EDITORIALE: FUTURO “URGENTE” PER LA VAL DI CORNIA
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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EDITORIALE: «FUTURO “URGENTE” PER LA VAL DI CORNIA»
Corriere Etrusco “numero 65” del 18 luglio 2014.
I politici locali, che amministrano da 70 anni consecutivi la città, dopo averci recitato gli slogan “Khaled il salvatore”, la “Concordia a Piombino”, e il mantra “Piombino non deve chiudere” per quasi due anni, ora si dilettano nell’attesa di indicarci quale futuro dovrà avere questo territorio.
Le sventure che hanno colpito Piombino di sicuro non sono da addebitare ad una forza occulta nazionale che si accanisce sulla città per ridimensionarla. «E’ sempre colpa di qualcun altro», come se gli amministratori locali non fossero dello stesso partito che governa anche a Firenze o Roma.
Piombino quindi oggi raccoglie i frutti di quella monocultura che era già di fatto “finita” con la crisi del 1992, con un tipo di siderurgia che non aveva più prospettive. Tutto per 25 anni ha continuato a marciare come se nulla fosse successo, con l’obbiettivo unico di resistere ciechi di fronte ad un mondo che in questo ultimo quarto di secolo si è trasformato in modo incredibile. La restaurazione, come sempre nella storia, anche in questo caso è fallita.
L’altoforno è ormai spento, la cokeria sembra che lo seguirà a breve e quindi possiamo definitivamente considerare chiusa l’esperienza secolare del ciclo continuo a Piombino. Ne è la prova anche l’unica offerta pervenuta per la Lucchini dalla Jindal, che è interessata solo ai laminatoi e all’accesso al porto commerciale.
Bisogna quindi scegliere in modo innovativo il futuro di questo territorio e quale ruolo deve avere la Val di Cornia nel sistema Italia. I residenti, è chiaro dalle reazioni che hanno avuto nei confronti della proposta di centrale a carbone, non tollerano più “spolverini o puzzi” provenienti dagli stabilimenti, ne promesse di bonifiche ventennali; e quindi bisogna che il progetto “Val di Cornia 2.0” sappia valorizzare tutto (industria, piccola impresa, artigianato, turismo e agricoltura) con armonia, perché la monocoltura è perdente. Sempre.
Il piano deve essere davvero «complessivo, urgente e indispensabile». L’alternativa è un territorio che nel giro di pochi anni si spopolerà, con molti anziani e sempre meno servizi a partire dalla chiusura dell’ospedale. E se questa sarà la fine, il conto da pagare per qualcuno sarà molto salato.
Giuseppe Trinchini