CANTIERE IN MOVIMENTO: «CON NOI SOLIDARIETA’ E DIVERTIMENTO»
Abbiamo intervistato i ragazzi di “Cantiere in Movimento”, associazione giovanile di Riotorto, il cui presidente è Francesco Antenucci.
Forse non tutti vi conoscono: volete presentare Cantiere in Movimento?
Siamo nati ad aprile 2005 dalla voglia e necessità di diversi giovani riotortesi di creare un qualcosa di nuovo e diverso dall’esistente all’interno della nostra comunità. Già ricco di associazioni sportive e ricreative, ci sembrava che mancasse un qualcosa all’interno del paese, quanto meno una voce diciamo critica e che fosse in grado di mettere in discussione quello che già c’era, nelle modalità e nei contenuti, senza la presunzione di voler prevaricare o criticare in maniera disfattista. Tutto questo portando il rispetto che le associazioni già esistenti meritavano, senza disdegnare però la volontà di agire in un modo anche diverso e alternativo soprattutto nelle finalità e negli argomenti affrontati. Un percorso che ovviamente speriamo di poter proseguire anche nei prossimi anni, pur consapevoli delle continue e crescenti difficoltà che sta incontrando il mondo delle associazioni in generale, con restrizioni sempre maggiori ed una burocrazia che invece di snellirsi aumenta di volta in volta.
Siamo alle porte della decima edizione di “Movimentazione”. Quali sono gli ingredienti del suo successo?
Ripensando a quando siamo partiti, alle critiche e alle maldicenze che qualche ben pensante ci ha tirato addosso sin dall’inizio per proseguire negli anni successivi, vedere che fra pochi giorni andrà in scena la decima edizione di questo festival musicale ci rende fieri di questo traguardo. Non sappiamo bene quali sono gli ingredienti di questo successo, se comunque di questo si può parlare. Sicuramente nel tempo abbiamo fatto tesoro degli errori commessi, cercando di non ripeterli e di migliorarci, senza badare troppo alle cose che andavano bene concentrandoci invece su quelle che non funzionavano. Premesso questo c’è da dire che una buona cucina, dove da tempo, nei limiti anche delle offerte che il territorio offre, vige il chilometro zero, il prodotto biologico e l’azzeramento dell’uso della plastica a beneficio dei prodotti naturali tipo l’amido di mais, un consueto buon programma musicale che nel tempo ha visto esibirsi gruppi locali, emergenti o già affermati affiancati ad altri di fama nazionale, l’assenza di un biglietto d’ingresso, e la partecipazione di altre realtà associative del territorio con le quali spesso abbiamo condiviso anche progetti di solidarietà e cooperazione internazionale hanno fatto il resto.
Potete anticiparci qualcosa del suo programma?
Partiamo il giovedì con l’esibizione di cinque gruppi della scuola piombinese di musica Woodstock: si esibiranno Survivor, PDA, Asteroidi, Crimson Thunder, The Others, Funkats. Venerdì serata dalle diverse sonorità: folk, reggae, ska, patchanka col giovane quartetto dei Wena Sghena prima dei Malamanera, un quintetto di musicisti di esperienza e valide capacità, che si sta ritagliando un importante e meritato spazio nel panorama musicale del territorio. Sabato sera folk rock con i Bifolchi e la Bottega del Ciarlatano, altre due realtà cantautorial come i Malamanera, la prima una formazione di recente nascita, la seconda una band ormai collaudata da diversi anni di attività. Domenica invece chiusura con uno spettacolo su Giorgio Gaber, dal titolo “Far finta di essere Gaber”, un racconto fra parole, musica e canzoni dell’autore milanese scritto da Cosimo Postiglione con esecuzione ed arrangiamenti di Paolo Mari. Gli spettacoli inizieranno alle 21 il giovedi e la domenica, alle 21:30 venerdi e sabato. Fra le varie, presenza di associazioni, libreria ed altro, confermiamo il menù vegano come lo scorso anno, che sarà realizzato dal collettivo dell’Ex caserma occupata di Livorno.
Oltre a “Movimentazione”, avete organizzato “Scompiglio” e spesso anche delle “Feste di strada” che animano via Valnera, occasioni aggregative per tutta la comunità. Da cosa nascono questi eventi sempre diversi?
