria identità senza ricorrere alla metafora delle radici? La tradizione non è qualcosa che si eredita per via genetica – o che la memoria trasmette meccanicamente da una generazione all’altra – ma la si costruisce e la si insegna passo dopo passo. Le radici sono un’immagine ingannevole, una costruzione retorica che vorrebbe far rientrare tradizione e identità addirittura nell’ordine vegetale della natura – finendo per escludere come ‘non naturale’ tutto ciò che esula dalle presunte radici di un gruppo.
Si proseguirà poi mercoledì 18 luglio, alle 21.15, con la professoressa Valentina Pisanty dell’Università di Bergamo che parlerà di “Usi e abusi della memoria”.
La memoria della Shoah occupa un posto centrale nella coscienza contemporanea. Non potrebbe essere altrimenti: la narrazione dello sterminio è troppo potente per essere tenuta a distanza, ci riguarda come individui e membri di comunità più o meno allargate. Ciò che muta, è l’intreccio degli usi a cui la sua memoria è stata sottoposta, con l’effetto di trasformare la Shoah in oggetto di devozione, collante ideologico, categoria di pensiero, prodotto di marketing e, all’occorrenza, strumento contundente. Tre i principali abusi che oggi si contendono la gestione della memoria: la negazione, la banalizzazione, la sacralizzazione.
Nell’ultimo appuntamento, in programma venerdì 20 luglio alle 21.15, il professor Piero Ricci dell’Università di Arezzo parlerà di “Il tempo abita in cucina: tra memoria e oblio”.
Un vangelo apocrifo racconta che Gesù, dopo il digiuno nel deserto, avrebbe chiesto il cibo che gli preparava sua madre, ritenuto da lui il migliore che ci fosse. Non da meno il Grande Critico del film Ratatouille di fronte al piatto che gli evoca la madre e la sua infanzia provenzale.
Il tempo abita in cucina: ovvero negli spazi deputati all’invecchiamento, alla stagionatura, alla frollatura, alle marinate, alla fermentazione, alla distillazione. Ed è sul tempo che lavora la memoria costruendo racconti di eventi e sapori più immaginati che vissuti, racconti che parlano di un animale onnivoro che si ciba di simboli, ora ricordando, ora dimenticando.