PIOMBINO: LIBERATA L’INFERMIERA ACCUSATA DEI 13 OMICIDI
Piombino (LI) – Il tribunale del riesame di Firenze ha annullato l’ordinanza di arresto ed ha disposto la scarcerazione dell’infermiera dell’ospedale di Villa Marina, Fausta Bonino, arrestata il 31 marzo scorso con l’accusa di aver causato la morte di tredici pazienti ricoverati nel reparto di rianimazione.
Il tribunale ha accolto la richiesta di Cesarina Barghini, avvocato di fiducia dell’infermiera, la quale ha potuto fare ritorno nella sua abitazione di Piombino. «Vieni a prendermi, esco dal carcere». Così Fausta Bonino, l’infermiera di 56 anni, ha annunciato la sua liberazione al marito mercoledì pomeriggio tramite una telefonata dal carcere di Pisa dove la donna si trovava dal 31 marzo. E’ andata a prenderla il figlio insieme alla sua avvocatessa Cesarina Barghini. Fausta Bonino è uscita a passo svelto ed è subito salita nell’auto posteggiata a pochi metri dalla porta, senza guardarsi intorno.
Secondo quanto riferito dal suo difensore Cesarina Barghini, l’infermiera aveva detto ai giudici del riesame di Firenze durante l’udienza di essere perfettamente normale, non una psicopatica, e che non ha fatto niente di quello di cui è accusata. «Ho sempre fatto solo del bene».
Soddisfazione da parte dell’avvocato Cesarina Barghini, prima ancora di vedere la decisione del tribunale del riesame di Firenze che ha scarcerato la sua assistita. Al riesame l’avvocato si era rivolta dopo che il Gip del tribunale di Livorno Antonio Pirato, il 4 aprile scorso, aveva respinto la richiesta di scarcerazione o, in subordine, dei domiciliari per l’infermiera.
Tutto questo avviene dopo che martedì 19 aprile erano usciti i risultati della relazione della commissione regionale su quanto accaduto a Piombino.
«Forse si poteva arrivare un po’ prima ad avere consapevolezza di quel che stava succedendo» ha commentato a caldo Riccardo Tartaglia, a capo della commissione regionale per indagare sulle 13 morti nell’ospedale di Piombino, che riepiloga così il lavoro compiuto dai saggi in queste due settimane. In particolare, a fine 2014, con sei decessi concentrati in 100 giorni. Al reparto di terapia intensiva, ha commentato l’assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi, «qualcosa non ha funzionato in termini di controlli».
Adesso la Regione invierà dei super-garanti. A Piombino saranno inviati un medico e un infermiere, e a Livorno un esperto che dovrà rivedere le procedure del rischio clinico. Vediamo in dettaglio quali sono i provvedimenti che la Regione e l’Asl assumeranno:
1) A fronte di un reparto in cui è emersa una scarsa propensione al dialogo tra i professionisti, saranno inviati a Piombino un medico e un infermiere di alto profilo per affiancare il lavoro del reparto di rianimazione, aiutarlo a fare squadra e a rivedere le procedure di sicurezza e di rischio clinico.
2) Secondo la commissione, la scoagulazione è un tema di alta specializzazione, «un argomento da esperti», di difficile comprensione per i normali medici. Tuttavia, per non rischiare che i medici che lavorano nei piccoli ospedali si trovino a affrontare sempre gli stessi casi, rischiando «un inaridimento culturale», saranno previsti spostamenti periodici, a fini formativi, in centri di maggiore complessità.
3) A livello dell’ex Asl di Livorno (e non solo a Piombino) sono state verificate mancanze nella gestione del rischio clinico. Per questo, l’azienda affiderà l’incarico di rivedere le procedure a un esperto, individuato in Massimo Martelloni, del rischio clinico di Lucca.
4) Al centro di criticità relazionale sarà affidato un lavoro di supporto psicologico per i professionisti del reparto di rianimazione di Piombino
Riguardo all’ospedale di Piombino sono emersi due aspetti peculiari. Il primo riguarda la situazione vissuta dal reparto di rianimazione tra novembre e dicembre 2014 (da quando il primario Massimo Tanteri va in ferie anticipate in vista della pensione, fino alla nomina il 30 dicembre di Michele Casalis come suo sostituto).
Il secondo prende in esame le modalità di refertazione degli esami clinici; un aspetto, questo, che si lega a quanto successo nei primi mesi del 2015: dopo la morte della nona vittima, l’ospedale avvia le indagini; ma, secondo i saggi, anche in questo caso perfezionando le procedure forse si sarebbe potuta guadagnare qualche settimana di tempo.
Una cosa è certa. Se la Bonino è fuori, e se non è lei la responsabile degli omicidi, il “killer in corsia” è oggi ancora a piede libero. E visto il numero di persone che quotidianamente avevano accesso alla struttura ospedaliera, chissà se oggi, dopo tutto questo clamore mediatico, le forze dell’ordine riusciranno mai ad identificare il colpevole con certezza?
Si conclude, quindi, che il folle responsabile dei tredici (e forse più) decessi non è stato individuato e che, verosimilmente, si aggira ancora per le corsie di Villamarina, forse intenzionato a reiterare la propria azione criminale.
Come fa l’Autorità Sanitaria a pensare che, chi è nel bisogno, si faccia serenamente ricoverare in quell’ospedale?
“il “killer in corsia” è oggi ancora a piede libero “, e ” le forze dell’ordine riusciranno mai ad identificare il colpevole con certezza?” Da quanto emerge dai risultati della relazione della commissione regionale, (andate a rileggerli per favore) non mi sembra che ci sia un problema di “killer” o di un “colpevole” in particolare, ma, piuttosto, di un sistema di gestione del reparto che potrebbe non essere all’altezza delle funzioni da svolgere, esitando, sembra abbastanza frequentemente, in gravi criticità per i pazienti, fino ad arrivare ad un numero di decessi superiore alla media.