PRC: «TROPPI EQUIVOCI SULLA CENTRALE A CARBONE»
Piombino (LI) – Rifondazione Comunista cerca di fare chiarezza su una possibile centrale a carbone e di smentire le falsità che vengono dette a proposito, distinguendo il piano tecnico da quello politico. Riceviamo e pubblichiamo integralmente.
«Ormai da troppo tempo ‒ inizia Rifondazione Comunista ‒ si rincorrono le voci sull’eventualità della costruzione di una centrale a carbone all’interno dell’area industriale delle acciaierie, ma purtroppo non si sa ancora niente di preciso. Soprattutto, quale sarebbe l’opinione dell’amministrazione di fronte ad una possibilità del genere, lo veniamo a sapere dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il quale ha dichiarato che “ha fatto bene l’amministrazione comunale a dare la disponibilità per la realizzazione di una centrale nello stabilimento a servizio della fabbrica”. La posizione più ricorrente, tra i più vicini alla maggioranza che governa questa città, è quella di richiedere un dibattito approfondito, scevro da pregiudizi e che analizzi in maniera laica l’opportunità di avere energia a basso costo, posti di lavoro etc. Abbiamo raccolto un po’ di informazioni e, con tutte le riserve del caso, attesa l’obiettiva mancanza dei criteri necessari a fornire una posizione definitiva, ci sentiamo però di fare già delle considerazioni ben precise su due problematiche che risaltano chiaramente, una di ordine tecnico e l’altra di tipo politico.
Sul piano tecnico emergono subito vari equivoci, per non dire falsità, fra le notizie finora diffuse ‒ spiega PRC ‒. Stando a queste, dovrebbero costruire una centrale da 900 megawatt alimentata a carbone nella zona vicina all’altoforno, o in quella subito al di là della Cornia Vecchia. Dovrebbero essere impiegate 1500 persone per la costruzione e poi 5-600 per il funzionamento. Appaiono esagerate le previsioni di 5-600 posti di lavoro. Si pensi che 30 anni fa, ai tempi della discussione sul raddoppio e riconversione a carbone della centrale Enel di Tor del Sale a 2560 MW, si prevedevano 1200-1500 impiegati per la costruzione e poi 300 per il funzionamento. È difficile credere che dopo 30 anni di progressi tecnologici nel campo dell’automazione, una centrale 3 volte più piccola impieghi più di 100/200 lavoratori. Di sicuro 5-600 appare una cifra esagerata, buttata lì per fare demagogia. Anche sulla costruzione è tutto da dimostrare un vasto impiego di lavoratori provenienti dai 4000 lasciati a casa in seguito alla chiusura delle acciaierie.
Riteniamo che anche sulla realizzazione in sé si facciano illazioni con troppa superficialità ‒ prosegue Rifondazione Comunista ‒. L’area interessata è altamente inquinata e non crediamo che basti una semplice bonifica per accogliere una struttura come quella in parola. L’edificazione di una centrale termo elettrica prevede l’innesto nel terreno di fondamenta fino a 36 o 45 metri con le colonne di cemento armato, e fino a 6 metri con la massicciata. Un lavoro estremamente impegnativo da fare in zone inquinate in cui non si sa cosa potrebbero riservarci gli scavi. Il completamento dei lavori arriverebbe sicuramente vicino ai 10 anni, almeno in queste condizioni. La centrale a carbone viene anche associata, come un complemento fruttifero, al forno COREX di cui si auspica la costruzione, perché questo sarebbe estremamente energivoro e quindi la vicinanza di una centrale capace di produrre energia a basso costo sarebbe strategica. Anche questa è una parziale verità, idonea a produrre mistificazione. Il Corex ha effettivamente bisogno di una grande quantità di energia elettrica, ma una volta entrato in produzione produce a sua volta gas che, come succedeva per l’altoforno, può essere impiegato nelle varie centrali interne all’area industriale per produrre energia elettrica, a costi bassissimi e non semplicemente bassi, e così alimentare il forno Corex in un circuito virtuoso.
