ACCIAIO, ROMANZO “CRUDO E REALISTICO”
Acciaio, il primo romanzo di Silvia Avallone, torna a far parle di sè. Raccogliendo critiche contrastanti, ha attirato l’attenzione dei produttori di Palomar che ne hanno tratto un film, presentato all’ultima Mostra di Venezia e in programma nelle sale dal 15 novembre. Di seguito la recensione del romanzo scritta da una nostra lettrice.
«Silvia Avallone, nata a Biella nel 1984, ha vissuto per lungo tempo nella città di Piombino in cui ambienta il suo romanzo d’esordio”scritto all’età di 25 anni: “ Acciaio”. Il libro vince numerosi premi ( Premio Flaiano, Premio Fregene, Premio Città di Penne, Prix des lecteurs de L’Express in Francia, Premio come miglior romanzo straniero della rivista francese “Lire”), ma il più prestigioso è il Premio Campiello 2010 Opera Prima, senza contare il secondo posto al popolare e importante Premio Strega 2010.
E’ un romanzo che parla di adolescenza, quell’età in cui la totipotenza del nostro essere è ai massimi livelli. Ma per Anna e Francesca, tredicenni quasi quattordicenni, amiche da sempre, è ancora più difficile viverla. In Via Stalingrado, quartiere degradato di Piombino, pieno di casermoni di stile sovietico assegnati agli operai che lavorano all’Acciaieria Lucchini, la speranza di intraprendere la vita sognata si scontra con una dura realtà di miseria, di delinquenza, di droga, di miti e ideologie inadeguati e difficili da raggiungere, di
lavoro duro che risucchia tutte le energie, di segreti inconfessati vissuti nei cortili assolati, nei night di quart’ordine, nei bar dove si annega nell’alcool la violenza quotidiana fatta e subita.
Sono belle Anna e Francesca, la bionda e la mora, e conoscono l’effetto del loro corpo sugli uomini. Sono trasgressive ed innocenti nello stesso momento e i loro ormoni schiumano di una vitalità che ancora non sono capaci di gestire.
Nel palazzone dove abitano, tutti sanno tutto di tutti. Francesca ha un padre violento che non lesina lividi né a lei né alla mamma Rosa, una donna giovane e sfiorita anzitempo, rassegnata come tante, ad un tipo di vita imprigionante e priva di libertà.
Anna ha una madre, Sandra, che cerca una via d’uscita nell’impegno politico, un padre che crede di essere un furbo ma non è altro che un piccolo delinquente dedito a loschi traffici che gli fanno passare lunghi periodi lontano dalla famiglia, a godere da solo delle sue alterne fortune. Il fratello di Anna, Alessio, bullo e bello, ma anche buono e generoso, operaio specializzato alla Lucchini, vive alla luce del sole una fasulla supremazia del territorio e di nascosto l’amore per Elena, socialmente inarrivabile e il bisogno di droga per
continuare quella farsa che è la sua esistenza. Intorno a loro, tutta una serie di personaggi di periferia, gente ignorata e spesso ignorante, gente vinta e perciò senza voce, gente semplice e onesta, gente che non suscita interesse, trascurata e sottovalutata da chi abita nel loro stesso Paese: l’Italia. Il problema della sicurezza degli operai e dei loro turni massacranti, della loro esistenza scandita dall’altoforno AFO 4 nella torrida estate del 2011, dove anche la grande Storia con l’attentato alle Torri Gemelle sembra un fatto lontano dai problemi impellenti e vitali della quotidianità, è quanto mai attuale.
Il racconto si snoda crudo e realistico e, anche se pieno di stereotipi, errori cronologici e luoghi comuni, come asseriscono le critiche negative, è capace di catturare il lettore, di emozionare con la sua forza espressiva e descrittiva, con i suoi personaggi a tutto tondo, con sensazioni sopite ma mai dimenticate.
Anna e Francesca, un’amicizia e un amore così difficili da etichettare, sono complici, alleate, tenere e orgogliose, nel rappresentare quel loro legame insostituibile e salvifico, l’unico possibile affinchè il futuro non sia solo un attimo che passa veloce volando via per lasciare alle spalle un’età sconfitta e prematuramente disincantata».
Maristella Copula
Anna e Francesca sono amiche.
L’amicizia vera è un sentimento così potente e mai distratto, così presente e mai dimenticato. Anna e Francesca mi rendono malinconico e mi commuovono.
Anna e Francesca sono nostre figlie, la loro storia è la storia della Piombino di oggi.
La Città deve smettere di sognare il paradiso, siamo ai limiti dell’inferno, solo che non vogliamo ammetterlo.
Un’ultima cosa: prima di criticare è necessario leggerlo il libro perchè non sarà un capolavoro ma di certo è un ottimo romanzo.
Non guardate solo la televisione, leggete anche poco ma tutti i giorni, vi farà bene.
Ciao
si, realistico come un articolo del “Giornale”.. ma andatelo a chiedere agli operai che ci lavorano alla Lucchini quanto è realistico quel libro, a chi abita ai Ghiaccioni quanta droga delinquenza ci siano.. credo che la nostra (?) “grande” scrittrice non c’abbia mai messo piede
Dai Angelo ma quale Piombino di oggi? questo romanzo manipola totalmente la realtà della Piombino di oggi, andando anche ad infangare la memoria di un ragazzo che in fabbrica c’è morto davvero. Fa bene leggere, ma almeno essendo consapevoli di quello che si legge, una persona che non conosce Piombino può cadere facilmente nel tranello, non chi ci abita da sempre; ma dove esiste via Stalingrado?
Carissimi sig.ri Matteo e Marco voi certamente non avete perso molto tempo sui libri perchè altrimenti sapreste che cos’è un romanzo e quale parte della “realtà” generalmente descrive un romanzo.
Fate una cosa, sgombrate la mente da pregiudizi e rileggetelo.
Non vi dovete offendere perchè una cosa così e prassi fra gli amanti della lettura e fra coloro che desiderano veramente cogliere “l’animo” del racconto.
Sulla morte del ragazzo poi, sig. Marco, credo sia un suo abbaglio demagogico e non aggiungo altro proprio per il rispetto che nutro sulla morte di un ragazzo che conoscevo e che stimavo.
A toute l’heure