EDITORIALE: PIOMBINO NEL LIMBO TRA PASSATO E FUTURO

L’EDITORIALE                                   di Giuseppe Trinchini trinchini

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EDITORIALE: PIOMBINO NEL LIMBO TRA PASSATO E FUTURO

Corriere Etrusco “numero 96” del 20 marzo 2015.

Piombino da troppi anni vive in una sorta di limbo, nel quale il passato non è più passato, e il futuro continua a stentare ad arrivare. In questa situazione di limbo, nel quale gli ex giovani degli anni ’70 e ‘80 hanno visto ingrigirsi le tempie senza alcuna certezza per il futuro, abbiamo seguito prima le promesse del russo, poi quelle di truffatori come Khaled, poi la Jindal che garantiva 700 posti sicuri ma non sufficienti, e ora la Cevital.

Un limbo nel quale agli annunci seguono le speranze, e alle speranze seguono gli annunci. Cevital doveva prendere possesso dello stabilimento dal 1 marzo. Poi dal 1 aprile, demolendo tutto e avviando primariamente l’agro industriale. Ora partono dai primi di maggio, ma ancora non è pronta la bozza di piano industriale che forse sarà presentata il 9 di aprile al Ministero.

Nel frattempo il prossimo 28 marzo si tiene a Piombino un convegno che davvero sta prendendo un aspetto  singolare, e mostra come in una nitida foto le “incongruenze” di questo territorio e dell’italia intera. Tra gli interventi, mentre Rebrab ha appena annunciato la ripartenza del vecchio altoforno, Piero Nardi, commissario  Lucchini che presenta un intervento dal titolo «Dall’altoforno al forno elettrico, la ristrutturazione della fabbrica», anche se a questo punto sarebbe più corretto parlare di “restaurazione” della fabbrica. Poi prenderà la parola il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, il quale, dopo essere stato arrestato e poi rimesso in libertà in Belgio per corruzione, fornirà un ritratto dettagliato e preciso delle prospettive e delle criticità dell’industria nazionale dell’acciaio.

Idem per Claudio De Vincenti, viceministro al MISE  che dopo i “successi” del governo sull’argomento, ci intratterrà sulle «Politiche industriali per la siderurgia» o Silvia Velo, sottosegretario al Ministero dell’Ambiente che parlerà delle  mai avviate «Bonifiche e risanamento del territorio»  tra le quali “Città futura”.

Sono troppi anni che i piombinesi e la Val di Cornia stanno ad ascoltare discorsi: oggi le crociere sì, domani le crociere no, perché  serve alla fabbrica  il carbonile sul porto. Oggi la centrale ENEL diventa un albergo, domani no, perché serve a Cevital. Ma che fine hanno fatto le navi militari da smantellare?

Alla fine l’unica certezza sono i 60 centesimi al casello di Rosignano. A questo punto speriamo non li tolgano, altrimenti creerebbero un “imbarazzante” precedente.

Giuseppe Trinchini

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5 Commenti per “EDITORIALE: PIOMBINO NEL LIMBO TRA PASSATO E FUTURO”

  1. Paolo

    Temo che i ripensamenti, i paradossi, le illogicità, nonchè le quotidiane contraddizioni comincino a dimostrare con evidenza la fatica e lo sforzo con cui i vari attori cercano di portare avanti la recita (commedia, farsa, tragedia che sia) fin oltre il traguardo delle elezioni.

