IL BRACCIO DI FERRO TRA CEVITAL E SINDACATI SULLA RIACCENSIONE DELL’AFO
Piombino (LI) – Ripartire o meno con il vecchio altoforno? Su questo dilemma si sta interrogando la dirigenza di Cevital con uno studio di fattibilità. Farid Tidjani, braccio esecutivo in Italia della multinazionale algerina, lo ha annunciato lo scorso 25 febbraio assieme all’annuncio che l’acquisto definitivo degli stabilimenti avverrà entro il prossimo 3 maggio.
Lo stesso giorno Tidjani si è incontrato con il commissario straordinario Piero Nardi, con un rappresentante di Confindustria e con i rappresentanti di Fiom, Fim e Uilm per iniziare le trattative su organici e sugli accordi aziendali decaduti. Al termine dell’incontro Cevital ha confermato l’impegno industriale per tornare a produrre acciaio a piombino e per la realizzazione del polo agroalimentare e delle installazioni logistiche.
In un comunicato la Fiom-Cgil – attraverso il suo coordinatore per la siderurgia Mauro Faticanti – ha rilevato che «è stata evidenziata la necessità di tutti i siti produttivi di avere una politica tariffaria sui costi dell’energia uniformi per tutto il paese. Per quanto riguarda Cevital – continua la Fiom – siamo di fronte ad una dilatazione dei tempi data dalla valutazione in corso, da parte dell’azienda, se riaccendere o meno l’altoforno. Prendiamo atto di questa opzione sulla quale ci siamo già espressi in senso positivo ma in ogni caso questo nodo va sciolto al fine di andare velocemente alla definizione di un accordo che sancisca la ripartenza. Ovviamente, qualora l’azienda dovesse decidere per la ripartenza dell’altoforno va previsto un adeguamento del piano industriale, sommariamente già annunciato, garantendo comunque la realizzazione del polo della logistica, del polo agroindustriale e la realizzazione dei forni elettrici».
Pertanto, conclude Faticanti, «va definito un accordo sindacale che dia garanzie occupazionali per tutti i lavoratori. L’utilizzo eventuale di ammortizzatori sociali dovrà privilegiare i contratti di solidarietà e non è accettabile una posizione che veda l’azzeramento di ogni voce salariale oltre i minimi contrattuali. Da questo punto di vista vanno rispettati i tempi al fine di dare risposte precise ai lavoratori».
La questione del vecchio altoforno è stata oggetto di una comunicazione urgente di Fabrizio Callaioli (PRC) in apertura della seduta del consiglio comunale del 25. «Giuliani ha affermato – ha scritto Callaioli – di non avere notizie da Cevital se non attraverso la stampa. Ha confermato ciò che già si sapeva (agroindustriale e logistica), ma di non sapere niente dell’altoforno. Non è possibile che il sindaco, se non viene chiamato da Cevital, non ritenga dover interpellare lui l’azienda. La non-risposta ha un significato politico: l’assoluta impotenza e sudditanza nei confronti di Rebrab».
In effetti un vero e proprio piano industriale non esiste ancora e ogni trattativa su organizzazione del lavoro, organici e passaggio dei dipendenti dovrà essere affrontata dopo la presentazione del piano stesso, in attesa di risposte da parte del governo su energia e ammortizzatori sociali.
La riaccensione del vecchio Afo piace molto a sindacati e politici locali perché permetterebbe di riassorbire quasi subito una consistente forza lavoro ora in cassa integrazione ma si scontra con la riorganizzazione complessiva dell’area prospettata da Cevital, con un alto costo per un impianto desueto e, non ultimo, con le normative europee che considerano l’altoforno spento come gravemente inquinante e pericoloso per la salute pubblica. Solo i prossimi passi di questa lunga storia ci potranno dire se prevarranno sempre alcuni interessi immediati o se ci sarà un respiro di lunga prospettiva per gli impianti piombinesi, come succede nel resto del mondo industrializzato.
Andrea Panerini