COPPOLA: «IL BINOMIO CITTA’-FABBRICA E’ AMPIAMENTE SUPERATO»
Piombino (LI) – Abbiamo intervistato Luigi Coppola, consigliere comunale uscente e candidato sindaco per la lista civica «Svolta Popolare» a Piombino in vista delle prossime amministrative.
Anche l’UDC ha scelto la strada della rinuncia al simbolo per appoggiare una lista civica. Perché questa scelta? Non crede che l’eccessiva frammentazione delle opposizioni favorisca il PD?
Il simbolo dell’UDC è una questione identitaria e di partito, Svolta Popolare Piombino per tutti è una cosa diversa, funzionale ad un progetto programmatico per un territorio che sta attraversando una crisi profonda. I partiti purtroppo hanno bisogno di essere rigenerati, oggi sono associazioni che si identificano nel leader e non in ciò che vorrebbero rappresentare come aria culturale di riferimento. La gente vota il simbolo con il nome del capo, se poi ad essere eletti nelle liste sono dei cani o dei gatti importa poco, mentre noi vogliamo riscoprire la cultura popolare dell’Italia dei comuni in antitesi con il concetto di populismo, improntato sulla protesta o sulle promesse irrealizzabili. Pertanto la nostra è una lista popolare e non civica, che esprime una precisa concezione della politica al servizio dei cittadini. Il civismo puro oggi, a fronte dei poteri limitati degli enti locali, se non accompagnato da percorso che faccia riferimento a forze che hanno riferimenti regionali, nazionali ed europei, può essere un’arma spuntata. D’altra parte i livelli decisionali che coinvolgono i comuni hanno necessità di riferimenti istituzionali in tutti gli ambiti e pertanto sono necessari legami e rapporti più ampi. Avremmo voluto un’ampia area di contrapposizione alle forze che sono egemoni da decenni del potere locale; ci abbiamo anche provato con appelli e vi sono state precisi incontri con soluzioni possibili, ma ad un certo punto sono subentrate logiche e candidati pilotati dall’alto che non hanno permesso che ciò avvenisse.
Di fatto il PD è ancora molto forte ed è evidente che anche nell’opposizione c’è chi immagina di potersi accomodare al loro tavolo in caso di ballottaggio e la frammentazione aiuta questa ipotesi.
Come vi comporterete in caso di ballottaggio?
Dipende da chi andrà al ballottaggio, auspicando che con la frammentazione potremmo andarci anche noi. Certamente non saremo dalla parte di chi governa la città da oltre 70 anni, noi apparteniamo ad un’altra tradizione, e non è un problema di geografia politica centro-sinistra-destra, bensì di metodi e di esercizio del potere. Noi siamo per il merito e per le pari opportunità nel senso ampio del termine, consociativismo e legami strutturati li abbiamo sempre combattuti e continueremo a farlo. A noi interessano i cittadini e cerchiamo con proposte serie e sobrie, senza inutili ed irrealizzabili promesse, di tentare di risolvere i loro problemi quotidiani.
In caso di vittoria elettorale quali saranno i punti forti del vostro programma?
Questa città deve cambiare modello sociale di riferimento, purtroppo gli stereotipi del passato sono tramontati. Il binomio città-fabbrica è ampiamente superato, pertanto si deve voltare pagina e riconsiderare una serie di questioni che sono state abbandonate per favorire la monocultura. Serve prima di tutto un cambiamento culturale, che peraltro già è incominciato, ma mancano riferimenti formativi efficaci che indirizzino verso le nuove vocazioni professionali.
La formazione sarà uno dei punti cardine, poiché non vi è sviluppo senza adeguata conoscenza.