  2. sirio malfatti

    Esemplare intervento; il problema è che coloro che dovrebbero vergognarsi, chinare il capo e levarsi di torno, dopo lo sfacelo che hanno incontestabilmente combinato, fanno invece orecchio da mercante e procedono nel loro stolto itinere, senza capo né coda, continuando a riempirsi la bocca di progetti e visioni futuristiche che di sicuro non prenderanno mai forma. L’incapacità di questa gente è pari solo alla loro sfacciataggine, la loro ovvia inconsistenza politica è “palpabile”, il loro essersi insediati per rimanere, senza merito alcuno, mi fa temere un futuro atroce per questa povera terra… e povera gente. Con questi personaggi nei posti di comando Piombino rimarrà la solita cittadina (sempre più spopolata) schiava dell’acciaio, sudicia, senza un’identità netta, precisa, ma totalmente esposta agli eventi e alle bizze del russo/arabo/turco/cinese di turno. La riapertura dell’Afo aprirà un limbo ancora più devastante, perché tutto il resto dovrà necessariamente rimanere bloccato, in qualsiasi campo, per qualche altro anno e poi… tutto ripartirà da capo, come ora, mentre i giovani, giustamente, fuggono, in cerca di un futuro, un’identità, che qui è stato solo un sogno di qualche settimana. Buttateli fuori questi luridi buoni a nulla, i vostri figli vi ringrazieranno, e vi renderete conto che non esiste solo l’Afo per vivere (o per morire).

  3. Mario

    Quello che è veramente paradossale è che la Lucchini non riusciva a stare sul mercato proprio perchè era legata all’altoforno che imponeva una produzione praticamente costante anche in assenza di domanda.
    Ora la domanda da porsi è: cosa è cambiato rispetto a due anni fa????
    C’è una maggiore domanda di acciaio??
    Hanno tutti bisogno delle rotaie griffate Lucchini???
    Come è pensabile che si possa mantenere un acciaieria fallita come la Lucchini senza apportare drastiche modifiche sia a gli impianti sia nel numero di lavoratori a partire dai “diritti acquisiti”.
    Ancora più surreale è la totale mancanza di un piano industriale cioè non si sa con certezza quanto l’operazione possa costare e soprattutto quando la Cevital inizierà a guadagnare da questa acquisizione.
    In nessuna parte del mondo si comprano fabbriche fallite con 2300 persone e non si fa praticamente nulla per ammodernarle; si perchè la costruzione di un forno elettrico e di una nuova cokeria non è così scontata; inoltre gli attuali impianti dovranno essere rimessi a norma con le vigenti normative ambientali, soprattutto quelle europee.
    Infatti se in Italia i politici pur di mantenere il culo sulla poltrona firmerebbero qualsiasi cosa pur di farsi votare, le istituzioni Europee no, loro fanno le multe e aprono procedure d’infrazione salatissime per tutto il paese.
    Quindi ben vengano i progetti di Cevital, anche se i progetti vanno prima messi sulla carta e poi realizzati perchè altrimenti si chiamano sogni, ma attenzione a non far diventare Piombino la fogna della Toscana con una acciaieria fallita con impianti rattoppati alla bene meglio ed inquinanti e polo di rottamazione navi con strascico delle sostanze più cancerogene al mondo senza considerare tutte le altre sparate dei vari poltici.
    La salute è la nostra e quella dei nostri figli al politico che sta a Firenze o a Roma non gliene frega niente, a lui basta essere votato.
    Purtroppo la vedo dura; Piombino è una città ostaggio di persone che nella vita non hanno mai voluto rischiare, solo lo stipendio fisso e garantito di mamma fabbrica, stipendi gonfiati da accordi sindacali che tantissimi altri lavoratori di piccole realtà si sognano.
    Si mamma fabbrica, dove la vita è dura, ma anche se non fai nulla a fine mese lo stipendio ti arriva; dove se sei amico delle persone giuste ti aumentano lo stipendio in barba a qualsiasi logica di rendimento e mercato.
    Piombino una città fatta anche di persone che aprono la mattina la saracinesca del negozio e non sanno come pagare le tasse a fine mese, di quelli che credono nel turismo, in un’altra piombino, quelli che si impegnano in nuove attività, di tutte quelle persone che ci mettono la faccia nelle cose che fanno senza aiuti, senza diritti, senza garanzie con lo “stato” che gli sta addosso con tasse e balzelli inutili, con leggi assurde.
    Siamo la maggioranza in questa città e siamo ostaggio di 2300 persone????
    Se il lavoro non c’è devono cercarsene un altro, non campare alle spalle di chi lavora e suda tutti i giorni per arrivare a fine mese.
    Piombino non deve chiudere era lo slogan; Piombino sta già chiudendo ma per colpa di queste persone che invece di rimboccarsi le maniche vanno a caccia e a totanare perchè hanno la solidarietà appoggiati da una classe politica incompetente che pur di mantenere il posto gioca con il futuro di migliaia di persone.

