EDITORIALE: E SE QUESTA FOSSE L’ULTIMA ESTATE?
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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EDITORIALE: E SE QUESTA FOSSE L’ULTIMA ESTATE?
Corriere Etrusco “numero 146” del 10 maggio 2016.
Quella che sta per iniziare potrebbe essere davvero l’ultima estate serena per questo territorio, legato ad usi e tradizioni consolidate da molti anni, e dovute principalmente alle tante ore libere a disposizione di chi lavorava nello stabilimento.
Veri e propri riti sociali, consolidati nel tempo e negli usi di questo territorio, dovuti alle certezze del “posto fisso” dentro la fabbrica, e che assomigliano più o meno a quello che si vede nell’ultimo film di Checco Zalone.
Ma purtroppo già oggi sono circa mille i lavoratori dell’indotto Ex Lucchini, senza stipendio ne sussidi dal mese scorso, in cerca di un nuovo impiego, anche in settori totalmente diversi da quelli affrontati da questi lavoratori fino ad ora; mentre gli altri dipendenti, assunti direttamente dall’azienda, hanno tirato un mezzo sospiro di sollievo grazie alla firma del contratto per la nuova e moderna acciaieria, firmato fa Rebrab a fine aprile.
Pochi giorni dopo però è uscita la relazione del Commissario Lucchini Nardi che concludeva dicendo che «…Il piano Aferpi/Cevital non ha eguali per dimensioni in Europa, inserito in un progetto di politica industriale più ampio come quello delineato nell’Accordo di Programma, che fornisce una visione dello sviluppo del territorio per il prossimo ventennio. In questo quadro non è tanto lo slittamento temporale a preoccupare quanto gli imponenti fabbisogni finanziari a lungo termine (investimenti) e a breve termine (circolante) da coprire con il supporto indispensabile del sistema finanziario ad oggi in posizione di attesa…».
Non voglio tornare qui ad affrontare argomenti già trattati sul quotidiano on line, ma è abbastanza probabile che i tempi promessi non saranno rispettati da Aferpi (che per garantire piena occupazione aveva anche promesso due forni elettrici). Ma più importante del timer dei 28 mesi per realizzare gli impianti, è interessante il timer del 14 mesi che ci dividono dal 1 luglio 2017, data in cui l’imprenditore algerino non avrà più vincoli con il nostro Governo. Quanti potranno rimanere assunti se saranno in marcia solo due laminatoi e poco più?
Una risposta a questa domanda qualcuno, fra poco più di un anno, dovrà per forza darla.
Giuseppe Trinchini
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Si si tante belle parole.ma intanto le banche non danno più fidi bancari e le navi in rada cariche di materie prime se ne vanno…spiegarmi una cosa, come fa una banca a finanziare il progetto civital da 700 mln di euro quando la stessa banca non gli concede un fido da 5 milioni??
” Veri e propri riti sociali, consolidati nel tempo e negli usi di questo territorio, dovuti alle certezze del “posto fisso” dentro la fabbrica,…”, CHE BEI TEMPI ERANO QUELLI !!!, in ordine casuale: mare, caccia, pesca, barca, totani, ferie a Borca, settimane bianche, capanno, colombi, orti ai Diaccioni, alle Fabbricciane, all’Asca, secondo lavoro, a volte terzo, 38 ore settimanali, tredicesima, quattordicesima, era proprio il paese di Cuccagna. Ma non c’è da preoccuparsi, presto il monsieur algerino ripristinerà queste vecchie gloriose tradizioni. Merci Rebrab.
Io non ci vedo nulla di male a far star bene l operaio.a patto però che non ne risenta la comunità globale..veder gente che è andata in pensione con 20 anni di ” lavoro” e più una buonuscita fa male..molto male…
Va benissimo far star bene l’operaio e tutti i lavoratori, quello che non va bene è illuderli che si possa vivere nel paese di cuccagna. Questo venne fatto e ora se scontano le conseguenze.
Si scontano conseguenze perché ai tempi d oro non importava quanto le Acciaierie perdessero in miliardi di lire in fondo all anno.tanto poi lo stato ci metteva la differenza è tutto si risolveva .con gli anni poi si è cercato di far credere al lavoratore di poter far la bella vita ( e di questo sono colpevoli anche i sindacati ).invece l operaio è il lavoro triste ed umile. .