EDITORIALE: IL PANICO DI CORNIGLIANO
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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EDITORIALE: IL PANICO DI CORNIGLIANO
Corriere Etrusco “numero 133” del 26 Gennaio 2016.
Lunedì 25 gennaio gli operai aderenti alla Fiom dell’Ilva di Cornegliano, hanno occupato la Fabbrica ed effettuato un corteo chiedendo l’impegno del governo per evitare quello che è stato definito da questo sindacato “un imbroglio, una trappola governativa per prendere tempo e non confermare l’Accordo di programma del 2005”. Dopo la manifestazione i lavoratori hanno effettuato un presidio di fronte allo stabilimento, bloccando la viabilità sull’Aurelia, che divide a metà il quartiere.
Nonostante la convocazione del Mise, giunta di li a poco, questa non ha portato alla fine della protesta, perché nell’invito non si fa menzione della presenza del ministro Federica Guidi, e l’Rsu della Fiom vuole un incontro dove il Governo dia risposte certe sul mantenimento dell’Accordo di Programma del 2005, e per dire no alla svendita dell’Ilva. Protesta che è continuata anche martedì con i lavoratori della Fiom che hanno occupato anche il casello autostradale di Genova Ovest e la Sopraelevata.
Il governo ha infatti recentemente pubblicato un bando che fino al 10 febbraio invita società e cordate di imprenditori interessate alla “cessione” o alla “concessione in affitto, con opzione d’acquisto” dell’Ilva di Taranto e sue controllate, a presentare le manifestazioni di interesse per l’acquisto degli impianti del gruppo siderurgico ionico compreso l’impianto genovese.
Per quest’ultimo però il Governo aveva stipulato più di dieci anni fa un accordo di programma specifico che prevedeva definitivamente lo stop alle lavorazioni siderurgiche a caldo dell’Ilva, con lo smantellamento dell’altoforno, l’ampliamento delle lavorazioni “a freddo”, la ricollocazione in azienda dei dipendenti in esubero e la restituzione di 300 mila metri quadrati alla città.
A distanza di dieci anni, la messa in vendita dell’Ilva da parte del Governo mette a serio rischio i posti di lavoro a Cornegliano, e la disperazione ha portato ad una situazione esplosiva che ha creato questa reazione da parte dei dipendenti dello stabilimento.
Speriamo solo che non succedano cose simili anche a Piombino a fine novembre 2018, quando termineranno anche qui gli ammortizzatori sociali, se le promesse di sviluppo di Rebrab e del Governo, firmate nel 2014, non saranno state ancora realizzate.
Giuseppe Trinchini
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