Scompiglio è una rassegna di artisti e musicanti di strada, giunta lo scorso maggio alla nona edizione. Una giornata in cui Riotorto si tuffa fra giocolieri, arti circensi, teatro, musiche e tanto altro, col programma che varia di anno in anno, nata anche questa dalla voglia di portare qualcosa di nuovo e di inesistente nel paese, appunto in linea con quanto detto in apertura. Un evento che in realtà inizia la mattina con dei laboratori di attività ludica con i bimbi della scuola elementare. E poi ormai da un anno e mezzo abbiamo affittato un fondo in Via Valnera, battezzato “Officina 11”, che ci permette di sviluppare ed attuare certe attività fino ad allora represse dalla mancanza di una stanza-sede nostra. E da lì è nata anche la possibilità di poter creare dei momenti ricreativi nuovi, per dare altre possibilità alle persone di uscire di casa e socializzare, per strada, come succedeva spesso anni fa, prima che televisione e tecnologia varia prendessero il sopravvento. Cene di strada, con prodotti di stagione e del territorio, e poi musica, proiezioni, giochi e altre cose che vorremmo realizzare nell’immediato futuro.
Non vi occupate solo di divertimento, ma anche di solidarietà. Volete raccontarci i vostri progetti?
Siamo partiti con la raccolta dei tappi di plastica, o meglio di politilene, uno dei tanti materiali di scarto che producono ricchezza. Il progetto è coordinato dal “Centro mondialità sviluppo reciproco”, associazione onlus di Livorno, che coi proventi porta acqua potabile nei villaggi della regione di Dodoma, in Tanzania. Poi c’è stata Alicat, progetto di “Amici di Massa Marittima”, una casa di accoglienza per orfani ad Addis Abeba: oltre venti bambini che hanno trovato un posto dove dormire, mangiare e soprattutto la possibilità di studiare. Il Progetto Zabrè, realizzato dalla Croce del Sud di Piombino, l’ampliamento di una scuola e di un centro medico in Burkina Faso. Il progetto Madame Astou, la ristrutturazione di un punto ristoro in Senegal, coordinato dall’Arci di Grosseto. La Casa famiglia Marisa, realizzato da Mano amica nella Repubblica Democratca del Congo, nei pressi della città di Goma, con progetti finalizzati all’alfabetizzazione di donne, alla costituzione di una cooperativa agricola ed all’avvio di una piccola struttura sanitaria. La Sala musica alla comunità di recupero per tossicodipendenti in località Le pianacce, prima che chiudesse. Ultimo, l’acquisto di un’autoambulanza per il villaggio senegalese di Tindody, realizzato col Coordinamento per la cooperazione internazionale della Val di Cornia. A questi ricordiamo poi alcune collaborazioni con l’Associazione Toffolutti contro le morti sul lavoro e con le Brigate di solidarietà attiva come l’acquisto di arance raccolte da campi intorno a Rosarno, prodotte senza lo sfruttamento della mafia ed altre campagne di solidarietà.
Punti di forza e punti di debolezza del mondo associazionistico nella nostra realtà.
Crediamo fortemente che una realtà associativa abbia compiti importanti, di educazione sociale e promozione di una cultura della condivisione. E crediamo che queste debbano crescere e vivere nella più totale indipendenza, per non subire prevaricazioni o interferenze, specie da parte di apparati legati alla politica. Vedere come è successo alle ultime elezioni amministrative che molti importanti dirigenti di associazioni si siano schierati con questo o quel partito ci ha lasciato perplessi, diciamo, pur restando fermo il principio che ognuno sceglie come muoversi. Crediamo che ci debba essere un confronto fra politica e associazioni, continuo e volto al miglioramento delle cose, ma che queste due realtà debbano viaggiare su binari paralleli, per mantenere lucidità e serenità nelle scelte che ognuno si trova ad affrontare e perché la credibilità, soprattutto delle associazioni e di chi le guida, non possa creare dubbi, discussioni o imbarazzi fra le persone che le sostengono.
Siete un’associazione giovanile: quali sono le motivazioni per cui un ragazzo dovrebbe avvicinarsi alle vostre attività?
Bella domanda! Alla base ci dovrebbe essere la voglia di interesse e tutela verso il proprio territorio e la propria comunità, tralasciando ovviamente gli interessi personali. Questo deve essere il primo principio, crediamo, per chi fa associazionismo. Specie oggi che si vive in un mondo dove nessuno ti regala niente e quindi se coltivi degli interessi devi per forza di cose darti da fare, armarti di buona pazienza e tanta volontà. E’ quello che ripetiamo spesso anche ai più giovani, ai quali diciamo, quando abbiamo dei momenti di confronto con loro, di abbattere l’apatia e cercare di emergere dall’anonimato. E di farlo magari anche con nuove associazioni: che lo facciano con noi o meno non ci interessa, l’importante è creare aggregazione, sana, genuina e spontanea, e trovare sbocchi per i propri interessi e obiettivi.