UN ANNO PERSO PER LA LUCCHINI…

L’EDITORIALE                                   di Giuseppe Trinchini trinchini

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Corriere Etrusco “numero 16” del 19 Luglio 2013.

Finiti i tempi degli spot, dei “Piombino non deve chiudere” e dei “NO” del sindaco al rilascio delle concessioni edilizie per la realizzazione di un eventuale forno elettrico come proposto da Klesh circa un anno fa, oggi ci ritroviamo, dopo l’intervento del commissario Nardi che ha confermato lo scorso 15 luglio che l’azienda è giunta “stremata” all’amministrazione straordinaria, e con limitate possibilità di Intervento dopo aver bruciato in quattro anni 800 milioni di euro (circa 16 milioni di euro al mese, con un leggero decremento delle perdite negli ultimi mesi, ndr.), praticamente al punto di partenza.

La politica si sta muovendo principalmente grazie alle proposte dell’onorevole Velo, che è  promotrice di un ordine del giorno per sollecitare la convocazione di un tavolo con i due commissari di Piombino e Taranto, per l’auspicato accordo commerciale per la fornitura di bramme prodotte a Piombino, e che sta cercando di coinvolgere più soggetti politici in questa vicenda che avrebbe ripercussioni sociali ed industriali enormi, anche perché senza un intervento del governo, Lucchini non avrebbe liquidità sufficiente per assicurarsi le materie prime, che dovrebbero arrivare dall’Ilva.

In un mese non c’è stata neppure una manifestazione di interesse ad acquisire lo stabilimento di Piombino con il suo ciclo integrale.

In prima fila per l’acquisto dell’intero impianto di Piombino è invece il solito gruppo svizzero Klesch, che proprio nei giorni scorsi ha avviato la produzione in Italia con Leali Steel. Oltre agli svizzeri è in campo, però, anche una cordata italiana. Tra i componenti dell’«alleanza» l’unica azienda che ha confermato ufficialmente il suo ruolo è, ad oggi, il gruppo Feralpi, e le Acciaierie Venete, anche se la storia del nostro paese è pieno di “fantomatiche” cordate italiane.

La manifestazione di interesse da parte del fondo svizzero prevede un progetto che elimini il ciclo integrale, che verrebbe sostituito da un forno elettrico. Se quindi alla fine lo stabilimento finirà nelle mani del gruppo Klesch risulterà ancora più grave lo stop imposto all’acquisto lo scorso anno.

Il commissario Nardi negli ultimi mesi ha lavorato in silenzio. Le uniche notizie che sono circolate in azienda riguardano però uno studio commissionato dalla Lucchini per valutare la fattibilità di un’acciaieria elettrica, ricollegandosi nuovamente al progetto Klesch. Le misure e le valutazioni della portata degli impianti di sollevamento sarebbero state fatte nel capannone dei convertitori. Ma è questa una ipotesi già bocciata dal sindaco Anselmi: un impianto troppo rumoroso, troppo vicino alla città. Ormai i tempi di vita dell’Afo (il cui fine vita sembra previsto proprio a fine settembre, ndr.) e quelli necessari eventualmente a realizzare un forno elettrico sono profondamente sfalsati, e anche la promessa di un’acciaieria elettrica non ha ad oggi certezze.

Anche impianti innovativi come Corex oppure Finex  richiedono 48 mesi per essere costruiti e 350 milioni di euro investiti da un imprenditore che se ne assuma il rischio, come ha chiaramente sottolineato Nardi a Roma. Progetti di lungo periodo che rischiano di trovare lo stabilimento già morto.

Oggi, nell’attesa che si sblocchi l’accordo con Taranto, l’unica certezza è che l’altoforno è giunto a fine vita e le casse della Lucchini sono vuote. Siamo sicuri che un anno fa la scelta del commissariamento sia stata quella giusta?

Giuseppe Trinchini

Scritto da il 19.7.2013. Registrato sotto Editoriali. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

1 Commento per “UN ANNO PERSO PER LA LUCCHINI…”

  1. Alberto

    Piombino raccoglie quanto seminato (poco) in anni di garantismo assistenzialista. Il mercato c’era e Piombino si accontentava del minimo per sopravvivere; mai uno sforzo per fare di più , per guardare lontano e capire che senza investimenti e rinnovamenti la fine sarebbe arrivata. Perché nulla e’ eterno, tutto ha un inizio ed una fine, soprattutto se non si fa nulla per cambiare. Le impresette locali si sono ingrassate le tasche succhiando il latte alla vacca Lucchini, i dipendenti intanto assistevano passivi. E ora che vuole Piombino? Una mano da chi? Dai contribuenti? Lo stabilimento deve chiudere, altro che Piombino non deve chiudere. Chiuda e Piombino si rimbocchi le maniche dedicandosi ad altro, in primis al terziario: il posto fisso non c’e piu’ , game OVER!

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    Nonostante l'addendum all'accordo di programma, senza il quale Rebrab sarebbe diventato Padrone a tutti gli effetti dello stabilimento, tale data viene comunque considerata dalla nostra testata come quella di inizio della crisi economica reale di Piombino. Da allora sono passati solo
    88 mesi, 20 giorni, 19 ore, 38 minute fa

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