AFERPI: IL CERINO SI STA SPEGNENDO, INIZIATA LA GUERRA NEL PD?
Piombino (LI) – Riceviamo tre comunicati stampa, il primo di Luigi Coppola UDC, il secondo di Carla Bezzini “Un’Altra Piombino” e il terzo del Camping CIG, sugli ultimi sviluppi nella vicenda Aferpi, specie dopo le dichiarazioni del Ceo di Cevital, Said Benikene che ha inviato il seguente comunicato:
“Nonostante continuiamo a credere nel nostro progetto e nei nostri nuovi partner, siamo consapevoli di non poter procedere senza il supporto del Governo, che chiaramente non abbiamo. Per questa ragione abbiamo perso in considerazione l’ipotesi di cedere le acciaierie di Piombino”.
“Abbiamo indicato una cifra corrispondente a quanto attestato da una perizia effettuata da una primaria società lo scorso anno, quando il mercato dell’acciaio era in una fase di congiuntura ancora negativa e si tratta di una cifra ben al di sotto del ‘doppio del capitale da noi investito’, come fatto circolare in queste ore”, sottolinea ancora il Ceo del gruppo.
“Ci chiediamo come mai ci sia suggerito di svendere gli impianti di Piombino a beneficio di un altro acquirente, piuttosto che, per esempio, chiederci di reinvestire in Italia, in accordo con il Ministero, una parte del totale eventualmente ricavato dalla vendita”, conclude.
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COPPOLA: «COSA E’ STATO PROMESSO A REBRAB PER PIOMBINO»?
Rimango allibito leggendo le dichiarazioni dei principali artefici locali, regionali e nazionali della vicenda Aferpi/Cevital. Che fosse un fallimento annunciato lo sapevano tutti, lo ha fatto intendere chiaramente il ministro Calenda. Il problema è che hanno voluto a tutti i costi Rebrab e lo hanno sponsorizzato a tutti i livelli, nonostante non avesse fin dall’inizio garanzie credibili sotto ogni profilo.
Ora gli stessi protagonisti si accusano l’un con l’atro rimbalzandosi le responablità. Qualcuno ora sostiene che addirittura fosse stato meglio che fosse arrivato Jindal, ma alla fine è stato abbracciato il percorso di Cevital fino in fondo, e poi all’ultimo momento tutti in fila per scendere dal carro della disfatta. Alcuni dei responsabili addirittura stanno minacciando di querelarsi l’un con l’altro, altri, invece, hanno il coraggio di continuare a mettersi in mostra.
A questo punto c’è da chiedersi se ci sia stato dietro un disegno preciso sull’avvento di Rebrab, e chissà cosa gli sia stato promesso per convincerlo ad accettare il progetto Piombino. A queste domande non avremo mai risposta, se non sarà lo stesso Rebrab a svelare qualcosa. Una cosa è certa, dopo Khaled è arrivato Rebrab, ma la situazione non si è risolta, anzi, è oramai definitivamente arrivata al capolinea. Io, senza capire nulla di siderurgia, a suo tempo pensai che Jindal, fosse la scelta meno ambiziosa, ma più realista, perlomeno sapeva dove mettere le mani.
Peraltro, un amico membro del consiglio di FEDERLOMBARDA, manager del settore della new economy, non esperto di acciaio, ma che conosce bene le strategie di mercato, mi disse che non capiva del perche’ avessero scelto Rebrab. Dubbi vi furono a tutti i livelli, soprattutto negli ambiti piu’ informati ed autorevoli, ma la politica ed i sindacati vollero a tutti i costi Rebrab. E’ vero che sono stati garantiti stipendi per 2.000 persone fino ad oggi ed oltre, ma ne sono stati persi oltre 2.000 fra indotto e terziario.
Nel frattempo la fabbrica e’ stata fatta morire definitivamente. Jindal, anche se solo una parte, l’avrebbe per un po’ mandata avanti tenendola in vita, con la speranza che in futuro avrebbe potuto anche fare qualche altro investimento creando nuovi posti di lavoro. Comunque 700/800 dipendenti, ed un altro migliaio fra indotto e terziario (circa 2.000 persone) avrebbero non solo preso lo stipendio, ma lavorato, e gli altri in ammortizzazione. Quindi, salvato in parte anche l’indotto ed il terziario, e non abbandonati a se stessi, come invece è accaduto. Purtroppo, i maggiori responsabili si permettono anche di intervenire, mentre sarebbe opportuno il loro doveroso silenzio e nel caso tenere un profilo bassissimo. Il peggio deve ancora arrivare, ma Piombino è capace di credere a tutto ed a tutti, ora ci manca solo il mago Zurlì, del quale il Sole 24 Ore scriverà peste è corna, ma la colpa è di quel giornale che odia a morte la nostra città (è una battuta ovviamente). D’altra parte in questo lembo di Toscana si continua ancora oggi a credere che i coccodrilli volino, visto che i cammelli algerini hanno smesso di volare!!!
Luigi Coppola
Segretario Provinciale UDC Livorno
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ASCOLTA PIOMBINO: BOCCIATO ODG CHE CHIEDEVA LA RESTITUZIONE DEI TERRENI A REBRAB
Riceviamo e pubblichiamo dalla lista civica “Ascolta Piombino”.
«Nella seduta odierna del CC di Piombino si è discusso l’odg presentato dalla mia Lista civica sulla riconversione delle aree industriali ancora nella disponibilità di Aferpi . Nell’odg si chiedeva la liberazione di tali aree, ritenendo intollerabile che la società Aferpi possa continuare a tenere in ostaggio un patrimonio immobiliare immenso senza utilizzarlo, dal momento che il suo progetto industriale è ormai chiaramenteb fallito. Fallito in tutte le sue declinazioni, cioè non solo per la parte siderurgica, ma anche per l’agroindustriale e per la logistica.
