PIOMBINO: «NON SI PRODURRA’ PIU’ ACCIAIO, NEL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI»
Piombino (LI) – Pubblichiamo due comunicati stampa, dell’UDC e delle liste civiche della Val di Cornia, che insieme fanno il quadro della situazione di un territorio dove ormai la siderurgia sembra diventata il passato, e dove le istituzioni sembrano smarrite, proprio come un “pugile suonato”. Leggiamo insieme con attenzione i due comunicati.
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UDC: PIOMBINO NON TORNERA’ PIU’ A PRODURRE ACCIAIO
La vicenda dello stabilimento ex Lucchini è arrivata al capolinea, al di là delle dichiarazioni di rito, sempre meno credibili, è evidente che non vi siano più le condizioni per tornare a produrre acciaio a Piombino. Questa è la realtà di cui si deve prendere atto.
Stendiamo un velo pietoso su una classe dirigente che ha creduto imperterrita al progetto Cevital, nonostante vi fossero concrete e legittime perplessità fin dall’inizio avanzate da più parti. L’amministrazione comunale si è spesa in prima persona con una variante urbanistica tutt’altro che sensata, dimostrando totale sudditanza a Cevital, proprio nel momento in cui la credibilità del gruppo stesso era oramai ridotta già da tempo ai minimi termini.
Ora è logico domandarsi se sia opportuno fare riferimento ad un accordo di programma chiaramente superato, e quindi privo di qualsiasi indirizzo di sviluppo concreto. Peraltro, da fonti autorevoli nell’ambito parlamentare e ministeriale, si vocifera che, nel caso vi fossero interessi da parte di un gruppo industriale siderurgico, il tutto sarebbe legato esclusivamente agli impianti di laminazione.
A fronte di ciò, c’è da capire come muoversi in merito alle ampie aree demaniali, che potrebbero liberarsi con la risoluzione del contratto con Aferpi, sempre che eventuali contenziosi legali non complicassero ulteriormente la situazione. Si auspica che non vi sia l’impervia idea di concedere in toto ancora una volta ad un unico imprenditore, come in modo anacronistico e contro ogni logica economica e di sviluppo è accaduto con Cevital.
In questo caso serve una vera pianificazione, non una ben poco edificante ed inutile variante, come è accaduto per la concessione di ulteriori aree al sito industriale, già in possesso di oltre 900 ettari, dei quali una buona parte ambientalmente devastata. A nostro avviso però, non sembra che in comune ci siano le idee chiare, tanto meno in regione, basti pensare alle cicliche strumentali dichiarazioni del governatore Rossi, che continua a sciorinare frasi fatte sulla produzione di acciaio a Piombino senza tener conto di ciò che sta accadendo.
A questo punto serve un’idea concreta sul futuro di questo territorio, con una programmazione ed una pianificazione che veda i principali protagonisti, comune regione e governo, capaci di sostenere insieme un percorso virtuoso e concreto. Il tempo degli annunci roboanti e delle firme in pompa magna non è più tollerabile, i cittadini non ne possono più di questi rituali tesi solo a prolungare i tempi ed a mascherare i fallimenti di un’intera classe dirigente.
Vi è una città intera che non dipende più da tempo dalla fabbrica, ed ha bisogno di una visione più ampia che apra il territorio a nuove opportunità per i tanti dispoccupati senza più sostegno sociale, e per i tanti giovani che dovranno affacciarsi al mondo del lavoro. La monocultura industriale è finita, serve uno scatto verso la diversificazione, che deve avvenire attraverso un processo in cui la parte pubblica si occupi di infrastrutture, e là dove è possibile di risanamento ambientale, mentre il resto dovrà farlo il mercato, stimolato da nuovi percorsi urbanistici che dovranno rendere il territorio appetibile a potenziali investitori.
Purtroppo, non sembra che la classe dirigente attuale ne sia consapevole, non essendo capace di fare tesoro dei tanti errori commessi. L’auspicio è che se ne vada a casa al più presto, liberando il territorio da un’egemonia che lo sta conducendo lentamente ad un inesorabile declino.
