AFERPI: CALENDA ORA HA FRETTA, MA CI SONO PERPLESSITA PER IL PIANO JINDAL
Piombino (LI) – Martedì mattina a Roma, nell’incontro al ministero dello Sviluppo Economico, lo staff tecnico e il titolare del dicastero, Carlo Calenda, hanno fatto il punto della situazione con l’amministratore delegato di Aferpi Said Benikene.
Il Ministro ha ribadito la necessità di tener fede agli impegni dell’accordo addendum del giugno scorso, ed in particolare, per la mancata ripresa produttiva, sembra sia stata definita una prima penale di 500mila euro, mentre altre penali potrebbero arrivare in futuro se non verranno rispettati gli impegni.
Inutili le spiegazioni di Benikene sui ritardi nell’arrivo dei semiprodotti secondo Cevital da attribuire a problemi dei fornitori, cioè Jsw e British Steel, che sono due dei più accreditati concorrenti a rilevare l’ex Lucchini. Ritardi che hanno impedito la ripartenza del treno rotaie nei tempi previsti, cioè a fine di agosto.
l’Ad Benikene avrebbe anche detto al tavolo ministeriale che per il sito siderurgico di Piombino ci sono sei manifestazioni di interesse, ma secondo quanto risulta al governo la principale e più affidabile offerta sarebbe quella dell’imprenditore indiano Jindal, anche se la trattativa tra i due imprenditori non è andata avanti rispetto alle indiscrezioni delle settimane scorse in quanto ancora non si sono trovati d’accordo sul prezzo di vendita, anche perché l’algerino probabilmente dovrà giustificare al suo governo le cifre investire in Italia.
Il MISE controllerà settimanalmente l’attività di Aferpi, perché gli ammortizzatori sociali non sono eterni e Calenda non vuole perdere altri mesi in “piacevoli conversazioni” visto anche l’avvicinarsi delle elezioni, ed entro il 31 ottobre Rebrab dovrà presentare il nuovo partner ed il nuovo piano industriale.
Nel frattempo è arrivata la convocazione per le organizzazioni sindacali che saranno ricevute dal ministro Carlo Calenda il 20 settembre alle 9.30, per informarli sull’evoluzione della situazione alla luce anche dei colloqui di ieri con l’ad di Cevital.
Quello che ci chiediamo però è quali potranno essere gli accordi e quale il piano industriale perché i conti ed i tempi non sembrano proprio tornare. La settimana scorsa l’economista Andrea Giacobino osservava che il “disastro Cevital” è durato tre anni (ma avvallato fino a poche settimane fa dalla politica locale e nazionale, ndr.), e con un bilancio 2016, non certificato dalla Kpmg, che si è comunque concluso con una perdita di 17 milioni di euro.
Giacobino inoltre osserva che per adesso Jindal, nella sua lettera informale d’interesse, promette la riaccensione dell’altoforno e investimenti per 400 milioni, ma «nessuno tiene conto però che per riaccenderlo ci vuole un anno, e prima comunque va rifatta l’acciaieria, un lavoro di altri due anni». Nell’ipotesi più ottimistica dell’economista quindi, che però non ha calcolato i tempi di demolizione della vecchia acciaieria che è inutilizzabile, prima di tornare a lavoro ci vorrebbero almeno altri tre anni, spostando ad almeno metà 2021 questa ipotetica ripartenza degli impianti.
C’è poi la questione ambientale. Un altoforno senza cokeria richiede enormi silos sul porto (grandi come il gasometro per intenderci, ndr.) e un sistema avanzato di nastri trasportatori chiusi ermeticamente che dal porto arrivino all’altoforno. Ma prima di tutto manca la banchina per far attraccare queste navi al pontile Lucchini che attualmente non è messo proprio bene.
Tutte domande che speriamo facciano riflettere i piombinesi e gli operai, perché la sbornia per la riaccensione del “Totem” di Piombino non si trasformi in un’altra fregatura per la città, come quella recentemente presa con il forno elettrico di Rebrab a fine aprile 2016, o come quella del 2014 con Khaled e le sue promesse milionarie.