DEBORAH CIOLLI: «LA MIA ARTE NELLA CERAMICA»
Piombino (LI) – Abbiamo intervistato Deborah Ciolli, scultrice fiorentina naturalizzata piombinese che crea opere in ceramica ormai diffuse in tutta Italia. Fra i suoi soggetti più famosi figurano gli omini volanti, i cuori, i pesci, le composizioni su legno, ma la sua arte è aperta a qualsiasi spunto e sempre in evoluzione.
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Da quanto tempo crei le ceramiche e quando hai capito che la tua passione era diventata una professione?
Sono quasi vent’anni che faccio questo lavoro e ho iniziato per caso. Mi sono diplomata in un istituto tecnico agrario e poi ho studiato Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università, ma non mi piaceva. Quando mi sono sposata, trasferendomi a Piombino, ho lasciato gli studi.
Mio marito Marco voleva frequentare un corso di ceramica ed è andato a farlo presso l’Atelier di Monica Borca; l’ho seguito per fargli compagnia e lì mi sono innamorata definitivamente della ceramica. Ho iniziato a creare, poi grazie a un progetto regionale ho ricevuto dei fondi e ho aperto il laboratorio: prima facevo i piatti di Montelupo, Faenza e cose del genere, poi ho iniziato a creare la mia produzione, a tenere corsi per bambini e per adulti che sono continuati negli anni, poi sono andata nelle scuole a insegnare la ceramica. Accadde che Fabiola (Bertolai, del negozio “Arte e Cornici” di Piombino, ndr) vide alcuni dei miei lavori che non mostravo al pubblico, ma facevo per me, e mi propose di venderli nel suo negozio, incentivandomi perché all’inizio ero scettica. L’intuizione di Fabiola si rivelò esatta, quindi abbandonai le produzioni altrui e mi concentrai sulle mie opere.
A cosa ti ispiri quando crei?
La mia ispirazione deriva dall’antica Mesopotamia. I colori prevalenti nelle mie opere, ovvero il giallo ocra, il turchese e il blu, sono i colori che usavano gli assiro-babilonesi e le ricette sono, con piccole variazioni, le stesse, cioè si basano sull’uso del rame, del cobalto e dell’ossido di ferro; mi piace usare elementi legati alla nostra tradizione mediterranea. Mi ispiro anche alle cose che succedono, agli amici, a chi conosco, ai libri che leggo; ad esempio, i miei uomini volanti sono ispirati a un libro di Louis De Bernières, uno storico che ha scritto “L’impossibile volo” sull’avvento della Turchia moderna.
Nel libro figura un personaggio che è un vasaio, costruisce fischietti e dice «gli uccelli sono uomini senza pensieri e gli uomini sono uccelli senza ali, perché hanno i pensieri ma non possono volare». Questo concetto mi ha ispirato gli omini che volano liberi perché si sono liberati dei pensieri. Altri miei lavori sono ispirati a un libro di Jaly , “L’ultimo grande viaggio di Olivier Duveau”, che è un personaggio che sogna di andare tra le stelle e per andare tra le stelle muore, però finalmente è felice, quindi rappresenta un concetto diverso della morte che mi è piaciuto molto: la morte come viaggio verso qualcosa di più bello, e non sempre come qualcosa di brutto, triste e angoscioso.
Mi ispira anche la mia famiglia, che è enorme: ho 12 fra zii e zie, i miei cugini vanno dai settant’anni all’infanzia, ho parenti in giro per il mondo e prendo spunto dalle loro avventure, dalle loro vite, dalle loro esperienze. Ho cugini che hanno vissuto con gli Indios amazzonici, altri che hanno vissuto in Messico, in Colombia, in Francia, Germania, Australia, mi piace questo scambio.
Fra i protagonisti delle tue creazioni ci sono gli “omini”: cosa rappresentano?
Gli omini ci sono sempre perché rappresentano un’umanità gioiosa, divertente, un’umanità che se ne va in giro senza rompere troppo le scatole alla natura e all’ambiente, anche se nella realtà purtroppo non è così. I miei omini sono rispettosi e sono tutti un po’ buffi, un po’ strani, un po’ colorati, sono allegri e vivaci. Sono asessuati, rappresentano il genere umano, nonostante le donne per me sono sempre più ieratiche: rappresento la donna guerriera, guerriera nel senso col cuore, con l’amore, con la passione, con l’entusiasmo, mentre l’uomo è più terra terra.
Dare vita ad oggetti in ceramica è un modo per esprimersi: cosa ha di speciale questa materia?
È qualcosa di magico perché è acqua, aria, terra e fuoco, e l’uomo è il quinto elemento che mette mano a queste cose che vengono dalla natura. C’è una specie di magia anche nei colori: le tonalità che vedete sulle opere concluse non sono uguali a quelle che stendo prima che l’oggetto vada in forno.