Luigi Coppola
Segretario provinciale UDC Livorno
Massimo Aurioso
Coordinatore UDC Piombino-Val di Cornia
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LISTE CIVICHE. CRISI INDUSTRIALE, LE PROPOSTE CI SONO, MA LE ISTITUZIONI TACCIONO
Il Ministro Calenda ha finalmente preso atto del totale fallimento del Piano Aferpi e disposto la risoluzione del contratto. Ora sembra scontato per tutti, anche per coloro che quel piano hanno firmato e sostenuto oltre ogni evidenza. Per constatare il fallimento non si doveva arrivare alla fine del 2017, ma nessuno lo ha fatto prima. Anzi, chiunque si sia azzardato a mettere in dubbio quel piano ha ricevuto pesanti strali di disfattismo ideologico.
Le liste civiche della Val di Cornia sono tra coloro che hanno sostenuto che il piano Aferpi non era credibile sin dall’origine, aggiungendo anche che era sbagliato e penalizzante per la città e il territorio. Comportava la costruzione di una nuova grande agroindustria in prossimità del Cotone, la distruzione delle aree umide del Quagliodromo, il mantenimento del traffico per il porto all’interno della città. Tutte scelte in contrasto con la precedente pianificazione pubblica che il Comune decise, però, di far proprie nel 2016. Non valsero a nulla le molte osservazioni di cittadini, comitati e forze politiche di opposizione. Il Comune tirò diritto, respingendo tutto con la motivazione che non si dovevano dare alibi a Cevital. Aggiungiamo noi: alibi per un piano dannoso. Di quel piano era infatti condivisibile solo l’obiettivo di circoscrivere l’industria siderurgica nella macroarea nord, ma non l’utilizzo previsto per le dismesse “aree a caldo” racchiuse tra la città e il porto. Quei territori sono una risorsa fondamentale per la Toscana meridionale.
Accettare che centinaia di ettari di terreno potessero essere utilizzati interamente da Cevital per trattare prodotti agricoli provenienti dall’Africa e per attività logistiche portuali equivaleva a svendere il futuro, per di più per proposte non credibili. Serviva e serve una visione più avanzata per quei territori che li integri da un lato con le nuove aree portuali (da completare) e dall’altro con la città.
Le idee ci sono: le Liste Civiche le hanno formulate e continuano a chiedere che vengano prese in considerazione e verificate. E’ necessario ammettere che la Variante urbanistica Aferpi non esiste più ed è doveroso avviare con urgenza una nuova stagione di pianificazione pubblica con la partecipazione di tutti i Comuni della Val di Cornia e della stessa Regione Toscana. Non sono più ammissibili progetti improvvisati che ignorano le esigenze del risanamento ambientale e dello sviluppo locale. Non è più tollerabile che i “salvatori” di turno ipotizzino dannose quanto fantasiose soluzioni industriali (come quelle che prevedono la riattivazione dell’AFO4 in pochi mesi) senza che i nostri Comuni facciano sentire la propria voce.
Il compito di individuare il nuovo soggetto siderurgico spetta al CS Nardi (cioè al governo) e non all’imprenditore inadempiente. E la scelta deve avvenire nel rispetto del territorio e delle sue esigenze di rigenerazione ambientale e di nuovo sviluppo. Le maggioranze che governano questo territorio hanno fallito su tutto (dai fanghi di Bagnoli alla Concordia, fino al piano Aferpi), in una sequenza drammatica di incapacità e di errori, ma finché sono chiamate a governare hanno il dovere di agire perché gli ammortizzatori sociali, da soli, non ci faranno uscire dal tunnel sempre più buio della crisi.
Le opposizioni stanno facendo proposte, precise. Le maggioranze continuano a tacere in un silenzio assordante, interrotto solo da alcuni retorici e improduttivi auspici.
Liste civiche della Val di Cornia
Un’Altra Piombino
Comune dei Cittadini
Assemblea Sanvincenzina
Assemblea Popolare Suvereto