PIOMBINO: QUALE FUTURO PER LA «CITTA’ DELL’ACCIAIO»?
Piombino (LI) – Il circolo culturale Samarcanda e Arci Piombino, in collaborazione con il Cesvot, viste le novità industriali che coinvolgono la città di Piombino e il territorio della Val di Cornia, propongono un ciclo di incontri sul tema dell’«Identità in una città in cambiamento», il primo dei quali dal titolo «Memorie d’acciaio» avrà luogo venerdì 27 febbraio alle ore 15 e 30 presso il centro giovani Piombino.
Partecipano al dibattito di venerdì prossimo il Prof. Tiziano ARRIGONI (Storico), il Prof. Maurizio IACONO (Preside Facoltà Lettere e Filosofia di Pisa), Alessio GRAMOLATI (Segretario Generale CGIL Toscana), Prof. Alberto PIRNI (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) e l’assessore Paola PELLEGRINI.
«Con la chiusura dell’altoforno – ci spiega l’Arci – simbolo di 150 anni di produzione d’acciaio da ciclo integrale, nella nostra città e nel territorio siamo di fronte ad un passaggio epocale, di paradigmi identitari e culturali. Il futuro può aprire nuovi scenari, ridisegnare il tessuto connettivo, sociale e democratico sul quale per generazioni sono stati costruiti, attinti valori, reddito, relazioni. A tale tessuto si sono saldate le lotte per l’emancipazione, la dignità, i diritti sul e nel lavoro e nella società. Come tutte le forti identità, Piombino non è stato solo un centro di produzione di acciaio, ma anche di eccellenze professionali, artistiche, un polo di attrazione culturale di livello internazionale. Con la vendita della Lucchini alla Cevital, con le prospettive per il porto, nel nostro territorio si aprirà un passaggio di “paradigma identitario”».
«I tempi che abbiamo davanti – continua il comunicato di Arci – di improduttività cosa determineranno nella vita, quali conseguenze avranno sulle relazioni sociali, familiari, comportamentali, politiche. Il rischio è un ulteriore disorientamento, scoraggiamento soprattutto nelle giovani generazioni per la mancanza di punti di riferimenti capaci di attivare energie e senso critico. E’ il momento di “ridisegnare percorsi” che si misurino con l’inedito sia sul piano culturale, educativo, formativo. Guardiamo al passato, ma affrontando le nuove sfide, i cambiamenti di mentalità che i nuovi rapporti di produzione imporranno. Saldare vecchie e nuove generazioni sul senso e il valore del lavoro industriale come prospettiva. Le lotte non sono finite, dovranno recuperare consapevolezza, produrre cultura, senso di appartenenza e riconoscimento di un ruolo sociale, economico, etico per l’intero territorio.
C’è da ricostruire un “nuovo patto” tra sistemi produttivi e dei servizi, tra generazioni e generi. In questo quadro abbiamo bisogno di nuovi “codici interpretativi” per leggere la soggettività e la socialità verso la quale andiamo. C’è la necessità di far crescere una “coscienza collettiva”, che anche l’adesione alle lotte ha messo a nudo, sui problemi e sulle possibilità che incominciano a rendersi percepibili.
L’idea che l’Arci e Samarcanda propongono – conclude l’associazione – è quella di creare un percorso e un contenitore di ricerca e confronto a livello nazionale e locale che sia stimolo, proposta di elaborazione di idee e strumenti da mettere a disposizione della città».
Belle parole… Ma mi pare che si torni invece indietro… come vorrei sbagliarmi.