VAL DI CORNIA: TERRITORIO IN CRISI “SOMMERSO” DAL LAVORO NERO
Piombino (LI) – La crisi nella Val di Cornia come nel resto della provincia fa da anni sentire il suo morso ma non può essere una giustificazione per l’incremento del lavoro nero. Le associazioni di categoria, CNA e Confesercenti ricevono ogni giorno segnalazioni in questo senso: numerose sono le violazioni delle regole fatte in maniera anche piuttosto palese. Un ulteriore segno di degrado di questo territorio, che spesso si preferisce far finta di non vedere (alla fine sono solo lavoretti “al nero”), ma che possono essere letali per le attività in regola, che si vedono togliere il lavoro dalla concorrenza sleale, rischiando ad ogni giorno che passa la chiusura ed il licenziamento dei propri dipendenti.
«I settori coinvolti dal fenomeno del sommerso – denunciano Confesercenti e CNA – sono numerosi e vanno da quelli della cura della persona, all’edilizia, impiantistica, idraulica e perfino alla falegnameria . Inoltre ci segnalano un incremento importante nel settore dell’autoriparazione. Tutte attività per le quali sono necessarie attrezzature specifiche e permessi complessi ed onerosi per le emissioni dei fumi, il controllo delle polveri, la salute dei lavoratori ecc. Si pensi agli strumenti e alle norme di sicurezza che sono richieste a una qualsiasi officina.
Quella del sommerso è una piaga non più tollerabile per i danni che comporta all’economia delle aziende regolari, alle casse dello Stato e per i rischi cui sottopone la salute e la sicurezza dei cittadini.
E’ volontà delle associazioni sensibilizzare i cittadini alla comprensione del fatto che alimentando il sommerso, oltre a rischiare sulla propria salute, non si dà una mano a chi ha bisogno ma si crea un danno ad un sistema economico locale già precario in cui ogni anno scompaiono decine di aziende artigiane con i loro imprenditori e dipendenti.
Chi svolge attività abusiva non paga le tasse, non rispetta i requisiti igienico sanitari, non utilizza correttamente apparecchiature e cosmetici. Si tratta di concorrenza sleale ed il danno economico nei confronti delle aziende regolari è altissimo se si pensa alla diffusione che il fenomeno ha raggiunto. L’abusivismo non danneggia soltanto le imprese regolari, ma ha anche un effetto devastante sulla comunità nel suo complesso in termini di “costi sociali”. Si pensi all’ammontare delle tasse non pagate, dei contributi non versati e all’impatto che questo ha sui servizi sociali, di cui magari l’abusivo stesso usufruisce a piene mani perché risulta disoccupato.
Sappiamo bene che è un fenomeno difficile da combattere – concludono le due associazioni – perchè il controllo fa leva più sulla responsabilità di chi vi ricorre che sull’efficacia dei controlli, ma vorremmo comunque lanciare un appello alle autorità competenti affinchè vigilino sull’abusivismo, tutelando maggiormente i contribuenti cui quotidianamente sono richiesti sacrifici fiscali».