EDITORIALE: “RITORNO AL FUTURO”… PASSATO
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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EDITORIALE: “RITORNO AL FUTURO”… PASSATO
Corriere Etrusco “numero 124” del 3 novembre 2015.
Il 21 ottobre 2015 è stato il “Ritorno al Futuro Day“ e in tutto il mondo i fan della trilogia cinematografica di Ritorno al Futuro, girato nel 1985, hanno celebrato il giorno in cui i due protagonisti del film, viaggiando nel tempo, “arrivano” nel futuro 2015. In molti si sono divertiti sul web a fare il confronto tra il futuro immaginato dal regista Robert Zemeckis trenta anni fa, fatto di auto che volano, scarpe che si “auto allacciano” e skateboard senza rotelle, e lo hanno messo a fianco al nostro presente, dove alcune cose sono andate molto più avanti dell’immaginazione di allora (fra tutte le video comunicazioni, anche se ancora in molti non mollano il vecchio telefono fisso), e altre che invece sono ferme a 30 anni fa, a partire dai sempiterni motori diesel e benzina (non sono poi così tante le differenze fra la prima Fiat Uno del 1983 e l’ultima Punto se ci pensiamo bene).
Tra le cose ferme a trenta anni fa, c’è anche lo sviluppo della Val di Cornia. Monocultura industriale, cave, portualità ferma alla sola Isola d’Elba, e la sempiterna unica strada di accesso a Piombino, mi fanno ripensare ai tempi in cui facevo le scuole medie alle Battisti, e in fondo in fondo, come dicono i vecchi, mi viene da dire che “si stava meglio quando si stava peggio”.
La progettualità degli anni ’80, con il sistema integrato dei Parchi e il Circondario/Unione dei comuni, o è molto malandato (il primo), o non c’è più (il secondo). Lo stabilimento che ancora non aveva subito la grande crisi dei primi anni ’90 aveva i suoi impianti in funzione e la gente a lavoro, e in città è vero che si respirava fumo, ma a Campiglia ci andavo in treno e l’ospedale di Villa Marina, inaugurato da poco, era un esempio di eccellenza tra gli ospedali di secondo livello.
Oggi, con almeno venti anni di ritardo, arrivano i primi annunci a guardare avanti e superare la monocultura industriale, a causa della poca chiarezza di Aferpi nella nuova gestione della fabbrica, nella quale il ciclo integrale è ormai defunto da più di un anno, e i laminatoi iniziano a zoppicare a causa della altalenante manutenzione.
Ma siamo più che sicuri che se l’imprenditore Rebrab riassumesse i duemila dipendenti della defunta Lucchini, e qualche persona nell’indotto, subito i politici tornerebbero sui loro passi con annunci di ottimismo e fiducia per il settore.
La Piombino di oggi è chiaramente schiava del passato, e continua a rimanere legata a situazioni che non sono gestibili perché, ad esempio, i terreni non sono nelle disponibilità del Comune e questo, insieme a mille altri problemi, blocca le nuove vie di sviluppo economico: da un porto davvero competitivo nel Mediterraneo, alle nuove imprese tecnologiche, dall’agricoltura Bio, al turismo tutto l’anno.
Per ambire a questo si devono creare le condizioni perché si possa investire su altro, dando forza a quei privati che vogliono rischiare, ma c’è un Regolamento Urbanistico che purtroppo ingessa situazioni foriere di sviluppo ed occupazione, un Piano Strutturale obsoleto legato ad esempio ancora all’ipotesi Mini Mill di Severstal e la grave mancanza della seconda via di accesso.
Ma per entrare veramente nel futuro Piombino e la Val di Cornia devono, oltre a non subire ancora le scelte dall’esterno, metabolizzare che dal 1985 sono passati trenta anni, e che non si può più tornare ad un futuro… passato.
Giuseppe Trinchini
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