EDITORIALE: PIOMBINO DEVE CHIUDERE?
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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Corriere Etrusco “numero 25” del 27 settembre 2013.
Una nuova puntata del “dramma” Lucchini, ormai ai titoli di coda, è approdata il 25 settembre scorso alla Camera durante il question-time con il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, che ha fornito a un’interrogazione del PD risposte non molto rassicuranti sulla richiesta di un intervento urgente per salvare la siderurgia ed assicurare la continuità produttiva della Lucchini e dell’Ilva. «Il governo sta lavorando in raccordo con le iniziative messe in campo dall’Europa» ha sostanzialmente detto Zanonato.
Il Ministro non è andato molto oltre le informazioni già note sul programma presentato dal commissario straordinario della Lucchini Nardi che, sulla base di alcune manifestazioni d’interesse ricevute per gli asset del Gruppo prevede una vendita-cessione separata degli stabilimenti di Piombino, Lecco e Trieste. Per la Ferriera di Servola ha confermato l’interesse all’acquisto da parte del Gruppo Arvedi. La chiusura dell’altoforno di Piombino, a fine novembre, potrebbe procurare da subito la sospensione di circa 1000 lavoratori.
Sia il deputato Silvia Velo che i sindacati, entrambi delusi dalle generiche risposte date dal Ministro, hanno chiesto per l’ennesima volta di non perdere altro tempo; i sindacati poi continuano a sostenere la necessità di tenere in funzione l’altoforno fino al 2015, finché non saranno concretamente messi in campo nuovi progetti. Inoltre stanno preparando lo sciopero generale di zona e la manifestazione del 3 ottobre alla presenza dei tre segretari nazionali Raffaele Bonanni, Susanna Camusso e Luigi Angeletti. «Tutto si deciderà il prossimo mese – affermano congiuntamente – e siamo stufi delle parole. Il tempo è scaduto e lo Stato deve intervenire assicurando che lo stabilimento, attraverso il lavoro, possa acquistare le materie prime per andare avanti».
Ma a Piombino non rischia la chiusura solo la Lucchini. Sembra in atto uno smantellamento progressivo di tutti i servizi acquisiti nel tempo in questo Comune, che si sta di fatto declassando da città a paese con l’aggravante della enorme distanza dal capoluogo provinciale.
A metà settembre ha chiuso il tribunale a Piombino e a Portoferraio. Un’altra “commedia” che la politica non ha saputo adeguatamente affrontare, e che a Piombino è passata sotto silenzio, mentre all’Elba sono ancora in corso le proteste degli avvocati, ed in tal senso è ovvio che la responsabilità maggiore si debba accollare a chi è più rappresentativo, che forse volutamente, per evitare di scegliere, se ne è lavato le mani (a parte qualche intervento doveroso e di facciata).
Il 30 settembre prossimo , sempre a Piombino, chiude “Equitalia”. Pertanto, se i cittadini della Val di Cornia vorranno interloquire con gli uffici di riscossione delle cartelle esattoriali dovranno farlo telefonicamente oppure spostandosi nelle sedi di Livorno o Portoferraio.
Il giudice di pace è garantito fino al 29 aprile 2014 e poi il personale dello Stato sembra sarà sostituito da quello dei Comuni. L’ospedale di anno in anno viene sempre più ridimensionato, anche questo senza particolari proteste da parte dei piombinesi.
La sede Inail di Piombino non è stata ridimensionata, ma riclassificata da sede di tipo A a tipo B, senza così pregiudicare l’efficienza dei servizi all’utenza, ma consentendo di collocare in modo più razionale le risorse umane mediante una migliore organizzazione del lavoro.
Ancora una volta a pagarne le spese saranno i cittadini della Val di Cornia, che inevitabilmente stanno regredendo ad un livello inferiore in termini di diritti e servizi rispetto a quelli delle altre province, in particolare quelle più centrali e vicine al capoluogo. Il vero problema quindi, è che alla fine col cerino in mano non rimarrà la politica, ma i piombinesi che per qualunque pratica saranno costretti a prendere la macchina e oltre al tempo e alla benzina, ogni volta sempre più cara, per andare a Livorno dovranno pagare anche l’autostrada più cara d’Europa.
Giuseppe Trinchini
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