RIFONDAZIONE: IL RUOLO DEL SINDACATO E IL MODELLO PIOMBINO
Piombino (LI) – Pubblichiamo un commento di Rifondazione comunista sul ruolo del sindacato e il “Modello Piombino”.
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“Alcuni nostri compagni che lavorano in fabbrica (o lavoravano, visto che la maggior parte di loro ora sono cassintegrati), ci raccontano che altri colleghi del sindacato muovono loro degli appunti perché farebbero troppo allarmismo e così rischierebbero di “agitare i lavoratori”. Secondo quei sindacalisti, dovrebbero essere meno critici, in maniera da non creare malumori, e quindi, aggiungiamo noi, tenere bassa la discussione. Gli hanno anche detto che in questo modo loro seguono gli indirizzi politici del loro partito e questo sarebbe incompatibile con l’impegno nel sindacato.
Ieri abbiamo letto sulla stampa locale che le dirigenze dei sindacati confederali non ritengono un “atteggiamento di responsabilità” il denigrare gli accordi esistenti e che loro risponderanno con fermezza “a tutti coloro che pensano di incutere paura o incertezze”. Come dire, “non disturbate il manovratore”, concetto già abusato nel ventennio berlusconiano e ora tornato vigorosamente di moda. Noi siamo invece sicuri che la discussione non sia mai troppa e chi è convinto di aver fatto il meglio non possa averne paura. Anzi, è dal confronto dialettico che di solito nascono le soluzioni migliori e quando si vuol evitare il confronto è perché non si vuol affrontare il problema nel suo nodo essenziale e si vuol cercare di gestire i destinatari delle soluzioni (in questo caso i lavoratori e i Piombinesi tutti) come un gregge da narcotizzare, in maniera da renderlo incapace di conflittualità. Alcuni sostengono che quegli accordi siano il massimo che si potesse ottenere.
Noi siamo convinti del contrario (e crediamo di non essere i soli, visto che i dirigenti nazionali del sindacato non hanno firmato gli accordi), ma anche ammettendo che non fosse possibile qualcosa di meglio, sarebbe anche sicuramente vero che quello sarebbe stato il massimo ottenibile in quelle condizioni politiche. Con altre premesse, magari, sarebbero stati possibili altri risultati. Non c’è riprova, ossia: come non v’è prova certa che con una strategia più conflittuale ci sarebbero stati migliori sviluppi, così gli attuali dirigenti del sindacato non possono dimostrare che non sarebbe stato possibile fare di più. E’ la loro teoria e non hanno la riprova.
Mentre è un fatto inconfutabile che con quegli accordi i lavoratori delle acciaierie sono stati consegnati legati mani e piedi al nuovo padrone, senza adeguate preventive spiegazioni sul significato effettivo di cosa stavano firmando.
Nel dibattito politico, che ormai risale ai mesi a ridosso della dichiarazione d’insolvenza della Lucchini, Rifondazione ha sempre sostenuto che fosse necessario l’intervento dello Stato, se non dal punto di visto dell’acquisizione materiale, almeno da quello della programmazione. I sindacati confederali non hanno mai appoggiato questa linea. Perché?
E’ certo che il PD, allineato alle direttive delle banche e delle multinazionali che disciplinano le politiche economiche europee, non avesse intenzione di accettare la visione che proponevamo noi, ma dov’è scritto che i sindacati dovessero necessariamente seguire quella linea? Però è successo. I dirigenti delle organizzazioni di Piombino non hanno mai appoggiato la nostra richiesta di intervento pubblico. Non si venga a dire che non era possibile. In politica è possibile ciò che si vuole, è una questione di scelte e loro hanno scelto di allinearsi alle strategie del grande capitale.
Allora la questione è evidentemente che il governo del PD voleva cose diverse da quelle che volevamo noi e i dirigenti di questo sindacato hanno tenuto bassa la discussione, tranquillizzando i Piombinesi, come faceva comodo al governo. E’ la storia di sempre, chi governa ha interesse a sopire qualsiasi discussione.
In tutta questa querelle, è poi veramente curioso registrare l’atteggiamento dei dirigenti sindacali che battezzano come non accoglibili le proposte di Rifondazione perché di Rifondazione, come se invece quelle del PD fossero giuste per antonomasia.
Ma, evidentemente, quando si è deboli sul piano degli argomenti, si cercano strumenti alternativi, come quello di trattare da “gufi” coloro che sollevano dei dubbi (e che di sicuro non hanno a cuore i destini di questa città meno di loro), oppure come quello di tentare di ammutolire i lavoratori dissenzienti trattandoli da figli di un dio minore perché comunisti, oppure di inventare volgari e insostenibili bugie, come quando sono andati a dire che i lavoratori non riscuotevano il TFR perché il nostro consigliere comunale, nella sua veste di avvocato, aveva fatto una causa per alcuni di essi”.
PRC PIOMBINO