PIOMBINO: «LA CRISI HA UN RESPONSABILE E SI CHIAMA PD»
Piombino (LI) – In un comunicato congiunto, tutto il centro destra ci ricorda che miopia politica, monocultura e poltrone sono state la causa dell’attuale crisi della città, e solo con una seria diversificazione e “bonifiche vere” Piombino potrà ripartire. Leggiamo insieme la nota congiunta.
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La posizione delle forze politiche che rappresentiamo è quella da anni espressa nelle varie sedi istituzionali e politiche; siamo convinti che la crisi economica e sociale di Piombino abbia un responsabile che si chiama PD, che ha da sempre puntato strumentalmente e dolosamente ad una monocoltura, oltre a gestire in modo pessimo le prospettive di rilancio della fabbrica, credendo ingenuamente a Cevital solo con l’intento di affrontare le precedenti campagne elettorali.
CAMPING CIG: OCCUPAZIONE IN VAL DI CORNIA SEMPRE PIU’ RIDOTTA
L’occupazione a Piombino e dintorni è sempre più ridotta. Si stanno perdendo posti di lavoro nel settore dei servizi (dalla Coop alle imprese operanti nella ristorazione e nelle pulizie delle grandi fabbriche), nella sanità (con la sempre più spesso ventilata ipotesi di chiusura di servizi assistenziali), nel commercio, nelle libere professioni, nell’artigianato come conseguenza della crisi dell’industria. Nel settore industriale, oltre alla perdita irrecuperabile dell’indotto diretto della ex-Lucchini e dell’utilizzo massiccio di ammortizzatori sociali in tutto il settore siderurgico (Aferpi e Arcelor-Mittal), oggi c’è la volontà di Arcelor-Mittal di vendere gli impianti di Piombino trasportando però altrove il reparto più competitivo della fabbrica, con conseguente eliminazione di sessanta posti di lavoro, senza contare che non si conoscono ancora i piani del nuovo possibile proprietario, che potrebbero comportare ulteriori ristrutturazioni e riduzioni di mano d’opera, cosa a cui ci hanno abituato le vicende che coinvolgono imprese multinazionali.
Ma di quello che succede in Magona (è così che nel territorio si continua a chiamare questo storico stabilimento che è nel cure di tutti i “d’antan”) se ne parla pochissimo: anche questa è una vertenza destinata a consumarsi in solitudine, senza coinvolgere gli altri lavoratori, con i sindacati che la considerano “cosa loro”.
Diverso è il caso di Aferpi: anche qui la vertenza si muove “in solitario”, senza il coinvolgimento delle altre fabbriche siderurgiche con crisi simili (da Taranto a Terni, a Genova, Trieste, Lovere, Novi, Lecco) né tantomeno delle altre categorie e del territorio, anche se in regime di monocultura la sua crisi ha trascinato con sé tutto il territorio e ci obbliga tutti a ripensarlo; ma in questo momento di campagna elettorale se ne parla molto. Sia per il numero di persone coinvolte, sia, soprattutto, per le enormi responsabilità del partito di governo, la crisi di Aferpi viene giocata in chiave elettorale, per cercare di limitare i danni per il PD e per favorire le carriere di alcuni personaggi di questo stesso partito. Ecco spiegata l’accelerata finale alla ricerca di una soluzione (una qualsiasi!) da sbandierare prima delle elezioni.
Nelle dichiarazioni del ministro è ribadito il fatto che il 2 marzo deve avvenire la firma del preliminare di vendita.
Noi ci permettiamo di avere dei dubbi sulla consistenza dell’operazione e sugli eventuali tempi di attuazione; per cui ci permettiamo anche di fare alcune osservazioni:
- Che il termine del 2 marzo sia effettivamente ultimativo: o c’è la firma sul preliminare di vendita o c’è il commissariamento;
- Con la vendita tra privati (da Cevital a Jindal) il ruolo dei lavoratori e dei sindacati è decisamente ridotto: non esiste l’obbligo di un parere positivo dei lavoratori, che saranno costretti a prendere ciò che viene. Quindi l’unico interlocutore possibile per i lavoratori diventa il Governo attraverso il MiSE, il quale, si, può accettare o rifiutare il Piano industriale;
- Ciò detto, i lavoratoti ed i sindacati devono obbligare il ministro, chiunque egli sia e qualunque governo rappresenti, a accettare lui come vincolante il parere dei lavoratori che sarà condizionato da:
- Piena conoscenza e ampia discussione di un Piano industriale e finanziario, senza parti segrete o riservate, che non sia una barzelletta come il precedente, ma presenti impegni e tempistiche verificabili e razionali
- Mantenimento dei livelli occupazionali sia dei diretti che dell’indotto;
- Garanzie su condizioni di lavoro, sicurezza, diritti sindacali;
- Ripresa nel più breve tempo possibile delle attività della fabbrica e garanzie sugli ammortizzatori sociali per tutto il tempo necessario per la ripresa delle attività;
- Definizione chiara degli obblighi e delle competenze per le bonifiche e gli smantellamenti;
Nella sua venuta a Piombino il ministro Calenda, parlando con noi che lo aspettavamo fuori della sala, ha promesso che tornerà a Piombino per presentare ai lavoratori il Piano di Jindal (se esiste).
Lo prendiamo in parola e incalzeremo lui e chiunque sia il suo successore affinché venga rispettato questo impegno.
Piombino 28/2/2018
Coordinamento Art. 1 – Camping CIG