  4. sirio malfatti

    Esatto, Sig, Mario, il concetto di essere in ostaggio è assolutamente calzante. Ho la certezza che pensieri simili al suo aleggiano nella mente di un’enorme quantità di piombinesi ma il “partito” di quelli che della fabbrica, così come vogliono imporcela di nuovo adesso, ne farebbero volentieri a meno, pur essendo in maggioranza sulla carta, paga della totale assenza di coordinazione e voci di rilievo. E’ chiaro che un politico preferisca non mettersi mai contro un corpo compatto di migliaia di lavoratori e lavoratrici la cui voce altisonante è “o fabbrica o morte” nell’ambito dell’ancor più nobile slogan “Piombino non deve chiudere”. Il problema è che, proprio per seguire i voti del “corpo compatto”, Piombino finirà col chiudere sul serio perché questi signori, anteponendo ovvie e comprensibili motivazioni al loro grido pro-acciaio, stanno costringendoci tutti a seguirli nel baratro. Al politico di turno interessa solo mantenere il culone sulla poltrona ed ecco che il circolo vizioso si è formato. Direi che qui, confermando la mia visione disgustata della classe politica incompetente e inetta, la responsabilità maggiore della disfatta la darei però a coloro che si rifiutano di rivisitare la loro posizione lavorativa. Quando, tantissimi anni fa, partii volontario in aiuto alle popolazioni terremotate di una certa area d’Italia, mi ritrovai a scavare tra le macerie di case ridotte a polvere. Molta gente superstite del luogo, mani in tasca, sigaretta in bocca, ci chiamava a destra e a manca per farci scavare dove avevano avuto l’impressione di sentire un mugolio, un sospiro, un gridolino. Ero giovane, inesperto, vedevo perfettamente tutte quelle pale nuove di zecca sul camion in attesa di essere usate, ma non mi venne, o non ebbi il coraggio di farlo presente a quella gente. E li lasciai lì, con le mani in tasca e la sigaretta in bocca, ad ascoltare gridolini fantasma e mugolii mai esistiti. Ci sono tornato tre anni fa, per caso. Le case sono ancora diroccate e la gente abita sempre in case di fortuna arrivate lì dopo il sisma, a lamentarsi che lo “stato” li ha abbandonati… Qui, cari miei, con tutto il rispetto, sta accadendo, in forme diverse, s’intende, la stessa identica cosa. In questo modo, ad aspettare che le soluzioni piovano dall’alto, in quest’Italia meschina e qualunquista, finiremo tutti nel baratro. Garantito.

  5. Sergio Tognarelli

    ” Le case sono ancora diroccate e la gente abita sempre in case di fortuna arrivate lì dopo il sisma, a lamentarsi che lo “stato” li ha abbandonati… Qui, cari miei, con tutto il rispetto, sta accadendo, in forme diverse, s’intende, la stessa identica cosa.” Signori carissimi, se ai nostri concittadini sta bene rimanere, come a quelli del terremoto, “con le mani in tasca e la sigaretta in bocca” a pendere dalle labbra degli imbonitori di turno continuando a votare per i soliti oligarchi, è inutile continuare a fare le Cassandre.

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    Nonostante l'addendum all'accordo di programma, senza il quale Rebrab sarebbe diventato Padrone a tutti gli effetti dello stabilimento, tale data viene comunque considerata dalla nostra testata come quella di inizio della crisi economica reale di Piombino. Da allora sono passati solo
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