PAZZAGLI : «LEGGERE IL TERRITORIO PER UNA NUOVA SOVRACOMUNALITÀ»
Piombino (LI) – Abbiamo intervistato Rossano Pazzagli, storico e professore universitario, presidente della Società storica dell’Alta Maremma, Ex sindaco di Suvereto e primo presidente del Circondario della Va di Cornia, sulle recenti novità in tema di sovracomunalità annunciate dalla segreteria di federazione del PD.
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Come valuta l’evolversi delle politiche sovracomunali in Val di Cornia tenute fino ad oggi?
Quella delle politiche di area nella nostra zona è una storia interessante e ricca di elementi positivi, oggi purtroppo ridotta a brandelli. Essa comincia fin dagli anni ’70 con il coordinamento dei piani regolatori e la gestione unitaria di alcuni servizi importanti come il trasporto pubblico locale, i rifiuti, l’assistenza socio-sanitaria. Una esperienza di collaborazione che permise, nel decennio successivo, i buoni risultati dell’Associazione intercomunale finita la quale, nei primi anni ’90, i Comuni di Campiglia, Piombino, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto si dotarono volontariamente di una struttura unitaria: il cosiddetto CCT, Comitato di Coordinamento Territoriale, che sarebbe sfociato nel 1998 nella istituzione del Circondario della Val di Cornia. Intanto si erano fatti passi avanti per la gestione delle risorse idriche e verso quella che è stata la più significativa iniziativa di diversificazione economica del territorio: il sistema dei parchi della Val di Cornia.
Il Circondario, dunque, è stato l’elemento culminante di questa parabola ascendente durata un trentennio; il Circondario aveva permesso – qui come nell’Empolese Val d’Elsa – allo stesso tempo di decentrare funzioni provinciali e di unificare funzioni comunali, rendendo quindi stabile e meglio strutturata la sovracomunalità, più coerenti le scelte di programmazione e più omogenei i servizi ai cittadini. Ma, incapace di funzionare e di portare a fondo i processi avviati, è stato anche l’inizio di una svolta in senso discendente.
Intende dire che a un certo punto qualcosa si è spento?
Si, è venuta meno l’elaborazione comune e si è spento il sostegno politico alle strategie complessive della zona. I sindaci sono stati lasciati più soli e alla fine ognuno è andato per conto suo. Il Circondario alla fine, nel 2010, è stato chiuso, ufficialmente a causa di un decreto del governo Berlusconi, ma in pratica era già moribondo perché i Comuni stavano andando ognuno per conto proprio, e il risultato si è visto. Ciascuno si è ripreso le funzioni che prima erano associate nel Circondario, gli strumenti urbanistici si sono disarticolati, i servizi ai cittadini sono diventati più costosi, più lontani e meno efficienti. Naturalmente bisogna tenere conto anche delle politiche nazionali, che sono diventate più dirigiste, più liberiste, meno attente alle esigenze dei cittadini e dei territori.
Ma a mio parere si è fatto poco per resistere ad una involuzione, alla decadenza. Il punto più basso si è toccato negli ultimi anni: Piombino che voleva andare con Grosseto, San Vincenzo che guardava a nord, i Comuni più piccoli in difficoltà, fino al progetto di fusione tra due soli comuni fortunatamente bocciato dai cittadini. E il PD a dire che l’Unione dei Comuni era una scelta arretrata, addirittura “un carrozzone”.
Il PD oggi lancia la sfida per una unione dei Comuni allargata che comprenda Val di Cecina, Val di Cornia e in futuro la Val di Pecora. Cosa ne pensa?
Il cambio di rotta può essere positivo se si fonda sul riconoscimento esplicito dei propri errori. Più che una sfida mi sembra però il tentativo, approssimativo e tardivo, di uscire da un vicolo cieco. Ma la politica istituzionale è una cosa seria, non si può andare per tentativi. La Val di Pecora e la Val di Cecina sono due importanti sistemi territoriali che insieme alla Val di Cornia compongono una bella fetta di Toscana: può essere intelligente lavorare in prospettiva per una identità comune. Ce ne sarebbero i presupposti storici e i requisiti socio-ambientali. Ma tali processi vanno costruiti e governati nel tempo, con serietà e pazienza, non basta il documento della federazione di un partito.
Il territorio è qualcosa di più complesso e richiede rispetto. Intanto questi sistemi territoriali non sono, come non lo siamo noi, un tutt’uno: un conto è Castagneto, col quale abbiamo certamente elementi in comune, altra storia è Rosignano ad esempio. Al PD vorrei solo fare una domanda: perché non ha fatto l’Unione dei Comuni quando era tempo, avendola anche messa nei programmi elettorali e con tutti i comuni in suo potere?
Fabiani in conferenza stampa ha detto che il sindaco di Suvereto Giuliano Parodi ha condiviso il processo avviato dal PD e il loro ordine del giorno. Quali sono gli attuali rapporti tra la federazione del PD e l’amministrazione di Suvereto?