Sul piano politico si registrano indecisioni inaccettabili. Se, come non è per quanto detto sopra, la centrale a carbone fosse funzionale e complementare al forno Corex, appare irrazionale metterne in discussione la costruzione prima ancora che sia certa la realizzazione del nuovo impianto di produzione dell’acciaio. Stiamo assistendo ad un percorso progettuale esattamente inverso a quello logico ed ideale. Prescindiamo anche dal fatto che, visti i tempi di costruzione, il Corex sarebbe in funzione alcuni anni prima della centrale e quindi, atteso il circuito virtuoso di autoproduzione di energia, non necessiterebbe dell’alimentazione proveniente dalla centrale. Ma resta comunque sconcertante che si vada a ragionare di carbone senza che nessuno abbia ancora fornito un progetto vero sulla nuova acciaieria ed in questo non possiamo mancare di censurare l’indecisione dell’attuale amministrazione che si limita ad assistere al dibattito in corso tra il Commissario Straordinario di Lucchini spa in amministrazione straordinaria, i nuovi potenziali compratori e i soggetti competenti a livello centrale (a partire dalla Commissione sui servizi e le bonifiche), senza diventarne parte essenziale ‒ conclude PRC».
Rifondazione Comunista
Interessante e molto opportuna questa azione di approfondimento per meglio comprendere la validità di tale proposta e dei relativi processi produttivi industriali, dalla quale non potrà che emergere l’interessante complementarietà tra la continuazione della produzione di ghisa (e quindi di acciaio successivamente) e quella di elettricità, vettore fondamentale di benessere e di sviluppo, perchè poi trasferibile via cavo ovunque necessiti e pewr alimentare innumerevoli altre attività produttive ed il benessere generale.
Ora, è proprio grazie3 alla tecnologia COREX che si possono sensibilmente ridurre gli aspetti ambientali conseguenti al processo siderurgico via altoforno, che richiede la presenza di una cokeria e/o l’approvvigionamento di Coke metallurgico, con costi produttivi sensibilmente superiori.
Il gas derivante dalla “gassificazione” del Carbone (carbone comune ed anche suoi fini, quindi di minor pregio e costi, ma senza negatività circa le emissioni, perchè il tutto aviene in un processo “chiuso”), può essere utilmente ed opportunamente utilizzato nella Centrale Termoelettrica per la produzione di elettricità o per produrre calore di processo per altri impieghi, incluso il teleriscaldamento.
Ora, credo importante per chiunque voglia senza pregiudizi approfondire il tema, va considerato che l’Italia, incredibilmente ed “assurdamente”, NON produce neppure TUTTA l’elettricità di cui necessita il Paese, essendo l’Italia un cronico importatore di elettricità dall’estero per mediamente il 13-15% dei suoi consumi totali. Ebbene, questo vuol dire lasciare questa attività produttiva nelle mani di altri Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Slovenia, dove prevalentemente quell’elettricità è prodotta dal Nucleare – che noi avremmo bandito!) e riportare lavoro/occupazione e quindi benessere e ricchezza a casa nostra. Inoltre, questo darebbe un sensibile contributo a ridurre il gravosissimo “rischio strategico” per gli approvvigionamenti energetici, per il quale l’Italia è il Paese tra i grandi sviluppati del mondo 8G8 e G20) più a rischio assoluto!
Inoltre, aumentare la produzione elettrica a casa nostra, migliorerebbe la bilancia dei pagamenti, ridurrebbe il costo dell’elettricità nel Paese – che è mediamente del 35% superiore a quello di cui beneficiano i nostri grandi concorrenti in Europa: Francia, Germania, U.K., ecc., e questo andrebbe a vantaggio anche di molteplici attività produttive manifatturiere, tipiche nel ns. Paese.
Insomma, un VOLANO di benessere e di sviluppo tale da avviare un concreto rilancio per l’economia italiana, in sofferenza da troppo tempo, come quasi tutti possiamo obiettivamente osservare.
Parliamone, senza pregiudizi e fuorvianti “luoghi comuni”.