A nostro avviso queste aree sono strategiche per il futuro sviluppo del territorio e pertanto è necessario dare avvio, con la massima urgenza, a tutto ciò che può rendere possibile l’insediamento di nuove attività produttive e di servizio: dalle bonifiche, all’adeguamento delle infrastrutture: porto, strada 398 fino al porto e ferrovia. (compiti, questi, che rientrano nella responsabilità di un governo ancora latitante).
A nostro avviso, e qui entra in gioco la responsabilità del governo locale, su questi terreni è urgente una nuova pianificazione urbanistica nella quale devono essere correttamente definiti gli equilibri tra le esigenze del risanamento ambientale del territorio e la sua ripresa economica. Non possiamo accettare che centinaia di ettari possano restare ancora inutilizzati e paralizzati perchè vincolati alle sorti di un imprenditore, così come non possiamo più accettare che progetti improvvisati, calati dall’alto e quasi sempre in contrasto con gli interessi del territorio (se non dannosi, come i fanghi di Bagnoli, l’agroindustria di Rebrab che voleva produrre biodisel o trattare i prodotti provenienti dall’Africa) decidano del nostro futuro. Nell’odg chiedevamo questo: che fosse chiesta la liberazione di quelle aree, un loro censimento per valutarne la possibilità di riutilizzo o di demolizione, il mantenimento della siderurgia nell’area a nord, lontana dal tessuto urbano, e soprattutto l’avvio di una nuova pianificazione pubblica capace di individuare le linee di sviluppo, ispirate all’interesse generale e non del singolo imprenditore, in cui inquadrare le attività future, tutte, compresa quella siderurgica.
L’odg è stato bocciato: dal PD , dai suoi alleati e da Ascolta Piombino.
Le maggioranze che governano questo territorio hanno fallito su tutto , in una sequenza drammatica di incapacità e di errori. Il territorio è in una situazione di stallo e con un futuro di ammortizzatori sociali destinati prima o poi a finire. Ma ancora, per una miope protervia, continuano a tenere questo territorio in un tunnel che si fa sempre più buio. Le opposizioni stanno facendo proposte precise. Le maggioranze continuano a respingerle».
Un’Altra Piombino
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CAMPING CIG: LA NOSTRA E’ UNA PROTESTA LEGITTIMA, ALTRO CHE FASCISMO
La contestazione che il segretario nazionale del PD Renzi ha subito a Donoratico martedi’ scorso è stata motivo di risentimento da parte delle alte gerarchie locali del partito di governo. C’è chi ha alluso a violenze di stampo fascista che sarebbero avvenute all’ arrivo dell’ ex premier.
Abile mossa mediatica, che subdolamente accomuna sotto un segno infamante la giusta e legittima contestazione che il leader della nuova destra finanziaria, liberista e globalista, ha dovuto incassare nel suo incauto viaggio in zone devastate dalle politiche del partito che rappresenta.
A noi preme ribadire alcune semplici cose sull’ andamento dei fatti.
Il nostro gruppo (Coordinamento Art. 1 – Camping CIG), che ha assunto l’ antifascismo come valore statutario, è stato relegato dalle forze dell’ ordine a debita distanza dall’ area in cui era previsto l’ arrivo del Renzi, dopo zelante ( e poco democratico) controllo “preventivo” di documenti a tutti i componenti del gruppo, quasi fosse abrogato il diritto di manifestare. Mentre restavamo confinati nella postazione assegnataci, la nostra giusta e legittima contestazione si è svolta, come sempre, senza violenza alcuna, senza insulti, con slogan vivaci, di dura critica politica ma civili, tra cui l’ ormai famoso “per un sorso di Sassicaia hai tradito la classe operaia”; slogan che palesemente esprimeva disappunto verso i comportamenti dell’ex premier (che non ha voluto dedicare qualche minuto per parlare con i lavoratori), non certo verso gli ottimi vini prodotti in zona, di cui saremmo volentieri piu’ assidui degustatori se solo le nostre vuote tasche di cassintegrati ce lo permettessero.
Ad altri (non a noi) è stato concesso di avvicinarsi all’ “area rossa”, ove si e’ manifestato in modo ancora piu’ rumoroso e verbalmente “pesante” . Questi sono i “fascisti” cui allude il titolo (virgolettato) del quotidiano? Forse c’era anche qualche sparuto nostalgico; noi, relegati a distanza, non abbiamo udito slogan fascisti ma solo una dura contestazione all’ ex premier, certamente non dura quanto tocca sopportare alle nostre popolazioni a causa delle politiche condotte dagli ultimi governi guidati o sostenuti dal PD di cui Renzi è ancora segretario.
Conclusioni: la polizia isola e allontana gli operai antifascisti; lascia che individui esagitati si avvicinino al personaggio apostrofandolo con parole pesanti; i notabili locali invocano la “lesa maestà” e si atteggiano essi stessi a “vittime del fascismo”; il marchio di “violenza fascista” cala su tutta la contestazione. Un casuale gioco delle parti?
Cassintegrati, licenziati, giovani disoccupati o emigrati, esodati, sfrattati imparino la lezione: chi contesta il manovratore è un “violento fascista”, anche se va alla manifestazione tra bandiere sindacali e bandiere rosse ad esercitare, con passione ma civilmente, il diritto di critica e dissenso sancito dalla nostra Costituzione. No, noi non ci stiamo! Continueremo legittimamente a contestare fino a quando non vedremo realizzati il diritto al lavoro, al giusto salario, alla dignità. Chi non comprende che dissenso e contestazione sono il sale della democrazia, è bene che si ritiri dalla vita pubblica.
Coordinamento Art 1 – CIG
Piombino 30/11/2017