Purtroppo nel breve termine non vi sono soluzioni facilmente raggiungibili, gli errori commessi nel passato non si cancellano in poco tempo. Servono anni per riconvertire un territorio ed è opportuno incominciare a pensarci fin da subito per le generazioni future, non ce la sentiamo di fare promesse che non siamo in grado di mantenere, tale compito lo lasciamo a chi è abituato a raccontare che i coccodrilli volano. Comunque oggi è tutto più veloce ed in poco tempo si possono presentare opportunità da cogliere al volo, pertanto serve una classe dirigente preparata e capace di gestire le eventuali opportunità che si potranno presentare. Dobbiamo ripartire dal terzo settore e dalla green economy, lasciando perdere ipotesi superate da tempo fra le quali il diportismo in crisi in tutta Europa, che tutti continuano a sbandierare.
Sono giorni difficili per l’industria a Piombino e per l’indotto. Come uscire da questa situazione? Cosa si poteva fare e non è stato fatto?
Le problematiche partono da lontano e sarebbe troppo difficile pretendere che oggi si possa arrivare ad una soluzione indolore. Qualcuno ha dimenticato che 30 anni fa vi erano oltre 12.000 addetti e che oggi sono meno di un terzo. Piombino è sopravvissuta alla crisi della siderurgia degli anni 90, ricordiamo che molti siti sono stati chiusi e se qui non è accaduto non dobbiamo dimenticare che sono stati fatti molti sforzi in tal senso, ma sapevamo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto. Purtroppo il territorio non è preparato a trovare risposte adeguate in termini occupazionali alternativi alla fabbrica, questo è il problema principale. Auspichiamo che accada qualcosa di positivo, ma è certo che il modello produttivo cambierà radicalmente e sicuramente comporterà dei sacrifici. È ovvio che senza idee chiare e unità di intenti si andrà poco lontano, soprattutto se alla fine non dovessero esservi acquirenti con un progetto industriale realizzabile.
Comunque queste sono partite che si giocano in consessi diversi da quello locale, e noi, nonostante gli sforzi, siamo costretti a subire decisioni altrui.
Come giudica 10 anni di Amministrazione Anselmi?
Sull’operato di Anselmi mi sono espresso chiaramente in questi ultimi 5 anni con un’opposizione tenace sulle tante cose che non ho condiviso, vi sono atti pubblici e articoli sulla stampa che testimoniano il mio operato. Pertanto credo che oramai non serva giudicare il passato, visto che abbiamo di fronte un futuro tutto da costruire, alla luce anche delle difficoltà che stiamo affrontando per le quali dovremo impegnarci con vigore.
É arrivato il decreto regionale sull’inquinamento acustico che mina le entrate dei ristoratori e mette in difficoltà il turismo. È così difficile diversificare e far convivere quest’ultimo con l’industria?
Piombino è una città industriale con una vocazione turistica nell’ambito extraurbano, che chiaramente va sostenuta e sviluppata, ma è cosa ben diversa dalle realtà consolidate sotto questo profilo. Lo si vede anche nelle piccole cose che non abbiamo una mentalità improntata sull’ospitalità. Servono anni ed adeguata formazione per avere uno sviluppo concreto.
Peraltro gran parte delle presenze provengono da campeggi molto grandi che hanno formule particolari e che si sono sviluppati in modo anomalo con il metodo delle quote di proprietà.
Pertanto i turisti veri e propri ci sono solo in periodi precisi della stagione (estremamente breve), e gran parte di costoro alloggia nel nostro comune, ma frequenta le cittadine turistiche limitrofi, certamente più accoglienti di Piombino. Servirebbe un salto di qualità, ma la presenza delle fabbrica è comunque un limite invalicabile, nonostante il centro storico sia molto caratteristico.
Il decreto sull’inquinamento acustico è un’imposizione regionale e gli enti locali lo subiscono.
Sarebbe opportuno scindere il binomio musica-turismo, sono due cose separate ed abbinarle è fuorviante. Talvolta invece che leggi regionali rigide servirebbe buon senso e soprattutto maggiore autonomia degli enti locali. Certamente non è facile mettere d’accordo chi vuole fare musica, ma il limite sta nel fatto che l’intrattenimento piombinese si concentra tutto in poche centinaia di metri ed in un’area ad alta densità abitativa. La responsabilità è di un’errata pianificazione che si è succeduta negli anni e che oggi comporta queste complicazioni.
Giuseppe Trinchini