Bisognerebbe chiederlo alla federazione e all’amministrazione. Io so che Giuliano Parodi è una persona coerente e un sindaco responsabile, forse uno dei più amati dai propri cittadini. È stato il primo, appena eletto, a proporre il progetto di una Unione dei Comuni sulla base del concetto “autonomi e insieme”, che aveva guidato anche la campagna elettorale di Assemblea Popolare. A Suvereto non c’è mai stata una posizione di chiusura, neanche quando i cittadini si sono giustamente ribellati alla fusione con Campiglia voluta dal PD. È chiaro che Parodi continui a sostenere il progetto dell’Unione, come ha sempre fatto. Meno credibile è chi lo sostiene oggi dopo averlo denigrato l’anno precedente. Chi porta la responsabilità politica di aver distrutto la sovracomunalità non può ergersi a paladino della collaborazione tra i comuni.
L’impressione è che Fabiani sia in difficoltà nel suo partito e vada cercando alleanze anche laddove prima vedevano solo il diavolo; evidentemente si sono accorti che Parodi e Suvereto sono una realtà seria di cui tenere conto. Meglio tardi che mai. Ma oltre ai contenuti bisogna sempre valutare la credibilità di chi sostiene qualcosa. Non spetta a me parlare della Federazione del PD, dico solo che i partiti dovrebbero fare un passo indietro, pensare un po’ meno al potere e un po’ di più al territorio e ai cittadini.
Quali azioni secondo lei sono essenziali per avviare una vera sovracomunalità?
Bisogna per prima cosa avere dei Comuni forti e autonomi. Solo chi è sicuro di sé stesso può costruire solide relazioni con gli altri. Bisogna leggere attentamente il territorio e la società di un’area e poi costruirgli addosso un vestito istituzionale adatto. Ciò significa partire dai bisogni economici, sociali e culturali di un insieme di comuni ben definito. Partire dal territorio e dalla società, non dalla politica. Molte cose le sappiamo già: la Val di Cornia ha una sua unità, consolidata nella storia, anche se indebolita negli ultimi anni, complice anche la crisi industriale. Occorre ripartire da lì, tenendo conto delle possibilità che ancora offre la legge: facciamo subito l’Unione dei Comuni della Val di Cornia (Campiglia, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto), gestiamo insieme le funzioni essenziali, poi poniamoci seriamente l’obiettivo di creare delle collaborazioni più strutturate con Castagneto, Follonica, Massa Marittima, Monteverdi, ecc., anche coinvolgendo la Regione, ma senza parlare genericamente di Val di Pecora o di Val di Cecina.
Bisogna ripensare in chiave moderna il territorio dell’Alta Maremma, che storicamente andava da Rosignano a Scarlino, da Volterra a Massa Marittima, anche attivando nuovi processi identitari, se necessario, unendo lavoro culturale e partecipazione. E bisogna sempre spiegare bene a cosa servono i nuovi assetti istituzionali, sennò i cittadini penseranno, ancora una volta, che si tratta solo di giochi politici.
Rossano Pazzagli ha perfettamente ragione a riprporre e rilanciare le politiche di area vsata specie dopo la messa in pensione delle province. Io vorrei solo ricordare che in Val di Cornia un ruolo impertante può giocarlo il parco che qualcuno ho visto vuole addirttura sciogliere per far cassa. Un parco che la regione alcuni anni fa doveva istituire come regionale ( il quarto) di cui poi non si è fatto di nulla e che anche la legge regionale sui parchi in discussione non prevede.
Mi ingegno a fare un “collage” delle appropriate affermazioni di Rossano Pazzagli, con le quali concordo, e che rispecchiano, con tanta più sapienza ed efficacia, quello che ho espresso nel mio post su “Fabiani: Al via un patto politico fra territori”:
“…tali processi vanno costruiti e governati nel tempo, con serietà e pazienza, non basta il documento della federazione di un partito.”
“…bisogna sempre spiegare bene a cosa servono i nuovi assetti istituzionali, sennò i cittadini penseranno, ancora una volta, che si tratta solo di giochi politici.”
“…per prima cosa avere dei Comuni forti e autonomi. Solo chi è sicuro di sé stesso può costruire solide relazioni con gli altri.”
“…partire dai bisogni economici, sociali e culturali di un insieme di comuni ben definito. PARTIRE DAL TERRITORIO E DALLA SOCIETA’ NON DALLA POLITICA.”
Metto in evidenza quest’ultima frase, e sottolineo che per “politica” qui non ci si riferisce all’arte della “polis”, ma alla macabra danza del potere partitocratico.
Non possiamo però essere critici a tutti i costi e comunque, perché sbagliato e ingeneroso. Fabiani e i suoi compagni si sono ricreduti forse anche grazie all’uscita di scena del più grande incantatore di polli che Piombino abbia mai avuto, il grande sognatore Anselmi, meglio così. Era ora che Anselmi sparisse e che Fabiani si ricredesse.
Speriamo allora che il Fabiani non si faccia conquistare dalle sirene dei “Gianni Boys”… perché di ciechi e ottusi a Piombino ce ne sono ancora troppi. Persone che vedono nell’Ex sindaco la soluzione dei loro mali… il salvatore dal quale abbeverarsi… 🙂
Che epoca infausta… sembra di essere tornati a una sorta di medioevo tecnologico.