Inoltre le testimonianze storiche della ceramica sono antichissime, è stata un’esigenza umana quella di ricorrervi per bere e per mangiare. Poi sono venuti gli idoli, i gioielli, le tegole, i pavimenti, i bagni: la ceramica è qualcosa che è dentro l’uomo. Anche il concetto biblico di Dio che prende la terra e modella un uomo e una donna riporta a un dio vasaio; tuttavia la concezione di formare un uomo dalla terra è presente in molte religioni, quindi la ceramica è qualcosa che è dentro l’uomo. Quando i bambini hanno modo di mettere mano alla ceramica è come se parlassero con la parte più arcaica, più profonda. La stessa cosa avviene con gli adulti, che modellano la terra in modo naturale, a prescindere dalla bravura.
Fai pezzi unici o produci in serie?
Talvolta mi richiedono delle cose simili, di ripetere un soggetto, e io lo faccio, ma ogni pezzo è creato a mano ed è unico, nulla è uguale a un oggetto precedente, altrimenti non avrebbe senso. Non ci sono degli stampi. Uso dei legni di mare, che non sono mai uguali, mi adatto a quello che la natura mi dà, a ciò che il mare ha rielaborato mettendomi alle prese con un legno che ha una determinata storia e una determinata forma.
Le creazioni stanno nel mio laboratorio, poi alcune sono destinate ai negozi (i negozi attuali sono “Arte e Cornici” a Piombino, a Marciana Marina, a Firenze in Piazza Duono, a Milano, nelle Cinque Terre, a Parma, a Piacenza e a Lucca), ed altre alle mostre (ad esempio presso il museo della maiolica in Germania). Alla fine spero che se ne vadano tutte di casa, faccio come le mamme: penso che debbano trovare la loro collocazione nel mondo.
Quali sono le collaborazioni attuali?
Da sei anni collaboro stabilmente con l’Ipc Ceccherelli di Piombino con il progetto “Arte come integrazione”: diversamente abili e normodotati comunicano e stanno insieme attraverso la ceramica. In più collaboro con “Sempre Donna” organizzando dei corsi per le donne malate di tumore: queste vengono nel mio laboratorio dove le lezioni di ceramica sono abbinate alla psicoterapia. Collaborare con le donne malate è stata una delle esperienze più belle che abbia mai fatto; una di loro è stata meravigliosa: è venuta qui fino a 5 giorni prima di morire perché nella ceramica trovava un momento che, come diceva lei, le toglieva tutti i problemi e tutti i pensieri. Forse questa materia è davvero dentro ognuno e dialoga con la parte più profonda di noi.
Quali sono i prossimi eventi in programma per mostrare la tua arte in Italia?
Dall’11 luglio mi attende a Recco (Ge) una mostra organizzata con un gruppo di ceramisti, intitolata “In asse con il mondo”. Il soggetto della mostra sono delle colonne, che io chiamo totem; il nome del mio totem è “Mi chiamo Deborah”, perché rappresenta la mia visione della vita, in un equilibrio giocoso, un po’ precario.
Inoltre dall’11 settembre tengo una personale al museo Piaggio di Pontedera che si intitola “Racconti di Terra”: riguarda un concetto tutto mio, la nascita dell’uomo ecologico. In questa mostra vorrei raccontare la visione di uomo e di una donna che vivono in armonia e in sintonia con la natura. Io ho un sogno, forse è un’utopia: trasformare il mio laboratorio in un laboratorio a impatto zero, in cui i forni vadano a energia solare e in cui tutti i materiali siano, per quanto possibile nell’ambito della ceramica, privi di sostanze tossiche e riciclabili.
Sei una fiorentina che vive a Piombino da vent’anni: cosa pensi della città?
A Piombino ci vivo bene. Ha i limiti di un piccolo centro, ma anche i pregi di un piccolo centro: la cosa che mi è piaciuta di più di Piombino è il ritmo della vita, che è più umano rispetto alle grandi città, più concitate. Piombino mi ha dato modo e tempo di fare quello che volevo, di vivere una situazione che a me piaceva. In più la trovo una città stupenda, per alcune cose tenuta male, ma bellissima. È l’unico centro medievale sul mare, è una città d’acqua, è una città con la storia che parte dai Villanoviani e arriva ai giorni nostri, con dei posti che sono unici.
A Piombino c’è gente che viene da tante parti diverse, non è vero che la città è un posto chiuso. Ho fatto amicizia con una fotografa tedesca che vive qui, Sabine Lecourt. Nelle case sotto alla mia vive una scrittrice americana che da New York si è spostata a Piombino e qui scrive libri che pubblica in America. Ho conosciuto gente di tutto al mondo: essendo sulla costa, la città richiama tanta gente. E poi è un posto culturale: a Sant’Antimo fanno concerti gratuiti di musica classica, poi ci sono i concerti jazz. Firenze è la mia città e la amo tantissimo, la mia famiglia è lì, ma io non ci tornerei a vivere e non andrei via da Piombino.
Chiara Bellucci
grazie mille per il bellissimo articolo.